Negli ultimi dieci anni, 17.000 negozi hanno chiuso nelle grandi città italiane, con un calo del 9% tra il 2013 e il 2023. Bari, Roma e Torino hanno registrato le maggiori perdite, mentre Milano, Napoli e Reggio Calabria hanno visto una crescita nel numero di negozi (fonte: Infocamere).
Questi dati sono accompagnati tipicamente da una frase (vedi anche il Sole24Ore di oggi): “La chiusura è stata causata dalla concorrenza dell’ecommerce“.
No. Ma proprio no. É comodo dirlo e forse a chi lavora duramente in quel settore farebbe anche piacere ma i numeri sono altri.
Una quota che, a fatica, è cresciuta lentamente di anno in anno (come a dire: le sirene – eventualmente – sono partite da lontano).
Le chiusure dei punti fisici (per altro invece fondamentali in una strategia multicanale) sono da attribuire ad altri fattori:
Sempre sul Sole24Ore di oggi: “un forte aumento degli acquisti sulle piattaforme e-commerce ha messo ulteriormente sotto pressione i negozi fisici”. Ma dove?
É vero che a “noi” del digitale piace sempre titolare che le cose vanno alla grande e che i numeri spaccano ma siamo sempre a poco più del 10% sul totale. L’e-commerce non sta uccidendo il retail, i negozianti hanno ben altri problemi se non vendono e non bisogna puntare il dito all’online.
Ci sono categorie merceologiche dove gli acquisti in rete hanno più presa (beauty e informatica, ma anche la moda ad esempio se la veleggia bene) ma non sono percentuali tali da mettere in ginocchio il retail che lavora bene.
Ora, giusto capire bene le ragioni delle chiusure dei negozi (tasse l’hanno scritto? non mi pare), ma non puntiamo sempre il dito verso l’e-commerce.
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