Come promesso alla fine dell’articolo “C’è posto per il tuo e-commerce e per vendere online?“, qui proverò a fornirti 4 idee e qualche indicazione per posizionare il tuo prodotto, realizzare un ecommerce ed iniziare a vendere. Ti avviso, l’articolo è un po’ più lungo del solito, ma è un condensato di suggerimenti che, se applicati, potrebbero esserti utili e, ricordati, qui parliamo di vendita, fatturato, utile… do you understand?
La gente è online per divertirsi, emozionarsi, inseguire un sogno. Ed allora perchè non sfruttare questa peculiarità? Il tuo sito e-commerce per vendere deve emozionare, deve stimolare i sensi, regalarmi un’esperienza unica d’acquisto.
Hai creato un sito di vendita di prodotti enogastronomici del territorio? Prova a pubblicare un’antica ricetta della tradizione locale. Magari accompagnando il tutto con un video tutorial che ritrae uno chef famoso (o curioso) mentre prepara il piatto. Lo chef potrebbe spiegarmi perchè ha scelto proprio quei prodotti. Mi potrebbe dare consigli su come utilizzarli al meglio in quella ricetta ed eventualmente suggerirmi un appuntamento per un webinar riservato solo a me ed altri pochi fortunati clienti del sito.
Cerca di seguirmi nel ragionamento. Se giochi una competizione basata solo sul prezzo hai una sola variabile su cui agire: vendere ad un prezzo inferiore. E stanne certo, al mondo ci sarà sempre uno capace di vendere ad un prezzo più basso del tuo.
Cosi come se la competizione è basata sull’efficienza. Una sola possibilità: essere più efficienti (ad es. consegnare in minor tempo. Pensi davvero di poter battere Amazon?).
Se invece decidi di giocare la competizione sul piano dell’emozione, le variabili su cui agire sono molteplici. Ognuno di noi si emoziona in modo diverso e per cose diverse. Più variabili, più possibilità!
Tempo fa lessi questa frase: “Internet isn’t a vending machine, it is a tool for collaboration”. Con il diffondersi degli strumenti di condivisione (su tutti i social network), le persone hanno imparato a scambiarsi informazioni, opinioni. Il consumatore vuole partecipare, vuole sentirsi utile, vuole essere parte del brand che sceglie.
Pensa alla comunità dei Ducatisti, o degli Harleysti. Nessun designer, ingegnere, sviluppatore saprà essere più preciso nel fornire informazioni utili per migliorare un prodotto, di colui che quel prodotto lo usa quotidianamente, di chi ne ha fatto una ragione di vita.
Coinvolgere il cliente nello sviluppo di nuovi prodotti (o servizi) è un plus che può dare soddisfazioni economiche enormi: prodotti più performanti, clienti più fidelizzati ed aumento delle vendite.
Ogni prodotto ha una storia. Ogni produttore ha una storia. Raccontale entrambe. Contro un prodotto che ha una propria storia non c’è concorrenza, nè di prezzo, tanto meno di efficienza.
Se trovi su uno scaffale una bottiglia da 500 ml di “aceto balsamico” a 5,00 € e, poco lontano, una bottiglietta da 100 ml di “aceto balsamico tradizionale” a 200,00 € cosa capisci? Nulla, oltre a notare una differenza sproposita di prezzo, fintanto che qualcuno ti spiega che si tratta di due prodotti completamente diversi. A partire dagli ingredienti utilizzati (vino per l’aceto balsamico e mosto cotto di uve autoctone per il tradizionale), per finire ai tempi di invecchiamento.
Questo per dirti che solo un consumatore informato diventa un consumatore consapevole. E solo un consumatore consapevole sarà disposto a spendere qualcosa in più per acquistare un prodotto di cui apprezza la cultura, la storia, la tradizione ed i valori in esso contenuti.
“Se il Made in Italy fosse un brand sarebbe il terzo al mondo” è quanto scriveva IlSole24Ore già nel 2014, sulla base di uno studio KPMG.
Il Made in Italy rappresenta un unicum nel panorama mondiale. Un valore percepito molto più all’estero che in Italia (dai consumatori, ma a volte anche dagli stessi produttori). Basti pensare al valore intrinseco riconosciuto ad un prodotto “Made in Italy”, rispetto a qualunque altro “Made in…” del mondo!
Ma come nasce questo brand unico nel suo genere? Ce lo rivela Umberto Vattani (Ambasciatore ed ex Presidente ICE): “Verso la fine degli anni ’50 organizzammo una serie di mostre di prodotti italiani (Losanna, Rotterdam, Londra). I prodotti per la prima volta erano esposti insieme, creavano un ambiente, dettavano uno stile, tanto che sui giornali del tempo per la prima volta venne usato il termine “made in Italy”, per identificare queste mostre ed i prodotti che vi erano esposti. Da lì a seguire in ogni mostra in cui si esponevano prodotti italiani, ricercati e di classe, venne utilizzato il termine made in Italy. Era nato l’Italian Style!”
Ma nella sua ricerca sull’origine del brand made in Italy Vattani si spinge oltre, risalendo fino al Rinascimento, a quelle botteghe popolate dai Mastri Artigiani e dai loro allievi, in cui la creatività, l’estro e l’inventiva italiana, non era solo finalizzata al prodotto, ma anche agli strumenti necessari per realizzarlo (o per migliorarlo). Da questa riflessione ne consegue che made in Italy non è solo il prodotto finito, ma anche tutti i macchinari ed il know how necessario per produrlo.
Partendo dall’analisi del brand made in Italy è utile ragionare su come proporlo e supportarlo nel mondo digitale, ad esempio attraverso la divulgazione della cultura, dello stile, delle bellezze italiane con:
Ok, ora che hai scelto su cosa puntare per vendere il tuo prodotto online proviamo a ragionare su come vendere. Secondo uno studio NN Group Research i clienti online ricercano:
Il processo di acquisto di un potenziale cliente lo schematizziamo nell’ormai famoso imbuto d’acquisto (funnel), per cui ad una prima fase di conoscenza (awareness), segue l’interesse per il prodotto (appeal), poi la valutazione d’acquisto (ask), l’acquisto vero e proprio (act) ed infine la fidelizzazione (advocacy).
Riprendendo punto per punto le fasi del funnel:
🙏 Permettetemi un ringraziamento e delle scuse, a quei pochi coraggiosi che sono riusciti a leggere tutto l’articolo!
Promesso il prossimo sarà più corto 😅.
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