L’ analfabetismo digitale rappresenta uno dei più grandi problemi della società in cui viviamo. Si fa riferimento al gap di nozioni possedute nel mondo di oggi.
Riguarda la capacità di saper utilizzare, comprendere ed analizzare criticamente gli strumenti ed i fenomeni digitali. Questo gap può essere rappresentato semplicemente facendo riferimento ad una qualità sempre più comune nella nostra società: l’analfabetismo digitale.
Per analfabetismo digitale (o informatico) si intende l’incapacità delle persone di operare mediante un computer, di leggere, scrivere e reperire criticamente informazioni in Internet. Il grado di analfabetismo digitale può variare a seconda delle proprie caratteristiche socio-demografiche e di contesto rispetto al luogo in cui si vive.
Un analfabeta digitale non è solo chi non conosce la tecnologia, ma anche l’individuo che ignora la terminologia di settore. Essendo questa ampiamente utilizzata da tutti i mezzi di comunicazione di massa.
Un fattore che può aumentare l’analfabetismo informatico è la tecnofobia: ovvero la paura o il rifiuto irrazionale verso ogni dispositivo tecnologico.
Per uno stesso individuo, l’analfabetismo informatico può essere soggetto anche ad un cambiamento temporale: ad esempio, una persona può diventare analfabeta informatico a causa del rapido e costante avanzamento della tecnologia, o degli usi legati ad essa.
L’analfabetismo digitale può non essere percepito come un problema immediato per la persona che non nutre alcun interesse verso le nuove tecnologie, che non si informa sui cambiamenti di trend su scala globale.
Esistono varie tipologie di analfabetismo digitale:
Esistono vari tipi di indicatori che vengono utilizzati per valutare il grado di analfabetismo informatico:
Secondo il rapporto Istat del 2009, in Italia oltre un milione e settecentomila giovani (!) tra i 15 e i 29 anni non hanno mai utilizzato un PC negli ultimi dodici mesi. Come già accennato, le caratteristiche socio-demografiche (quindi le differenze culturali e geografiche) influenzano questo dato.
La percentuale è quasi doppia nell’Italia Meridionale rispetto a quella settentrionale. E circa quattro volte superiore tra i figli di operai, rispetto a chi ha genitori manager o professionisti.
La mancata disponibilità di un computer in casa e di linee di connessione a banda larga rappresentano ulteriori ostacoli. La scuola sembra non riuscire a contrastare l’analfabetismo digitale in quanto, sempre secondo l’Istat, tra i 6 e i 17 anni, solo 4 ragazzi su 10 utilizzano il pc a scuola.
Dati che cambiano notevolmente se analizziamo le connessioni da mobile (smartphone e tablet). Stando a quanto sostiene Marco Bentivogli de Il Sole 24Ore, il problema dell’analfabetismo digitale esiste ed è serio. “Secondo Infocamere 2/3 delle imprese non sono su Internet e 4 imprenditori su 10 dicono che «Internet è inutile», in tempi di rinvio di fatturazioni elettroniche, l’analfabetismo digitale mi preoccupa di più della Gig economy”.
Dare spazio all’alfabetizzazione digitale permetterebbe – agli utenti – di comprendere e analizzare meglio i messaggi ed i contenuti mediatici.
Contribuirebbe, inoltre, a salvaguardare il pluralismo e l’indipendenza dei mezzi di comunicazione. Consentirebbe di esprimere opinioni diverse in rappresentanza di vari gruppi sociali. Favorirebbe lo sviluppo dei valori di tolleranza e di dialogo.
È importante imparare ad usare i dispositivi digitali (in particolare il computer) concentrandosi sui contenuti, sui bisogni delle persone e del territorio, sugli obiettivi di un progetto, di una comunità (scuola, turismo, sociale, attività produttive, arte, tempo libero, stranieri, giovani, anziani, associazioni ecc.).
Solo in questo modo l’informatica potrà diventare lo strumento per l’incontro e il confronto con il prossimo.
Bibliografia
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