Con questo articolo sulla storia della digitalizzazione inauguriamo un nuovo Magazine, il decimo del network Moondo: Mondo Digitale.
Consigli, tendenze e novità su hardware, software, applicativi ed applicazioni, gaming, cyber security, ricerca e tecnologia oltre alle news dai maggiori eventi di settore. Un ringraziamento doveroso ai 4 giovani collaboratori (avrete modo di conoscerli con i loro articoli) che hanno reso possibile questa nuova avventura. Dario Medori, Cris Skenderi, Simone Marziali e Claudio Di Giuseppe, in bocca al lupo ragazzi! Chi volesse aggiungersi al “gruppo dei coraggiosi” non deve far altro che scriverci: info@moondo.info
Partiamo con una breve storia della digitalizzazione, per inquadrare il presente, e tracciare il futuro.
Ogni tempo ha ed ha avuto le sue mode, le sue passioni trainanti che hanno dato, in positivo ed in negativo, forma al tempo stesso.
Si può dire, rubando un termine dalla filosofia dell’ottocento, che siano proprio le mode a cogliere ed interpretare lo “Zeitgeist”, lo spirito del tempo. Quella propensione verso un modo di fare e di pensare tanto distintivo e spontaneo da divenire spesso l’elemento più propriamente caratteristico di un’epoca.
Ad esempio nel 1700 era l’uomo come animale razionale la spinta che diede vita all’Illuminismo. Nel 1900 era l’uomo come mezzo di lavoro, ed il mondo come risorsa, ad avviare la rivoluzione industriale che ha poi definito il secolo intero ed oltre.
Oggi invece, all’interno di quale visione del mondo ci troviamo? Quale spinta ci guiderà verso la prossima soglia dell’essere umano?
Non è mai semplice tentare di comprendere qualcosa standovi all’interno. Tanto meno lo è comprendere il tempo all’interno del quale si vive. Ma alcuni elementi permettono di non avere dubbi riguardo il grande cambiamento di fronte al quale ci troviamo. Cambiamento del quale si può segnare una data di inizio ben precisa: 1969.
Questo infatti è l’anno di nascita di internet. Al tempo si chiamava Arpanet ed era un progetto di scambio messaggi fra sedi universitarie, per facilitare e velocizzare i lavori di ricerca.
Da questo punto l’evoluzione è stata rapida e inesorabile. Sviluppato come tecnologia militare, Internet rimane un concetto di nicchia fino agli anni ‘80, durante i quali inizia la sua evoluzione come piattaforma pubblica. Tutto inizia a passare su internet, dai messaggi privati agli acquisti.
Da accessorio la Rete diviene indispensabile. Da li a poco infatti i computer connessi passeranno da 10 milioni nel 1996 a 600 milioni nel 2006, fino ad arrivare agli oltre 3 miliardi attuali.
Risulta quindi lampante il ruolo che la connettività abbia assunto nel nostro secolo. Internet incarna lo spirito del tempo, ospitando e connettendo le innumerevoli sottoculture che hanno proliferato da quel lontano 1969 all’ombra del “World Wide”. Ma è altrettanto giusto dire che internet è il frutto dello spirito che è maturato attraverso la metà del ‘900 fino ad oggi. E sicuramente anche oltre.
Oggi questa tendenza alla digitalizzazione, a convertire in codice e quindi computerizzare ogni singola attività dell’essere umano, non si limita più ad accorciare tempi e distanze, come poteva essere nell’ormai lontano 1969. Ma proietta invece l’immaginario collettivo oltre il super uomo. Oltre l’uomo macchina, verso un essere umano che vuole astrarsi dal suo stesso corpo.
Invito i lettori a scoprire il lavoro di Stelarc, l’artista che si è fatto impiantare un terzo orecchio sul braccio, in grado di registrate i suoi intorno a lui e riversarli su un hard disk remotato, sfruttando connessioni wifi e microbatterie.
O quello dello scienziato Randal Koene, convinto che la possibilità di fare un backup di sè stessi su internet non solo sia possibile e prossima, ma che sia anche giusta e doverosa.
Oltre agli innumerevoli studi, fra i quali anche quello del colosso Google, che mirano alla creazione di un’intelligenza artificiale comparabile, se non superiore, a quella umana.
Ci andiamo approcciando con grande scioltezza al periodo di maggiore cambiamento che l’uomo abbia mai visto. Cambiamento reso possibile dalla tecnologia, in particolare dall’invenzione di Internet, che per la prima volta ha reso l’uomo “ubiquo”, capace cioè di trovarsi in più luoghi allo stesso tempo.
La possibilità di essere in qualche modo sempre connessi, sempre visibili, rassicura gli utenti. Placando quello smarrimento che ha lasciato l’era post industriale, rendendo però sempre più evidente quello che il filosofo Gunther Anders chiamava “divario Prometeico”, cioè la distanza che separa la capacità di produzione tecnica da quella immaginativa dell’uomo.
Un modo per dire che siamo in grado di produrre, fare e distruggere in una proporzione molto maggiore rispetto a quella che siamo in grado di immaginare.
Non a caso quindi lavori di “intrattenimento” come Matrix, Tron o banalmente Godzilla hanno dominato sia gli schermi che gli immaginari degli utenti.
Questa è l’era del digitale, un tempo in cui la tecnica è in grado di operare su scale che le persone non sono nemmeno in grado di immaginare. L’arte in tutto questo tenta di colmare il divario proponendo, in una successione sempre più rapida, versioni distopiche o utopiche del nostro stesso tempo.
Questa è l’era in cui il progresso e la tecnica avanzano ad un ritmo esponenziale e vertiginoso. La coscienza rincorre, faticando a mantenere il passo.
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