Quali siano gli effetti della digitalizzazione sulle nuove generazioni è argomento ancora da approfondire. Che gli artefatti digitali abbiano un potenziale immenso per quando riguarda il perfezionamento di alcuni attività cerebrali lo avevano già capito gli americani. Tanto che dagli anni ‘80 hanno iniziato un programma di addestramento fondato su quelli che sono sostanzialmente versioni “tecniche” dei videogames. Immaginate quindi l’importanza di una buona padronanza occhio-mano oggi. Un’epoca in cui un drone da guerra è pilotabile (ed effettivamente fanno proprio così) tramite il joypad, adeguatamente adattato, di una normalissima Playstation.
Gli effetti della digitalizzazione
Dato l’evidente potenziale in positivo dell’attività videoludica, vale la pensa spezzare una lancia a favore di chi, come i miei genitori, ancora ritiene che i videogiochi, il computer, il cellulare e quant’altro abbiano invece un effetto deleterio. In particolare sulle generazioni più giovani.
Da un lato, dopo aver studiato comunicazione, sia scritta che visiva, mi è parso evidente un fattore. Ovvero la brutalizzazione del linguaggio che stanno subendo, sia la lingua che la cultura visiva, dovuta ad un eccessivo indirizzamento da parte dei creatori di contenuti.
In altre parole coloro che si occupano di creare siti internet, social network, applicazioni, tenendo ovviamente di più al profitto personale che al benessere dei consumatori, progettano apparati sempre più intuitivi. In cui è l’architettura del sito o dell’App a guidare l’utente, di solito verso la sezione “acquisti”.
Attività videoludica: fa bene o male?
In questa maniera si mette in atto un processo Darwiniano. Per cui le capacità meno utili (come la lettura approfondita) tendono a sopperire. A favore delle capacità più adatte a sopravvivere (come riconoscere la funzione di un pulsante in base alla forma o al colore).
Non stupisce a questo punto che in Italia sia arrivata quasi al 30% della popolazione la percentuale di analfabati funzionali. Cioè quelle persone che sanno leggere ciò che gli viene posto di fronte ma che in realtà non riescono ad afferrarne il significato.
Pubblicità implicita ed emozionale
Altro fattore deleterio, sempre collegato a questo progressivo rendersi superficiale della comunicazione, è l’incapacità, da parte degli utenti, di riconoscere i messaggi impliciti. Veicolati da artefatti come le pubblicità.
Ovviamente gli studi di marketing e pubblicità ne sono consapevoli già da tempo e non esitano a farci leva, sempre per incrementare le entrate. Il sociologo Vance Packard, nel suo libro “I persuasori occulti”, fa una splendida analisi di come in America, a partire dagli anni ‘20, abbiano imparato a gestire aspetti consapevoli e inconsapevoli dell’atteggiamento dei consumatori. Calcando su quelli che si chiamano “bisogni latenti”.
La prossima volta che lo spot di un prodotto vi attira, cercate di fare caso a cosa l’azienda sta tentando di vendervi in realtà. Uno status sociale (Apple), un’emozione (Red bull), la bellezza (Chanel), l’eleganza (Armani)?
Utenti digitali: scambiare il medium per il messaggio
L’ultimo aspetto evidente, ma non ultimo per importanza, che condiziona l’atteggiamento degli utenti digitali è invece più Pavloviano. Ovvero più direttamente collegato ad aspetti fisiologici del cervello umano: scambiare il medium per il messaggio.
Questo significa che tendiamo a sviluppare un’affezione, in realtà immotivata, verso quegli strumenti che si fanno veicolo delle nostre gioie quotidiane.
Non vi è mai capitato di provare un insensato dispiacere al momento di sostituire il vecchio cellulare? Questo è perché il cervello umano, ancora abituato ad un mondo che segue le normali leggi di natura, si affezione a quel colore. Quella forma, che tante volte ci ha emozionato (il messaggio dalla persona che ci piace), ci ha fatto compagnia (la nostra musica preferita) o semplicemente ci ha tolti dai guai (chiamare mamma!).
Non sono meccanismi scontati, nè tantomeno meccaniche che si tende a portare alla luce del sole, perchè un utente inconsapevole è più facile da condizionare e da guidare all’acquisto. Perchè l’acquisto è la regola generale della nostra società.
E’ importante però prenderne consapevolezza, specialmente per i più giovani, che purtroppo sono il bersaglio preferito dalla maggior parte delle aziende di consumo.