Questa settimana dialogo con Alessandra Carminati, B2B Business Development, English Language Trainer e Content Writer. Alessandra mi ha scritto proponendomi di affrontare il tema del rapporto tra narrazione, creazione di contenuti ed intelligenza artificiale. Quelle che seguono sono le nostre riflessioni. Buona lettura e grazie ancora ad Alessandra per la disponibilità!
Che gli esseri umani siano “programmati” per raccontare (e raccontarsi) storie è un dato di fatto. Lo storytelling, ovvero l’arte di narrare storie, nasce con l’uomo nelle caverne, intorno ad un fuoco, a tramandarsi insegnamenti, memorie, conoscenze, a dare un senso alla realtà che lo circonda. Da quel momento consumiamo storie quotidianamente.
Oggi, la tecnologia ci offre strumenti e mezzi sempre più potenti per implementare le nostre narrazioni, rivoluzionandone spesso le regole. Questo induce diverse riflessioni, eccone alcune.
1. C’è il rischio che così tante narrazioni dividano anziché unire?
Alessandra: Le storie possono unire, quanto dividere, soprattutto quando il loro numero aumenta a dismisura. Il rischio è esserne bombardati e fagocitati. Social, media, web… consumiamo narrazioni ad un ritmo frenetico, quasi bulimico, senza neanche accorgercene, magari in solitudine (davanti allo schermo di un tablet o di uno smartphone), con il rischio di non riuscire più a sviluppare pensiero critico ed autonomo.
Jonathan Gottschall nel suo “Il lato oscuro delle storie” tocca proprio questo tema e suggerisce di approcciarci alla narrazione (anche la nostra) con spirito attento, per non esserne fagocitati e per coglierne nel modo più onesto possibile limiti e difetti. Il tutto per evitare di restare bloccati ognuno nella sua personalissima bolla narrativa.
Alessandro: Di fronte alla sfida di un’eccessiva saturazione informativa (e narrativa) l’unica alternativa che ognuno di noi applica (più o meno consciamente) è la selezione di autori e contenuti. Per questo motivo sostengo e promuovo, nel campo della comunicazione d’azienda, una cultura della “qualità” piuttosto che della “quantità”.
Enfatizzando la creazione di contenuti che catturino l’attenzione ma che stimolino anche il dialogo e la riflessione critica, anche tra pubblici diversi. L’idea di questo esperimento di scrittura “a 4 mani” nasce proprio dalla voglia di aggiungere valore, tramite il confronto, su argomenti diversi, anche quando non del tutto condivisi!
2. L’intelligenza artificiale offre notevoli possibilità per quanto riguarda lo storytelling, soprattutto aziendale, vale la pena coglierle?
Alessandra: L’intelligenza artificiale permette di creare contenuti ad un ritmo velocissimo e, nello stesso tempo, grazie all’analisi dei dati a sua disposizione, di personalizzare quei contenuti a seconda del target di riferimento. Eppure… eppure qualche dubbio rimane (almeno a me). L’intelligenza artificiale si basa sui dati, che devono essere il più possibile accurati per fornire risultati degni di nota.
Ma non basta, credo che occorra ancora il tocco umano per interpretarli correttamente, per creare una narrazione che ci emozioni, che riesca a toccarci.
Alessandro: Le AI possono automatizzare parti del processo creativo, generare insights predittivi sui trend emergenti e personalizzare le esperienze narrative a livelli praticamente inaccessibili manualmente. Tuttavia, concordo con te sull’importanza del tocco umano. Io parlo da anni di expertelling (narrazione di esperienze vissute), che a mio avviso sostituirà lo storytelling.
Il ruolo del creativo a mio avviso si trasforma grazie all’IA: non più solo autore, ma regista e curatore di contenuti AI-driven. La tecnologia da questo punto di vista “aumenta” l’esperienza umana, piuttosto che sostituirla.
3. E il futuro degli storyteller?
Alessandra: Finora siamo stati abituati a leggere storie scritte e pensate da esseri umani. Ora esistono tool in grado di “aiutare” (quando non “sostituire”) chi scrive. Io penso che la creatività umana non possa essere completamente soppiantata, ma che il potere dell’intelligenza artificiale non sia da sottovalutare. Quello che temo è che, senza un reale controllo, possano nascere narrazioni che, pur basandosi su dati forniti dagli esseri umani, si allontanino dalla realtà dandone una visione sempre più sfocata.
Alessandro: Come detto gli storyteller avranno il compito di inserire nelle narrazioni le proprie esperienze personali, aggiungendo complessità emotiva e profondità culturale, elementi che l’AI può solo simulare e non completamente replicare. Sentimenti come l’empatia, la curiosità, il coraggio, l’etica, rimangono ancorati ai valori ed agli ideali umani. Di certo c’è il fatto che nasceranno nuove forme narrative, finora nemmeno immaginabili.
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