Seconda giornata del Bologna Tech Week (dal 4 al 7 dicembre), con Bologna che si trasforma in una capitale di digital-tech. Una kermesse, quella organizzata da Search On Media Group, che presenta oltre 40 eventi incentrati su temi quali l’IA, la tecnologia ed il digitale, con il supporto di oltre 50 partner del territorio.
Durante la settimana, sessioni di formazione, business, networking e divulgazione che metteranno la comunità locale al centro dei processi di innovazione. Ospiti prestigiosi parteciperanno all’evento, tra cui Anna Ascani, Vicepresidente della Camera dei Deputati, Guido Scorza, membro del Garante per la Protezione dei Dati Personali, ed esperti provenienti dal settore della tecnologia e dell’innovazione.
Bologna Tech Week avrà luogo tra il Bologna Congress Center e lo spazio cittadino, con un’area espositiva in cui oltre 40 aziende e startup mostreranno le loro applicazioni di AI, software e strumenti tecnologici. Il fine dell’evento è quello di rendere Bologna un centro di innovazione aperto, promovendo lo scambio di conoscenze e la condivisione di idee sui temi dell’IA e della Digital-Tech.
Bologna Tech Week è patrocinata da enti prestigiosi come la Regione Emilia-Romagna, il Comune di Bologna, il CONI – Comitato Regione Emilia Romagna e Resto del Carlino, e mira a diventare il punto di riferimento dell’innovazione a Bologna, con l’obiettivo di stimolare il progresso e lo sviluppo tecnologico a livello italiano ed europeo.
Cosmano Lombardo, fondatore e CEO di Search On Media Group e ideatore di Bologna Tech Week, afferma che l’evento rappresenta un’opportunità straordinaria per collegare, connettersi e formarsi sui temi più attuali, con un progetto a lungo termine che favorisca il dialogo con un vasto spettro di stakeholder a livello regionale, nazionale e internazionale.
Massimo Bugani, Assessore all’Agenda Digitale del Comune di Bologna, sottolinea con entusiasmo che la Bologna Tech Week è un’occasione cruciale per aumentare la consapevolezza e comprendere come il settore della tecnologia stia creando nuove opportunità positive per tutti.
Moondo è media supporter dell’evento e sarà a Bologna domani, 6 dicembre, per relazionarvi sulle novità nel settore AI, social media e search.
Lo sviluppatore di intelligenza artificiale è una figura professionale che si occupa di sviluppare tutti i sistemi legati all’IA come, per esempio, gli assistenti virtuali, i computer avanzati, i robot e i sistemi di automazione industriale. L’intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il campo della programmazione, offrendo strumenti e metodi che possono semplificare e potenziare il processo di sviluppo del software. Questo articolo esplora come l’IA stia modificando il panorama della programmazione, con un focus su tre aree chiave di impatto.
Assistenza nella Codifica e Debugging
L’intelligenza artificiale può agire come un assistente avanzato per i programmatori, aiutando nella scrittura del codice e nel debugging. Sistemi basati su IA possono suggerire correzioni, ottimizzazioni e persino scrivere porzioni di codice, riducendo gli errori e accelerando il processo di sviluppo. Questo non solo aumenta l’efficienza, ma consente anche ai programmatori di concentrarsi su aspetti più creativi e complessi dei loro progetti.
Apprendimento Automatico e Sviluppo di Software
L’apprendimento automatico, un sottoinsieme dell’IA, può essere utilizzato per automatizzare compiti ripetitivi nel ciclo di sviluppo del software. Questo include l’analisi dei requisiti, la generazione di test, e la gestione della manutenzione del software. Utilizzando l’IA per queste attività, i programmatori possono risparmiare tempo prezioso e ridurre il rischio di errori umani.
Progettazione e Sviluppo Previsionale
L’IA può essere impiegata per analizzare grandi quantità di dati per identificare trend e modelli, che possono guidare le decisioni di sviluppo software. Questo significa che i sistemi di IA possono aiutare a prevedere le esigenze degli utenti e personalizzare i software in base a queste previsioni. Inoltre, può contribuire a ottimizzare le prestazioni del software analizzando i pattern di utilizzo e suggerendo miglioramenti.
L’integrazione dell’intelligenza artificiale nel campo della programmazione sta aprendo nuovi orizzonti di efficienza, creatività e personalizzazione. Da assistenti di codifica a strumenti predittivi, l’IA sta trasformando il modo in cui i software vengono sviluppati e gestiti, promettendo un futuro in cui la programmazione sarà più accessibile, veloce e adattata alle esigenze in continua evoluzione del mondo digitale.
Invece di bandirlo, come sta accadendo in alcune scuole Usa, le scuole potrebbero adottare ChatGPT come strumento didattico, offrendo agli studenti un tutoraggio personalizzato per prepararli meglio a lavorare da adulti con i sistemi di intelligenza artificiale. Alcune idee. ChatGPT emerge come una di queste risorse, offrendo un supporto versatile e immediato per una varietà di esigenze didattiche. Vediamo come questo strumento può essere particolarmente utile per gli studenti delle scuole superiori.
ChatGPT per lo studio
ChatGpt può essere un valido aiuto per lo studio nostro e dei nostri figli, e no, qui non stiamo parlando di “barare”, facendogli fare i compiti assegnati a casa, alcuni insegnati d’avanguardia lo consigliano e lo fanno usare ai propri studenti come una sorta di tutor personalizzato.
Va premesso che siamo ancora agli albori di quello che verrà e che strumenti più specializzati di ChatGpt (ad esempio che integrano il motore Gpt in app per imparare una lingua) potrebbero dare risultati migliori
ChatGpt per studiare: quattro consigli generali
Primo consiglio è scrivere una richiesta chiara. Utilizzare prompt specifici è il modo migliore di procedere; prompt vaghi o aperti possono portare a risposte irrilevanti o non utili.
Usare il linguaggio naturale: ChatGPT è progettato per comprendere il linguaggio naturale, quindi l’uso di un linguaggio troppo tecnico può rendere difficile per ChatGPT interpretare le vostre richieste.
Pazienza e riprovare: Se non riusciamo a ottenere la risposta che cercate al primo messaggio, proviamo a riformularlo o a fornire un contesto più ampio.
Sviluppo di Competenze di Scrittura: Migliorare la Scrittura e la Creatività
Per gli studenti che lottano con la scrittura di saggi, relazioni o progetti di ricerca, ChatGPT può offrire esempi, consigli sulla struttura del testo e aiuto nella revisione dei loro lavori. Questo non solo migliora le loro abilità di scrittura, ma incoraggia anche la creatività e l’indipendenza nel pensare criticamente e nel formulare idee originali.
Preparazione per il Futuro
Nell’era digitale, la familiarità con strumenti di intelligenza artificiale come ChatGPT prepara gli studenti per un futuro in cui tali tecnologie saranno sempre più presenti. Imparare a utilizzare efficacemente queste risorse li aiuta a sviluppare competenze digitali essenziali, preparandoli per studi avanzati e carriere in un mondo sempre più tecnologico.
ChatGPT offre un’ampia gamma di vantaggi per gli studenti delle scuole superiori, da un supporto personalizzato nello studio alla miglioramento delle abilità di scrittura, fino alla preparazione per un futuro digitale. Questo strumento non solo facilita l’apprendimento, ma apre anche la strada a nuove modalità di interazione con la tecnologia nell’ambito educativo.
Articolo realizzato da Christian Capobianco, Daniele Mencacci, Samuele Polidori – IIS Midossi Civita Castellana
Si avvicinano due degli eventi più seguiti nel settore del digital marketing, in occasione di Bologna Tech Week 2023 (in programma dal 4 al 7 dicembre), presso il Bologna Congress Center: Social Media Strategies e SMConnect, cui si aggiunge AIFair, la fiera internazionale dedicata all’Intelligenza Artificiale. Si tratta di eventi durante i quali, oltre alla formazione, ci sarà opportunità di fare networking ed approfindire opportunità di nuovi business.
Social Media Strategies è dedicato ai professionisti dei social media e del web marketing, celebra la sua decima edizione, presentando temi come Social Strategy, ADV, Youtube, TikTok & Instagram, Influencer Marketing, Social Commerce, Analytics e percorsi formativi su Intelligenza Artificiale, Content Creator, videomaking e Digital Legal. È un’opportunità per consolidare conoscenze e creare nuove collaborazioni professionali.
SMConnect, invece, è un evento per i professionisti del digital marketing, nato nel 2006 come primo evento italiano dedicato alla SEO. L’edizione di quest’anno, dopo il successo del 2022, si terrà in una nuova location per accogliere più partecipanti e aziende legate all’AI&Digital Tech. Offre formazione avanzata su temi come SEO, Web Analytics, PPC e Intelligenza Artificiale, con un focus sulle nuove tendenze che influenzano il settore.
Alll’AIFair sarà possibile incontrare aziende e professionisti del settore, provare gli ultimi strumenti e servizi di AI e creare nuove sinergie, grazie agli spazi e ai momenti dedicati al networking come incontri B2B e business meeting per connettere imprese, Centri di Ricerca, startup, investitori, ONP e PA, e attività di recruiting per individuare profili professionali specializzati. L’Intelligenza Artificiale è un tema centrale in entrambi gli eventi, riflettendo i significativi cambiamenti che sta apportando nei processi lavorativi. Esperti del settore, come Alessio Pomaro, Lucia Guerra, Giorgio Taverniti, Aleyda Solis, Roberto Nardini e Paolo dello Vicario, condivideranno le loro conoscenze in diverse sessioni tematiche.
Bologna Tech Week, che comprende Social Media Strategies, SMConnect e l’AI Fair, è una manifestazione organizzata da Search On Media Group con il patrocinio di enti locali e regionali. Oltre ai temi tecnologici, tratta argomenti come Food, Tourism, sostenibilità ambientale e inclusione sociale, con eventi vari come talk, tavole rotonde, concerti e presentazioni tecnologiche. Oltre 50 partner hanno aderito, offrendo occasioni di dialogo e networking. Moondo è Media Supporter dei tre eventi. Vi aspettiamo a Bologna!
Attenzione ad affidare la vostra capacità di fare le cose, di studiare, apprendere, prepararvi per il domani che vi attende solo ed esclusivamente ad una macchina, che sia ChatGPT o qualsiasi altro software di intelligenza artificiale.
Allora, immagina di avere davanti un puzzle complicato. La tua capacità di mettere insieme i pezzi si basa sulla tua cognizione, cioè su come elabori e capisci le informazioni. Ma ora immagina di essere frustrato o arrabbiato mentre cerchi di risolverlo. Anche se hai tutte le capacità cognitive per risolverlo, le tue emozioni possono offuscare la tua capacità di pensare chiaramente.
Sui social è evidente che il problema principale delle incomprensioni e del fatto che le persone capiscono quello che vogliono da quello che leggono è emotivo, non cognitivo. È come se la vera questione non sia tanto la nostra capacità di pensare o ragionare, ma come ci sentiamo mentre lo facciamo. Anche se, per assurdo, ci fosse una sorta di “deficit cognitivo” in giro, sarei pronto a scommettere che ha le sue radici in qualche problema emotivo.
Se ti guardi in giro la rabbia sembra essere diventata la norma piuttosto che l’eccezione. E non sto parlando solo di quel tipo di rabbia esplosiva, ma anche di quella rabbia sottile e costante che bolle sotto la superficie. E non è solo la rabbia; c’è un’ampia gamma di emozioni che vanno dalla frustrazione al sentimento di rivalsa che si tramuta in vendetta.
Questo ragionamento è partito da un fatto che ho notato: in alcuni miei post con numeri alti e con migliaia di commenti, solo una manciata d’individui hanno effettivamente risposto al mio argomento e al tema che ho proposto. Gli altri si sono dispersi in commenti irrilevanti, alcuni hanno sostenuto di saperne di più, molti hanno deviato sul benaltrismo con “ci sono temi più importanti di cui discutere”, mentre altri si sono limitati a commentare totalmente a caso.
Non credo sia una questione “solo” d’incomprensione, non è possibile che il 90% delle persone non capiscano cosa leggono e quindi rimane il problema emotivo… il quale non so se sia meglio o peggio.
Proviamo ad impostare un ragionamento insieme. Secondo te se un contenuto (un’idea, una riflessione, un articolo di giornale, una ricerca, un’elaborazione grafica, ecc.) è generato da una intelligenza artificiale, ma sulla base di un prompt ideato da un professionista affermato e competente in materia, che poi quel contenuto valida (corregge, se necessario, verifica, accetta e diffonde), si può dire che il contenuto è frutto della sua conoscenza? O è solo un prodotto dell’IA?
La domanda tocca diversi temi complessi come l’autorialità, la creatività ed il ruolo dell’intelligenza artificiale nel processo creativo. Quando un’intelligenza artificiale come ChatGPT genera un contenuto su richiesta di un esperto, quel contenuto è effettivamente un prodotto della conoscenza inserita nel modello attraverso i dati di addestramento e degli algoritmi utilizzati per generare la risposta.
Tuttavia, l’intervento dell’esperto nel processo (dall’ideazione del prompt alla validazione e correzione del risultato) aggiunge un ulteriore livello di conoscenza e competenza. L’esperto non solo guida l’IA nella direzione desiderata, ma ne interpreta e modifica il risultato sulla base della sua comprensione ed esperienza.
Si potrebbe dire che il contenuto finale è una sorta di collaborazione tra l’intelligenza umana e quella artificiale. La conoscenza e l’esperienza del professionista sono cruciali per formulare il prompt iniziale e per valutare e migliorare l’output dell’IA. Pertanto, il prodotto finale può essere visto come un’estensione o un’applicazione della conoscenza dell’esperto, anche se non è generato direttamente dalla mente umana. Ed ancora, se l’esperto apporta modifiche sostanziali o utilizza l’output dell’IA come un punto di partenza per ulteriori elaborazioni, allora il ruolo creativo e intellettuale dello stesso diventa ancora più evidente. In questo caso, l’AI agisce come uno strumento o assistente che amplifica o “aumenta” le capacità del professionista.
A questo punto è ragionevole attribuire una certa paternità intellettuale a quell’esperto, pur non potendo non riconoscere il ruolo dell’IA nella genesi del progetto.
🅿.🆂. Questo post nasce da una delle mie tante chiacchierate con ChatGPT-4. Così come l’immagine che lo accompagna. Il contenuto è stato poi da me rielaborato. Ora, è mio o suo??? Non lo so, ma, a mio avviso, la vera domanda da porsi è: “Alla fine è così importante?”
La dislessia è spesso avvolta in un velo di misconcezioni, etichettata erroneamente come una disabilità quando, in realtà, è una differenza genetica che incide sul modo in cui il cervello elabora le informazioni. Immaginate un computer con un sistema operativo diverso; non è né migliore né peggiore, è semplicemente diverso. E questa diversità porta con sé una gamma unica di punti di forza e di sfide.
Chi è dislessico sa bene che il proprio cervello è cablato in modo diverso, una configurazione che può manifestarsi come una straordinaria creatività o un’abilità di pensare “fuori dagli schemi”. Non è raro trovare dislessici che eccellono nel risolvere problemi complessi o nel vedere connessioni tra concetti che a prima vista sembrano non correlati. E non è tutto: molti di loro sono dotati di notevoli abilità comunicative e sociali, talenti che trovano terreno fertile in campi come il marketing, la vendita e la gestione delle relazioni.
Ma la medaglia ha anche un rovescio. La dislessia può rendere ardue alcune delle attività che la maggior parte delle persone dà per scontate, come leggere un libro o scrivere una mail. Queste sfide emergono spesso già nell’infanzia e possono richiedere interventi pedagogici mirati. L’obiettivo? Sviluppare strategie di apprendimento che siano efficaci per quel particolare sistema operativo cerebrale.
E poi c’è il muro del pregiudizio, forse il più difficile da abbattere. La dislessia è spesso erroneamente associata a una mancanza di intelligenza o a una sorta di pigrizia innata. Questi stereotipi non solo sono inesatti, ma possono anche erodere l’autostima e il benessere emotivo delle persone dislessiche.
Fortunatamente, viviamo in un’epoca in cui la ricerca e l’innovazione stanno gettando nuova luce su come affrontare la dislessia dal punto di vista pedagogico. Da tecniche di insegnamento multisensoriali a software educativi che utilizzano l’intelligenza artificiale, gli strumenti a nostra disposizione per personalizzare l’esperienza di apprendimento sono sempre più sofisticati.
In ultima analisi, la dislessia è una sfaccettatura della diversità umana che merita di essere compresa e valorizzata, non solo per le sfide che comporta, ma anche per i talenti unici che può rivelare. Con il giusto mix di comprensione e supporto, la dislessia può essere vista non come un ostacolo, ma come una lente attraverso la quale interagire in modo diverso con il mondo che ci circonda. E in un mondo che cambia rapidamente, la diversità di pensiero è più che mai un bene prezioso.
Con questa comprensione della dislessia, esploriamo ora le sue implicazioni nel contesto accademico, un terreno che spesso evidenzia sia i talenti che le sfide associati a questa condizione.
Implicazioni nella Vita Accademica
Immaginate di camminare in un labirinto di parole, dove ogni frase è un sentiero che si biforca, ogni parola un incrocio. Questa è la realtà quotidiana di uno studente dislessico nel contesto accademico. La lettura, che per molti è un processo quasi automatico, diventa per loro un terreno minato di ambiguità e di ostacoli. E non si tratta solo di letteratura o grammatica; pensate a un testo di storia, di scienza o di matematica. Ogni disciplina, in un modo o nell’altro, richiede la capacità di navigare attraverso un mare di parole.
Ma la sfida non si ferma alla lettura. C’è una dimensione più subdola, quella della gestione del tempo e dell’organizzazione. Mentre i coetanei pianificano le loro giornate tra lezioni, studio e tempo libero, lo studente dislessico può trovarsi a lottare con un calendario che sembra sempre troppo pieno, un orologio che corre troppo veloce. Il risultato? Stress e ansia che raggiungono il picco nei periodi di esami o di consegna di progetti.
Emerge un altro elemento preoccupante: tra gli studenti con dislessia, si registra un indice di abbandono scolastico superiore. È cruciale ribadire che la dislessia non costituisce una misura del quoziente intellettivo né un barometro delle capacità personali. Piuttosto, agisce come una sorta di lente attraverso la quale le informazioni vengono processate in modo diverso. Fornendo il supporto adeguato, come un tutoraggio specifico o modifiche nelle modalità d’esame, il raggiungimento di traguardi accademici diventa assolutamente fattibile.
In questa era digitale, la tecnologia viene in soccorso. Pensate a software di lettura vocale che trasformano il testo scritto in un flusso sonoro, o ad applicazioni che aiutano nella pianificazione e nell’organizzazione delle attività. Strumenti che non solo livellano il campo di gioco, ma che potrebbero anche insegnare a tutto il sistema educativo una o due cose sull’inclusività.
E parlando di inclusività, non possiamo ignorare il ruolo cruciale degli insegnanti. Una formazione adeguata a riconoscere i primi segni della dislessia può fare la differenza tra un percorso accademico fatto di ostacoli e uno di opportunità. Un intervento tempestivo può armare lo studente con le strategie e gli strumenti necessari per affrontare le sfide, non come problemi, ma come occasioni di crescita.
La dislessia ci pone di fronte a una questione più ampia, quella di un modello educativo che necessita di flessibilità e di apertura. Non si tratta solo di adattare l’istruzione alle esigenze degli studenti dislessici, ma di creare un ambiente in cui ogni individuo, indipendentemente dalle proprie sfide, possa esprimere al meglio il proprio potenziale. E in un mondo che cambia a una velocità vertiginosa, questa potrebbe essere la lezione più importante di tutte.
Le sfide affrontate dagli studenti dislessici nell’ambito accademico evidenziano la necessità di innovazioni pedagogiche. Una di queste innovazioni è il progetto Vrailexia, che mira a facilitare un apprendimento più inclusivo.
Vrailexia: Un Passo Avanti verso l’Inclusione
In un’era dominata dall’avanzamento tecnologico, che sembra offrire soluzioni a una vasta gamma di problemi, spicca un progetto destinato a cambiare il nostro approccio alla dislessia. Si tratta di Vrailexia, un’iniziativa che ha guadagnato il riconoscimento e il finanziamento della Commissione Europea attraverso il programma Erasmus+. L’obiettivo di Vrailexia non è solo quello di riscrivere il discorso sociale riguardante la dislessia, ma anche di offrire strumenti pratici per gli studenti universitari che si confrontano con questa condizione.
Immaginate una piattaforma di e-learning chiamata “BESPECIAL”, alimentata da algoritmi di intelligenza artificiale che adattano l’esperienza di apprendimento alle esigenze individuali di ogni studente dislessico. Ma Vrailexia va oltre. Introduce anche l’uso della realtà virtuale per valutare la dislessia, offrendo agli insegnanti una lente attraverso la quale possono vedere e comprendere le sfide quotidiane che i loro studenti devono affrontare.
E non pensate che Vrailexia sia un progetto confinato entro i confini di una singola nazione. Al contrario, l’ambizione è quella di standardizzare una procedura che possa essere adottata in tutte le università europee. Il fine ultimo? Creare ambienti di apprendimento che non solo accolgano gli studenti dislessici, ma che siano modellati sul principio del Universal Design Learning, un approccio pedagogico che mira a rendere l’istruzione accessibile a tutti, indipendentemente dalle loro specifiche esigenze.
Ma un progetto di questa portata non può essere portato avanti da una singola entità. Il consorzio Vrailexia è un melting pot di competenze e prospettive, composto da 7 università, 2 fornitori di formazione professionale e una società privata. Questa collaborazione interdisciplinare non solo arricchisce il progetto, ma amplifica anche il suo impatto, aprendo la strada a una più ampia applicazione e adozione.
E mentre gli strumenti e le metodologie sviluppate da Vrailexia promettono di apportare cambiamenti immediati nel mondo accademico, il suo impatto potrebbe estendersi ben oltre. Potremmo vedere queste innovazioni applicate in vari settori, contribuendo a un approccio più inclusivo e olistico alla dislessia a livello sociale.
La promessa di Vrailexia è intrinsecamente legata alla tecnologia. Ora, esploreremo come la tecnologia, rappresentata da realtà virtuale e intelligenza artificiale, si configura come una potente alleata nel contesto di Vrailexia.
Tecnologia come Alleata
In un’epoca in cui la tecnologia permea ogni aspetto della nostra vita, il progetto Vrailexia emerge come un faro di innovazione, dimostrando come l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale possano essere alleate potenti nel trattare questioni sociali complesse come la dislessia. Ma andiamo oltre i titoli accattivanti ed esploriamo come queste tecnologie stiano realmente cambiando il gioco.
Prendiamo ad esempio “BESPECIAL”, la piattaforma di e-learning adattiva di Vrailexia. Alimentata da algoritmi di intelligenza artificiale, questa piattaforma fa molto più che semplicemente fornire materiale didattico. Adatta il ritmo, il livello e il tipo di contenuto in base alle esigenze individuali di ogni studente dislessico. È come avere un tutor personale che comprende le tue specifiche sfide e ti guida attraverso un percorso di apprendimento su misura.
Ma la tecnologia non si ferma qui. La realtà virtuale entra in scena come un potente strumento di empatia e comprensione. Immaginate un ambiente controllato in cui gli studenti dislessici possono essere valutati senza il timore di essere giudicati. Ora, immaginate un simulatore che permette ai docenti di calarsi nei panni dei loro studenti, offrendo una visione dall’interno delle sfide quotidiane che la dislessia comporta. È un cambio di prospettiva che potrebbe rivoluzionare non solo l’approccio educativo, ma anche il dialogo sociale sulla dislessia.
E non dimentichiamo che Vrailexia è un esempio lampante di collaborazione interdisciplinare. Non stiamo parlando solo di ingegneri e sviluppatori di software. Il progetto coinvolge un’ampia gamma di esperti, da neuroscienziati e psicologi a pedagogisti, tutti uniti da un obiettivo comune: utilizzare la tecnologia per creare un mondo più inclusivo.
Tuttavia, come ogni medaglia ha il suo rovescio, anche l’uso di queste tecnologie avanzate solleva questioni etiche che non possono essere ignorate. La gestione dei dati sensibili, come i profili di apprendimento degli studenti, è un terreno minato che richiede una navigazione attenta per garantire la privacy e la sicurezza.
La prospettiva di inclusione di Vrailexia ci porta a esplorare le connessioni intriganti tra la cognizione umana, in particolare la dislessia, e le avanzate architetture di intelligenza artificiale come i Transformer.
Analogie tra Funzioni Transformer e Schemi Cognitivi Dislessici
Nel labirinto della cognizione umana, dove neuroni e sinapsi tessono la trama complessa del pensiero, emerge una connessione sorprendente con l’intelligenza artificiale. Sì, sto parlando delle architetture Transformer, quei modelli di linguaggio che stanno rivoluzionando il modo in cui interagiamo con la tecnologia. Ma cosa succede quando queste macchine sofisticate incrociano il loro percorso con la dislessia, quel disturbo neurobiologico che riguarda la capacità di leggere e scrivere?
Ebbene, sembra che i Transformer abbiano qualcosa in comune con il cervello dislessico. Mentre la dislessia è spesso associata a un approccio cognitivo “spaziale” o “olistico”, i Transformer utilizzano meccanismi di attenzione per analizzare una sequenza di dati, senza seguire un ordine lineare. È come se entrambi avessero una sorta di radar interno che pesa l’importanza di ogni elemento, decidendo quale merita più attenzione.
Molti individui affetti da dislessia affermano di avere una particolare facilità nel comprendere i testi prodotti da modelli di linguaggio come ChatGPT. Sembra che la struttura e la chiarezza dei contenuti generati da queste piattaforme rendano l’esperienza di lettura meno impegnativa e più soddisfacente per loro. Sebbene la scienza non abbia ancora studiato queste osservazioni, l’evidenza empirica è troppo forte per essere ignorata.
E qui entra in gioco un altro aspetto interessante: la sintesi. I modelli di linguaggio come GPT-4 sono maestri nel condensare informazioni, eliminando il superfluo e mettendo in luce ciò che conta davvero. Per una persona con dislessia, che potrebbe trovare più facile concentrarsi su testi “filtrati”, questa è una manna dal cielo.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Mentre i Transformer possono semplificare il linguaggio, rendendolo più accessibile, emergono anche questioni etiche e sociali. Ad esempio, come garantire che la personalizzazione non diventi un ostacolo all’accesso a informazioni più complete e dettagliate? E come assicurare che queste tecnologie non creino nuove barriere, piuttosto che abbatterle?
Queste sono domande che richiedono risposte ponderate, frutto di un esame che vada oltre la superficie. Ma una cosa è certa: l’intersezione tra le funzioni Transformer e la cognizione umana è un terreno fertile per l’innovazione. Con un occhio attento alle implicazioni etiche, questa convergenza tra intelligenza artificiale e neuroscienze potrebbe aprire la porta a un futuro in cui l’informazione è veramente accessibile a tutti, indipendentemente dalle loro esigenze cognitive o stili di apprendimento. E in un mondo che brama sempre più inclusività, questa è una prospettiva che nessuno di noi può permettersi di ignorare.
Le riflessioni sull’intersezione tra la dislessia e le funzioni Transformer ci guidano verso la conclusione, evidenziando come il progetto Vrailexia rappresenti un’opportunità di costruire un ponte tra queste due realtà per una società più inclusiva.
Conclusione
Il progetto Vrailexia rappresenta un passo significativo verso un’istruzione più inclusiva per gli studenti dislessici, sfruttando la tecnologia per superare le barriere e valorizzare le potenzialità di ogni individuo. L’osservazione sulla somiglianza tra le funzioni Transformer e certi schemi di pensamento potrebbe essere più di una semplice coincidenza; potrebbe essere un invito a esplorare ulteriormente come le diverse modalità di pensiero, sia umane che artificiali, possono imparare l’una dall’altra.
Non siamo noi a decidere di come parlare del nostro prodotto ma gli altri. E’ la cosa più complessa da far capire quando si parla di SEO, perché noi ci occupiamo di comprendere:
ciò che gli altri cercano
come lo cercano
che tipo di parole usano
a seconda della loro cognizione culturale.
Sembra una banalità, ma è ancora la cosa più complessa da far capire ai produttori: se vendiamo farmaci per “il mal di testa”, non possiamo pensare che le persone cerchino “cefalea” o “emicrania” perché non è nel loro linguaggio comune, non è la loro quotidianità, non c’è il tempo di interessarsi alla terminologia corretta e l’istinto porta alla ricerca più vicina alla nostra conoscenza.
Ci saranno persone più appassionate che sapranno pure la differenza tra “cefalea tensiva” e “cefalea a grappolo” ma, la stragrande maggioranza delle persone, naturalmente, cercherà “mal di testa”.
E, a vedere, da Google Trends, qui sotto, siamo proprio messi bene in Italia 🙂
Non siamo noi ad imporre il nostro volere al mercato, lo sappiamo bene, eppure quando si tratta di intenti di ricerca, facciamo fatica a comprendere che è davvero il momento in cui la nostra conoscenza della materia non può avere la meglio: la meglio è sempre del pubblico.
Abbiamo appreso con profondo dolore la notizia della morte del Prof. Mario Pacelli.
La redazione di Moondo esprime le più sentite condoglianze alla famiglia e desidera ricordare Mario per la straordinaria persona che era. Oltre ad essere un serio professionista, massimo esperto della vita a Montecitorio ed al Quirinale, Mario era un Signore d’altri tempi, una persona di grande integrità, pronta a condividere il suo sapere, senza mai chiedere nulla in cambio. Un uomo capace di mantenere viva la sua curiosità, anche di fronte a cambiamenti epocali.
Ti abbiamo voluto bene e speriamo di averti fatto divertire con le nuove tecnologie digitali.