Le elezioni del prossimo Presidente degli Stati Uniti si svolgeranno il 5 novembre ed in tutto il mondo c’è decisamente apprensione nel seguire le campagne dei due candidati, Trump e Harris.
I due rivali si sono affrontati sulla carta stampata ed in TV, dove l’ultimo confronto ha fatto cadere entrambi su alcuni punti ma chi ne è uscito di certo più penalizzato è stato proprio l’ex Presidente Donald Trump.
Paradossalmente, ciò che ne aveva decretato il successo nel 2016 ora lo sta penalizzando: i social network. La sfida precedente con Hillary Clinton (curioso il fatto che per la seconda volta Trump si scontri con una candidata donna) fu decisa grazie anche ad un’abilissima campagna social che smentì tutte le previsioni che confermarono comunque Clinton come la più votata a livello popolare.
Oggi, è dagli stessi social che si è scatenato il dissenso a causa delle esternazioni poco felici di Trump su diverse tematiche inerenti il gender gap. La frase sulle “gattare” in particolare ha generato una shitstorm con pochi precedenti nella storia delle elezioni, grazie anche all’intervento di Taylor Swift che si è ovviamente schierata con Harris.
Women’s March, associazione che si batte per una democrazia più femminista e multirazziale, ha annunciato una marcia verso la Casa Bianca tre giorni prima delle elezioni, il 2 novembre.
Per ribadire il proprio sostegno a Harris e soprattutto i punti caldi contestati a Trump, l’associazione ha realizzato alcuni manifesti OOH che girano per le città su furgoni. Qui sotto potete vederne alcuni esempi.
Beh, a prescindere dal credo politico, sulla chiarezza del messaggio ci sono pochi dubbi.
Come distribuiamo il nostro budget? Quali saranno i canali da presidiare? Come dovremmo comportarci con le AI ovunque? Chi sarà primo su Google? Queste sono solo alcune delle domande che ci dobbiamo porre a ridosso dell’ultimo quarter dell’anno, quello in cui tutti siamo chiamati a decidere come sviluppare il business e, quindi, come distribuire il budget a nostra disposizione per il 2025.
Il mondo del web è in pieno fermento, tutto cambia alla velocità della luce e, in quest’ultimo anno, non possiamo negarlo: stare al passo è decisamente complesso.
Per questo, con &Love srl di cui sono Co-Founder, che da sempre crede nella potenza delle relazioni e del confronto, ha chiamato a raccolta alcuni degli esperti del digital, per donare, a tutti coloro che vogliono avere un punto di vista dettagliato, un dibattito online sul futuro prossimo del web.
Grazie al supporto di WebinarPro, azienda esperta nell’organizzazione di eventi online digitali e, soprattutto, di webinar ad alta concentrazione di creatività, avremo con noi:
Assunta Corbo, autrice, divulgatrice, giornalista fondatrice del Constructive Network, con più di 200 giornalisti esperti di giornalismo costruttivo che modererà il dibattito online.
Salvatore Russo, Founder di &Love, una delle persone più capaci di raccontare Brand e Persone in Italia. Area di conoscenza: Brand Marketing e Event Marketing.
Luca Vanin, Founder di WebinarPRO, autore di un capolavoro didattico per i marketing, “Marketing Workbook” appena uscito. Partner di questi eventi e, soprattutto, fortemente orientato al Business. Area di conoscenza: Formazione ed Eventi online.
Flavio Mazzanti, CEO di Studio Samo, adora condividere informazioni e confrontarsi. Area di conoscenza: Mondo digital e business annesso.
Simona Ruffino, Brand Strategist e Neurobrand Specialist, ambizione e preparazione sono le sue caratteristiche. Area di conoscenza: Neuromarketing.
Marco Loguercio, Founder e CEO di FIND, Boutique di Performance Marketing, grandi pensieri, forte gentilezza, top i suoi post su LinkedIn, Area di conoscenza: SEO.
Teresa Tortora, Social Media Manager, dall’amore pazzesco per la strategia, ha cuore e creatività senza fine, esplosione di capacità. Area di conoscenza: social media marketing.
Gianpaolo Lorusso, ideatore del più grande evento d’europa per i matti della pubblicità, AdWorld Experience e uno dei massimi esperti italiani in materia. Area di conoscenza: Advertising.
Valentina Peracchi, Social&Community Strategist da 130.000 follower su IG. Naturalmente. Area di conoscenza: Social Media Marketing.
Alberto Riolfo, CEO di Websonica srl, grande esperto digital e uno dei migliori Sales Manager della Terra. Area di conoscenza: Business e Digital Marketing.
Luca Bozzato, il massimo esperto di LinkedIn in Italia, grande visione di insieme, forte conoscenza dell’area HR e Sales di grandi aziende. Area di conoscenza: LinkedIn.
Alessandro Angelelli: Direttore della testata giornalistica Moondo, Direttore Marketing di CuDriEc srl, Presidente di Assoinnovatori capace di intessere reti incredibili di collaborazioni. Area di conoscenza: Digital Marketing.
Gaia Provvedi: Business Designer&Strategist, Marketing Toys società benefit srl. Grande professionista, immensa studiosa, con una fortissima capacità analitica. Area di conoscenza: Business Development.
E, naturalmente io, dolcissima e sensibilissima, esperta del mondo SEO e Content Marketing. Attenzione, dico sempre, quando organizzo eventi: gratis non è “massì dai mi iscrivo e poi si vede” è voler contribuire alla divulgazione con altruismo, ma dietro c’è davvero tantissimo lavoro. Per cui non fatemi il torto di non presentarvi, non fatemi del male!
Il 20 e 21 novembre a Milano si terrà il Marketing Forum, un appuntamento imperdibile per tutti coloro che lavorano nel campo del marketing e, nello specifico, del digital marketing.
Il panorama del marketing è in costante evoluzione, trasformato da tecnologie emergenti che obbligano a (ri)definire strategie ed obiettivi che si adattino di volta in volta ai cambiamenti nel comportamento dei consumatori.
Per tutti i professionisti del marketing digitale è fondamentale rimanere al passo con queste trasformazioni. Ecco perché il Marketing Forum di Milano, in programma il 20 e 21 novembre 2024 presso l’UNAHOTELS Expo Fiera, rappresenta un’occasione unica ed irripetibile.
Si tratta di un evento che riunisce i maggiori esperti e leader del marketing digitale e che offre la possibilità di esplorare le nuove tendenze, approfondire le innovazioni, confrontarsi ed imparare direttamente dai migliori esperti mondiali.
Il ruolo del marketing digitale nel 2024
Il marketing digitale, supportato da software di intelligenza artificiale sempre più potenti, sta rivoluzionando il modo in cui le aziende comunicano ed interagiscono con i propri clienti. Al Marketing Forum, si toccano con mano questi temi, con l’opportunità di apprendere direttamente da esperti di calibro internazionale come Neil Patel e Joe Pulizzi, che discuteranno dei trend emergenti e delle innovazioni più recenti.
Con Neil Patel imparerai a padroneggiare il paid adv e massimizzare il potenziale SEO per generare rapidamente nuovo traffico, incrementare il ROI ed accelerare la crescita del business, mentre Joe Pulizzi insegnerà a generare nuovi pubblici, fidelizzare le audience e costruire un vantaggio competitivo differenziante. Ed ancora Giuseppe Stigliano per parlare di business innovation, Benedetta Giovanola ed Emanuele Frontoni di AI ed etica.
Le sfide e le opportunità del marketing moderno
Il Marketing Forum 2024 sarà caratterizzato da un ricco programma di sessioni incentrate su temi di grande rilevanza per chiunque operi nel marketing. Tra gli argomenti chiave, si parlerà di:
SEO e content marketing: strategie per migliorare la visibilità online e la generazione di lead di alta qualità.
Intelligenza Artificiale ed automazione: analisi dei dati con l’AI ed il modo in cui le aziende gestiscono le loro campagne digitali.
Omnicanalità e personalizzazione: creare esperienze di marketing su misura per ogni cliente, ottimizzando ogni touchpoint.
Neuromarketing: una visione su come le scienze cognitive e comportamentali possono essere applicate per aumentare la conversione e il coinvolgimento dei consumatori.
Partecipare a questo evento ti permetterà di esplorare queste e altre sfide in compagnia di esperti che hanno saputo fare la differenza a livello globale.
Networking e opportunità di business
Uno dei grandi vantaggi del Marketing Forum è la possibilità di fare rete. Oltre ad apprendere nuove competenze e tecniche, l’evento ti offre l’opportunità di creare connessioni preziose con decision maker e potenziali partner. I momenti di networking, strutturati ed informali, permetteranno di ampliare la tua rete di contatti e creare nuove opportunità di business che potranno avere un impatto diretto sul futuro del tuo brand o della tua carriera.
Perché non puoi mancare
Partecipare al Marketing Forum 2024 ti consentirà di:
La frase è tratta dal libro “Nudge. La spinta gentile” di Thaler e Sunstein e si presta ad interessanti riflessioni. Innanzitutto esprime un concetto valido in tutti i settori dell’attività umana, dalle idee appunto, al ciclo di vita di un prodotto, ma anche di un’azienda, di relazioni personali, finanche dei contenuti che generiamo.
Nella fase d’introduzione una nuova idea (un prodotto) può apparire radicale ed innovativa, spesso suscitando curiosità o scetticismo. Successivamente, se riesce a catturare l’interesse di un pubblico (soddisfare un bisogno), inizia ad essere seguita da alcuni, divenendo qualcosa di chic. Se il pubblico che segue aumenta, l’idea entra nella fase di crescita, diventa di tendenza e guadagna popolarità. A maturità l’idea (prodotto) diventa mainstream, ovvero una norma accettata. Infine, nel declino, ciò che un tempo era innovativo, chic, poi di tendenza ed infine normalità, può essere percepito come superato, vecchio, pronto per essere sostituito da nuove idee (nuovi prodotti).
L’innovazione non è solo un mezzo per evitare il declino, ma una strategia per rigenerare continuamente il valore del prodotto e rimanere competitivi. Le aziende che riescono ad implementare l’innovazione con successo evitano di diventare obsolete e riescono a guidare nuove tendenze nel mercato.
🆕 Il 16 settembre in occasione di #RomeFutureWeek presenteremo AssoInnovatori APS, organizzazione no profit nata per diffondere la cultura dell’innovazione in ogni sua forma e creare un ponte tra Innovation Manager ed imprese che vogliono innovare.
Nell’era digitale moderna, le aziende devono affrontare un panorama competitivo in continua evoluzione. Una delle strategie più efficaci per emergere è il customer-centric marketing, che pone il cliente al centro di tutte le iniziative aziendali. Questo approccio di marketing incentrato sulla profonda comprensione delle esigenze del pubblico possono tradursi in un aumento del traffico organico, in una migliore reputazione online e in una crescita esponenziale del business. Non solo migliora l’esperienza dell’utente, ma è anche essenziale per il successo della SEO (Search Engine Optimization). Scopriamo perché.
Che cos’è il customer-centric marketing
Il customer-centric marketing si concentra sul fornire valore al cliente in ogni punto di contatto, dall’acquisizione alla fidelizzazione. Questo approccio richiede una profonda comprensione delle esigenze, delle preferenze e dei comportamenti dei clienti. Le aziende che adottano una strategia customer-centric si impegnano a creare esperienze personalizzate e rilevanti, aumentando così la soddisfazione e la lealtà dei clienti.
Negli ultimi mesi, ho investito considerevoli energie nell’analisi della combinazione ottimale per generare traffico organico e ottimizzare il budget pubblicitario.
Le persone non sono numeri, sono individui con emozioni e aspettative.
I carrelli abbandonati rappresentano clienti insoddisfatti, non semplicemente transazioni non completate. Gli utenti che cercano risposte sono persone desiderose di imparare, non solo visitatori in cerca di informazioni rapide. I commenti negativi non sono semplici critiche da gestire, ma riflettono la frustrazione di individui reali che richiedono attenzione e soluzioni.
L’importanza del customer-centric marketing per la SEO
Il customer-centric marketing riveste un ruolo importante nel successo delle strategie di SEO, in quanto promuove la creazione di contenuti di qualità e rilevanti che rispondono direttamente alle esigenze dei clienti. Questo approccio è fondamentale per ottenere un miglior posizionamento nei risultati di ricerca di Google, che premia i siti web in grado di offrire contenuti utili e approfonditi. Per questo motivo, comprendere a fondo le ricerche dei propri clienti e fornire risposte esaustive diventa essenziale per una strategia SEO efficace.
L’ottimizzazione dell’esperienza dell’utente (UX) è un altro pilastro del customer-centric marketing che influisce positivamente sulla SEO. Un sito web intuitivo e facile da navigare non solo migliora l’esperienza complessiva degli utenti, ma riduce anche la frequenza di rimbalzo e aumenta il tempo trascorso sul sito. Questi fattori sono considerati da Google durante la classificazione dei siti web. Un design orientato alle esigenze degli utenti, dunque, non solo soddisfa i visitatori ma contribuisce significativamente a migliorare il posizionamento nei motori di ricerca.
Inoltre, il coinvolgimento e l’interazione con i clienti e prospect sono aspetti chiave che il customer-centric marketing valorizza. Attraverso contenuti interattivi e una presenza attiva sui social media, le aziende possono generare un numero maggiore di condivisioni e ottenere link in entrata, elementi che supportano e portano vantaggi alla SEO. Stimolare discussioni e interazioni non solo aumenta la visibilità del sito, ma ne accresce anche l’autorevolezza agli occhi dei motori di ricerca.
Non meno importante è la personalizzazione e il targeting che rappresentano componenti essenziali di una strategia di marketing centrata sul cliente. L’utilizzo di dati e analisi per comprendere meglio i clienti consente di creare campagne di marketing più mirate ed efficaci. Questo, non solo migliora le conversioni, ma aumenta la pertinenza dei contenuti, fattore determinante per la SEO. I motori di ricerca, infatti, tendono a premiare i contenuti che rispondono con precisione alle query degli utenti, rendendo la personalizzazione un elemento chiave per il successo.
Creare contenuti di valore, ottimizzare l’esperienza utente, coinvolgere i clienti e personalizzare le campagne sono passaggi fondamentali per migliorare il posizionamento nei motori di ricerca e garantire un successo duraturo nel panorama digitale odierno.
Come implementare una strategia customer-centric
Per implementare una strategia customer-centric si parte dalla ricerca dei dati con relativa analisi, alla creazione di buyer personas fino all’ottimizzazione dei contenuti, tutti elementi imprescindibili per raggiungere gli obiettivi prefissati. Capire i comportamenti dei clienti e rispondere efficacemente alle loro esigenze consente di creare un’esperienza utente unica e di ottenere un miglior posizionamento nei motori di ricerca, garantendo così il successo a lungo termine dell’azienda nel mondo online, ma non solo, ricordiamoci che online e offline sono due mondi che si influenzano tra loro, ma questo è un altro argomento. Andiamo avanti e vediamo insieme i principali quattro punti per una strategia customer-centric.
Ricerca e analisi dei dati. Utilizza strumenti di analisi per raccogliere dati sui comportamenti dei clienti. Questo include l’analisi delle ricerche interne al sito, il monitoraggio delle interazioni sui social media e l’uso di sondaggi per ottenere feedback diretto.
Creazione di buyer personas. Sviluppa profili dettagliati dei tuoi clienti ideali per comprendere meglio le loro esigenze e preferenze. Questo ti aiuterà a creare contenuti più mirati e personalizzati.
Ottimizzazione del contenuto. Assicurati che il tuo contenuto sia informativo, utile e risponda alle domande dei tuoi clienti. Utilizza parole chiave in modo naturale e integrale nei tuoi articoli e pagine. Evita di scegliere parole che piacciono solo a te, trova il giusto compresso valutando cosa piace a te, cosa è appetibile per Google e cosa e come le persone cercano un determinato servizio, informazione o prodotto. Un mix strategico di questi elementi e i risultati arrivano.
Miglioramento continuo dell’UX. Monitora costantemente le prestazioni del tuo sito web e apporta miglioramenti per garantire un’esperienza utente fluida e soddisfacente.
Adottare un approccio customer-centric nel marketing non è solo una scelta strategica, ma una necessità nel contesto digitale in cui viviamo. È un modo più umano di fare marketing perché va oltre la semplice transazione e costruisce una storia e un’identità di marca che i clienti vogliono sostenere e promuovere. Ciò implica una narrazione che risuoni profondamente con i valori e gli interessi del cliente, creando un legame emotivo che supera il convenzionale rapporto di acquisto e vendita.
Trasformare i clienti in fan del brand e raggiungere la fidelizzazione richiede molto più di una strategia di prezzo competitivo o di marketing aggressivo. È necessario un impegno costante e una visione più ampia in cui, oltre ai meravigliosi numeri di business ci sia spazio per esigenze, bisogni e aspettative delle persone, sono loro il cuore pulsante del business.
Questo impegno si traduce in un’esperienza cliente che non solo invita alla ripetizione dell’acquisto, ma anche alla crescita del brand, elemento fondamentale per diventare un vero “love brand”. Ecco perché, come specialisti SEO e marketer, dobbiamo spingere le aziende a rivoluzionare il modo in cui comunicano, guardando oltre i numeri immediati e costruendo una base di clienti leali e appassionati.
Negli ultimi dieci anni, 17.000 negozi hanno chiuso nelle grandi città italiane, con un calo del 9% tra il 2013 e il 2023. Bari, Roma e Torino hanno registrato le maggiori perdite, mentre Milano, Napoli e Reggio Calabria hanno visto una crescita nel numero di negozi (fonte: Infocamere).
Questi dati sono accompagnati tipicamente da una frase (vedi anche il Sole24Ore di oggi): “La chiusura è stata causata dalla concorrenza dell’ecommerce“.
No. Ma proprio no. É comodo dirlo e forse a chi lavora duramente in quel settore farebbe anche piacere ma i numeri sono altri.
In Italia la penetrazione dell’e-commerce di prodotto è poco superiore al 10%.
Una quota che, a fatica, è cresciuta lentamente di anno in anno (come a dire: le sirene – eventualmente – sono partite da lontano). Le chiusure dei punti fisici (per altro invece fondamentali in una strategia multicanale) sono da attribuire ad altri fattori:
l’aumento dei costi in primis (canoni che schizzano alle stelle nelle grandi città),
la diminuzione del potere di acquisto dei consumatori (che ha impattato, per altro, anche sull’e-commerce),
la pandemia,
i grandi centri commerciali,
l’incapacità di adattare i propri modelli di vendita e, questo lo aggiungo io,
la non conoscenza delle lingue che non aiuta con i turisti (non ho dati, me la invento).
Sempre sul Sole24Ore di oggi: “un forte aumento degli acquisti sulle piattaforme e-commerce ha messo ulteriormente sotto pressione i negozi fisici”. Ma dove?
É vero che a “noi” del digitale piace sempre titolare che le cose vanno alla grande e che i numeri spaccano ma siamo sempre a poco più del 10% sul totale. L’e-commerce non sta uccidendo il retail, i negozianti hanno ben altri problemi se non vendono e non bisogna puntare il dito all’online.
Ci sono categorie merceologiche dove gli acquisti in rete hanno più presa (beauty e informatica, ma anche la moda ad esempio se la veleggia bene) ma non sono percentuali tali da mettere in ginocchio il retail che lavora bene.
Ora, giusto capire bene le ragioni delle chiusure dei negozi (tasse l’hanno scritto? non mi pare), ma non puntiamo sempre il dito verso l’e-commerce.
3 giorni intensi, pieni di incontri con vecchi e nuovi amici, di chiacchierate, molte risate, ma anche tanto lavoro e, soprattutto, quell’ascolto “attivo” di cui parlavo proprio nell’ultima newsletter. Questo è stato per me il We Make Future 2024.
Riassumere 3 giorni in un articolo… manco David Copperfield. Quindi mettiti l’anima in pace, c’è tanto da leggere, ma ti prometto che che se arrivi alla fine, qualcosa ti porti a casa!
Ho seguito vari stage, ma in modo particolare quelli dedicati al Brand ed all’AI. Questi gli interventi che mi hanno colpito maggiormente.
BRAND
Parlando di brand (tema che mi sta molto a cuore in questo periodo) Daniele Chieffi, Mirko Bruni e Nicolò Cappelletti, hanno provato a delineare i macro trend che definiranno i brand del futuro: 1) inclusività 2) sostenibilità e responsabilità sociale 3) comunicazione trasparente 4) no mega iniziative sociali che durano il tempo di una campagna social, meglio piccole azioni (anche local) ma seguite e consolidate nel tempo!
A monte di tutto ciò però ci sta sempre il prodotto. E meno male! Ma sentirlo ripetere mi ha fatto bene, con buona pace dei fuffaguru del marketing, che pensano si possa trascendere da un prodotto top per avere successo solo con la comunicazione ed il marketing. Bene così!
Valentina Falcinelli mi ha davvero sorpreso, per la capacità di semplificare in alcune slide la definizione dei codici di marca (visivi, sonori, olfattivi e verbali). Se t’interessa approfondire i concetti di “marketing sensoriale” vale la pena seguirla, anche perché usa una dialettica divertente e spiritosa. Brava!
Mariano Diotto ha approfondito alcuni concetti di neuromarketing, per aiutare i brand a comprendere meglio i processi decisionali dei consumatori ed adattare le loro strategie di marketing in modo più preciso ed efficace. Ti devi posizionare in un segmento di mercato già abbondantemente presidiato? Prova ad abbinare categorie semantiche distanti! ES. Pandora: settore gioielleria – categoria semantica gioielli + categoria semantica personalizzazione = Pandora il gioiello fai da te (personalizzato).
Alberto Collet ha raccontato come progettare un brand, partendo dall’analisi ed unendo le esigenze di clienti e collaboratori. Fondamentale la “coerenza”: 1) valoriale (tra clienti e comunicazione interna) 2) di posizionamento (tra clienti e collaboratori) 3) coerenza interna (tra collaboratori e comunicazione interna).
AI
Sergio Spaccavento ha dato una dimostrazione pratica di come le macchine oggi superino ampiamente il test di Turing. 2 poesie a confronto, qual è quella scritta dall’AI? E la maggior parte dei presenti (me compreso) ha indicato come “umana” quella scritta dall’AI. Istruttivo e divertente. Test che sicuramente utilizzerò per qualche mio speech.
Alessandro Mininno mi ha fatto riflettere sul concetto di lavoro. I robot hanno sostituito l’uomo nelle catene di montaggio, prima nei lavori ripetitivi e pesanti (muscolari), poi anche in quelli di precisione. Oggi possiamo immaginare l’AI come sostituto di tutti quei lavori “cerebrali muscolari”. Il punto vero, in questo caso, sarà riconoscere per tempo i lavori cerebrali di tipo muscolare. Quei lavori ripetitivi, standardizzati ed analitici, che delegheremo senza problemi all’AI.
Jacopo Perfetti si spinge oltre, affermando che, come professionisti, non saremo più chiamati per “cosa” siamo (avvocati, commercialisti, marketing manager, giornalisti), quanto per “come” lo siamo. Ed allora il personalbranding di ognuno di noi diventerà sempre più determinante nella scelta del cliente.
Andrea Cecchetti, proprio nel contesto di un personal branding sempre più indispensabile in futuro, ha illustrato alcune funzionalità di LinkedIn potenziate con l’intelligenza artificiale. E’ già possibile creare in modo automatico dei messaggi che vengono personalizzati sulla base delle tue competenze, in virtù delle competenze e delle possibili necessità del collegamento che stai contattando. E si può personalizzare anche il messaggio di follow up.
Marco Quadrella perfeziona questo ragionamento sostenendo come nel giro di qualche anno avremo gemelli digitali (digital twin) che svolgeranno per noi alcuni compiti di base, liberando tempo al professionista, che si potrà dedicare ad attività a più alto valore aggiunto per il cliente. L’AI in questo contesto non è un tuo “concorrente”, quanto lo sono invece i tuoi competitor che hanno già iniziato ad utilizzare questi strumenti.
Massimo Chiriatti è stato, come sempre, illuminante. Per me inizia ad essere un vero mito. Non tanto per quello che dice sull’AI (sempre ad un livello molto elevato), quanto per la capacità di accendere in me delle lampadine (pensiero laterale lo chiamerebbero quelli bravi). Massimo sostiene che una stessa parola può assumere diversi significati, a secondo del contesto e di chi la pronuncia. E fa alcuni esempi. Quando possiamo definire una macchina “autonoma”? Per un ingegnere una macchina è autonoma quando svolge da sola un compito (es. un robot in una catena di montaggio). Per un economista quando sostituisce lavoro umano, facendo risparmiare quel costo (es. un robot tagliaerba che sostituisce un giardiniere). Per un filosofo una macchina sarà autonoma solo quando sarà libera di scegliere (ed in questa accezione nessuna intelligenza artificiale, programmata su algoritmi, potrà forse mai esserlo veramente).
Ed eccola allora la lampadina che ha acceso.
Mi sono domandato perché dobbiamo arrovellarci nel cercare di definire cosa è l’intelligenza artificiale? Quando ancora non siamo riusciti definire univocamente cosa è l’intelligenza! Stando al Dizionario Treccani: “capacità di adattarsi a situazioni nuove o anche di modificare una situazione quando presenta degli ostacoli”.
Se l’uomo scatenasse una guerra nucleare (oltre a decretare il suo scarso livello di intelligenza) e scomparisse dalla faccia della terra, probabilmente qualche batterio si adatterebbe all’ambiente e resterebbe in vita.
Un batterio è intelligente? Più intelligente di un essere umano?
Io sono per lasciare da parte le definizioni e concentrarsi su quanto di buono possiamo fare con questi nuovi strumenti.
IMPAREREMO MAI AD ESSERE OBIETTIVI E CRITICI CON NOI STESSI?
CuDriEc al WMF
“L’AI non può essere creativa, perché impara da quanto già prodotto”. E’ stata un’altra affermazione frequente. Ora io mi domando: ma perché ognuno di noi su cosa si è formato? Io ho studiato su testi prodotti fino ad oggi, te non lo so. Ma se hai un segreto dillo! E l’AI? Ha fatto la stessa cosa. Con la differenza che di testi ha letto tutti quelli prodotti al mondo.
“L’AI non scopre nulla di nuovo” Non del tutto corretto. I vaccini COVID-19 ed oggi i cosiddetti “superantibiotici” sono stati messi a punto grazie ad un massiccio impiego di AI.
“L’AI rappresenta una rivoluzione equiparabile al telaio a vapore, all’energia elettrica, ad Internet…” e chi più ne ha più ne metta. E’ un’altra domanda che ho sentito spesso tra i vari speech. Tutti concordi nel dire che si, sarà “disruptive”, in molti settori… salvo quello dello speaker. “Ma ci sarà sempre bisogno del traduttore che saprà leggere tra le righe ed interpretare le sfumature del discorso”. “Ma ci sarà sempre bisogno del correttore di bozze, che con la sua esperienza sa rendere scorrevole il discorso”. “Ma ci sarà sempre bisogno del grafico, che in creatività non potrà mai essere superato da una macchina”. “Ma ci sarà sempre bisogno dell’esperto SEO che con la sua esperienza ottimizza il sito e sceglie parole chiave”. Ma… sempre un ma, quando si tratta di noi. Perché l’uomo è sempre progressista con gli altri e conservatore con se stesso.
Alec Ross ha evidenziato come in Italia ci siano ancora troppi vecchi, quasi esclusivamente uomini, nelle posizioni apicali delle aziende. Va bene discutere e definire in mille modi il gender gap, meglio sarebbe agire, e farlo subito. Non farlo significa competere solo con il 50% dei talenti del nostro Paese. Semplicemente, non ce lo possiamo permettere.
Allargando il ragionamento all’intelligenza artificiale io credo che piuttosto che interrogarci sul cos’è, quanti e quali lavori sono a rischio, in quanto tempo, come regolamentarla (tutto corretto, sacrosanto e necessario), sarebbe meglio iniziare ad utilizzarla tutti, e subito. Non farlo significa competere con molto meno del 50% di potenza cerebrale. Semplicemente, non ce lo possiamo permettere.
Il Content Marketing è un mondo affascinante e ricco di preziose sfumature. Come sviluppare la giusta “sinergia” nella generazione e valorizzazione di contenuti, attraverso un efficace lavoro di squadra tra agenzia, cliente e le varie aree del suo business?
Vediamo 3 aspetti fondamentali con Federica Argentieri, Ceo e Founder di Timotico, agenzia di content marketing che opera in Regno Unito ed in Italia, che abbraccia il mondo dei contenuti a 360°, dal copywriting, al videomarketing, dal graphic design, alla fotografia, fino al sound marketing.
Consapevolezza ed integrazione tecnologica
Federica: Spesso, imprenditori ed aziende non sono pienamente consapevoli di ciò di cui hanno realmente bisogno e delle potenzialità del digital marketing in generale. In qualità di professionisti, il nostro compito è guidarli nei loro primi passi, evitando di proporre loro soluzioni troppo complicate o non sostenibili economicamente.
Dobbiamo fare in modo che le nostre soluzioni siano ben integrate all’interno dei loro sistemi. Per esempio possiamo creare dei contenuti fantastici da diffondere, ma se poi ci sono evidenti carenze a livello tecnico per la distribuzione di tali contenuti, bisognerà prima risolvere quei passaggi, da soli, o con dei partner strategici lì dove necessario. Per farlo è fondamentale lavorare in sinergia.
Alessandro: Sono d’accordo, una delle maggiori sfide che le agenzie affrontano è la mancanza di consapevolezza, da parte del cliente, delle loro effettive necessità e possibilità di operare nel campo digitale. Un esempio pratico. Tutti oramai parlano di intelligenza artificiale, machine learning, ecc. anche quando si prospettano soluzioni che con questi hanno poco o nulla a che fare. O, peggio ancora, quando tali implementazioni sarebbero assai costose per l’azienda e poco utili dal punto di vista dei risultati immediati.
L’integrazione di tecnologia richiede una pianificazione meticolosa, ed una collaborazione stretta con il team IT del cliente per assicurare una transizione senza intoppi. E’ come acquistare una Ferrari con l’intento di correre subito il campionato Gran Turismo. Io farei prima dei corsi di guida sportiva, guida veloce e guida sicura. No?
Valorizzazione dei contenuti aziendali
Federica: Solo lavorando in sinergia con ogni aspetto dell’azienda è possibile creare contenuti realmente efficaci: dalla proposta unica di valore del prodotto al carattere dell’imprenditore, dalle iniziative goliardiche interne al team ai valori aziendali. Inoltre, l’ascolto dell’utente finale attraverso il reparto commerciale può generare nuove idee di comunicazione, ma anche iniziative e prodotti.
Un esempio magistrale di sinergia è rappresentato dalla Disney. La compagnia permette ad ogni area del business di comunicare e creare iniziative, prodotti e contenuti, realizzando un marketing eccezionale che esploro nel mio libro “Disney Business“. Un singolo film, infatti, può tranquillamente essere declinato in un album discografico, uno spettacolo teatrale, un peluche, una giostra in un parco divertimenti, un quiz su Facebook o un filtro su TikTok.
Alessandro: Per mettere in pratica quanto proponi Federica è necessario poter “vivere” l’azienda cliente. Utilizzare strumenti di social listening e tecniche di sentiment analysis, anche sfruttando l’AI, può offrire preziose informazioni per adattare le strategie di comunicazione e sviluppo prodotto.
Ma… Ma solo vivendo l’azienda e stabilendo quella che tu chiami “sinergia” con dipendenti, clienti, fornitori e proprietà sarà possibile conoscere a tutto tondo l’azienda e stabilire connessioni profonde e durature con tutti gli attori coinvolti. Ne parla spesso un’amica che abbiamo in comune (Giulia Bezzi, ti fischiano le orecchie?): “Intelligenza artificiale si, per avere più tempo da dedicare al cliente”.
Collaborazione ed efficienza operativa
Federica: Esattamente Alessandro, e infatti la chiave risiede proprio in un lavoro di squadra efficace, possibile attraverso due modalità: la collaborazione con un’agenzia che lavori in piena sintonia con l’azienda, un metodo che siamo felici di implementare con i nostri clienti, e/o l’internalizzazione di un ufficio marketing efficiente. Tuttavia, personalmente non consiglio in esclusiva questa seconda opzione nelle prime fasi di un’attività, poiché i costi fissi e di gestione sono molto meno sostenibili rispetto ai pacchetti di servizi offerti da un’agenzia, che spesso e volentieri risultano più completi rispetto a quanto può offrire un singolo professionista, a volte anche allo stesso prezzo.
Infatti, mi è capitato di confrontarmi spesso con clienti che si sono affidati solo a un singolo professionista verticale che, però, non ha tutte le risposte alle esigenze dell’azienda. Di conseguenza, sarà comunque necessario rivolgersi ad un’agenzia esterna con al suo interno professionisti con diverse competenze per mettere a punto una strategia online efficiente, almeno fino a quando, o se, verrà creato un vero e proprio ufficio marketing interno. Consideriamo infatti che molte grandi aziende, pur internalizzando alcune figure chiave in ambito marketing, continuano comunque a rivolgersi a delle agenzie per un’ottimizzazione dei costi/risultati e/o per una maggiore garanzia di qualità.
Alessandro: Il marketing, soprattutto quello digitale, è sempre più iper specializzato. Fino a qualche tempo fa si parlava del “social media manager”. Oggi un professionista che si presenti con questa skill è secondo me poco credibile. Siamo sicuri che un unico professionista sia in grado di curare e gestire le pagine Facebook, Instagram, TikTok, Pinterest, X, Snapchat, LinkedIn? Per non parlare di piattaforme come YouTube, Twitch, Spotify, ecc. Motivo per cui concordo con te nel pensare che né un team interno, tantomeno un singolo professionista, possa offrire un servizio che miri all’eccellenza in ogni social/canale.
Crediamo così tanto nella necessità di strutturare “sinergie” che in CuDriEc abbiamo creato un “DIGITAL INNOVATION HUB”, con lo scopo di garantire il più elevato standard qualitativo ai nostri clienti. L’hub ci consente di integrare le competenze del team interno con quelle di professionisti ed agenzie esterne, selezionandoli in base alla complessità di ciascun progetto che ci viene affidato.
Argomento di questo articolo “a 4 mani” è il turismo e l’impatto che il digitale ha avuto ed avrà nei prossimi anni su questo settore trainante dell’economia del nostro Paese. Ne ragiono con Alessia Bianco, laureata magistrale in “Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici” e vincitrice del Premio America Giovani per il talento universitario 2022. Buona lettura!
Da marzo 2020 la popolazione mondiale è stata messa a dura prova dal virus Sars-Cov-2, sfociato, poi, in una vera e propria pandemia. Il settore turistico è stato uno dei più colpiti ma, allo stesso tempo, uno dei settori maggiormente capace di cambiare ed adattarsi alle novità, anche grazie alla digitalizzazione.
Turismo e digitale
Alessia: Durante il lockdown sono state sviluppate, ed oggi sono di uso comune, le visita da remoto a musei e luoghi della cultura, mediante l’utilizzo della realtà virtuale. Una fruizione diversa di uno stesso luogo, finalmente disponibile anche a persone impossibilitate per vari motivi a recarsi sul posto, che amplia la platea di “turisti”, con conseguente aumento di introiti per la location. Credo che questo strumento potrà essere ulteriormente sviluppato nei prossimi anni.
Alessandro: Sono d’accordo, la cosa che più mi piace di questo nuovo turismo digitale è la possibilità di viaggiare che viene restituita a persone con disabilità o difficoltà motorie. Rendendo di nuovo accessibili luoghi che altrimenti sarebbero esclusi alla visita ed alla fruizione di esperienze culturali. Da un punto di vista di marketing, questa espansione della platea di potenziali “turisti virtuali” si traduce in un aumento degli introiti per le location culturali, grazie a nuovi modelli di monetizzazione basati su accessi virtuali, vendite di contenuti esclusivi e sponsorizzazioni digitali.
Dovrebbero essere gli stessi proprietari o gestori ad investire per virtualizzare i luoghi. Invece spesso ancora ci sentiamo dire: “Così la gente visita da casa e non viene sul posto”. Significa non aver capito le potenzialità dello strumento ed il tipo di servizio offerto. Salvo poi, dove abbiamo realizzato qualcosa di simile (Museo della Ceramica ed Eco Museo della Via Amerina), sentire commenti entusiasti di turisti che, avendo pregustato da casa le bellezze del posto, decidono di visitarlo realmente.
Social network
Alessia: Altro aspetto di fondamentale importanza nel mondo del turismo è l’utilizzo corretto dei social network. Sempre più utilizzati in campo turistico per “vendere” una destinazione, ma anche per instaurare un rapporto con il turista ancor prima del suo arrivo (o dopo la sua partenza).
Quest’ultimo prima di intraprendere una vacanza è generalmente portato a cercare informazioni sulla possibile meta tramite, appunto, i social network. Il vantaggio dell’essere presente su un social network per una meta turistica non finisce però qui: se il turista ha dei dubbi pre – partenza è possibile instaurare con lui un dialogo rassicurandolo su tutti gli aspetti per lui più importanti ed al contempo tenere i contatti con il visitatore durante e dopo il suo rientro a casa.
Un aspetto fondamentale è comprendere come tutto ciò che viene inserito su queste piattaforme deve essere reale e veritiero: un turista che una volta arrivato in loco non trova ciò che gli era stato prospettato sarà scontento e di conseguenza potrà dare avvio ad un passaparola negativo. Proprio con l’avvento del digitale si è passati al passaparola online, il cosiddetto e-wom.
Alessandro: Su questo punto con me sfondi una porta aperta… Da tempo sostengo la necessità di passare all’expertelling (la narrazione di esperienze vissute, reali e personali), in sostituzione del più affabulatorio storytelling.
Turismo fai da te
Alessia: Un altro impatto del digitale nella sfera turistica lo si riscontra nell’incremento di quello che viene definito “turismo fai da te”. Sempre più persone preferiscono realizzare i propri viaggi da soli, senza recarsi nelle varie agenzie di viaggio.
Da qui si apre un grande interrogativo: continuando così si può rischiare di veder chiuse un gran numero di agenzie per mancanza di introiti? Queste ultime sono già state drasticamente messe a dura prova, come d’altronde l’intero settore, con la pandemia; con l’avvento della tecnologia digitale, dunque, rischieranno ancora di più?
Alessandro: L’aumento del “turismo fai da te”, facilitato dalle tecnologie digitali, rappresenta sicuramente una sfida significativa per le agenzie di viaggio tradizionali. Ma le agenzie più lungimiranti possono rispondere a questa sfida reinventando i propri servizi. Ad esempio puntando su offerte personalizzate, esperienze esclusive e consulenze specializzate che le piattaforme digitali non possono facilmente replicare.
Inoltre, possono sfruttare le tecnologie digitali ed oggi l’intelligenza artificiale per migliorare l’efficienza e l’efficacia operativa della propria comunicazione con i clienti, offrendo un valore aggiunto che giustifichi la scelta di rivolgersi ad un professionista rispetto al fai-da-te.
Questo significa maggior sforzo? Maggior lavoro? Certo! Rispetto ad aprire un catalogo cartaceo e mostrare mete e prezzi sicuramente si, ma grazie a digitale ed intelligenza artificiale molti lavori “ripetitivi” potrebbero essere automatizzati. Il tempo risparmiato dovrebbe essere impiegato ad inventare e proporre servizi a valore aggiunto ai clienti.
Innanzitutto cosa è “SGE”? Per chi ancora non lo sapesse è la parte di AI nella porzione alta del vostro smartphone o desktop quando cercate su Google (ancora non attivo in Italia): Search Generative Experience (SGE), una feature che mira a fornire delle risposte più complete grazie all’uso dell’AI.
Ogni settimana, con il mio team, abbiamo istituito l’ora di navigazione per trarre ispirazione, pensare a nuove strategie, confrontarci e ora voglio iniziare a raccontare delle cose secondo la mia esperienza.
Non so se, quando arriverà in Italia, sarà proprio così o ci saranno delle modifiche, nel tempo ne sono certa, Google fermo non sta.
Tutti possiamo dire la nostra in merito, l’importante è aggiungere “buonsenso” e “dipende” all’inizio e alla fine della frase.
Come dice Giuseppe Stigliano, accanto a Kotler, nel loro “Rivoluzione Retail” parlando di Retail 5.0: “Le organizzazioni ammetteranno quanto sia sensato concentrarsi sui canali ed i touchpoints più rilevanti, ottimizzando le risorse, anziché lasciandosi ammaliare dalla possibilità di essere onnipresenti, rischiando di frammentarle e diminuire la loro efficacia”.
Con queste premesse ed applicando il buonsenso che mi ha portato fin qui (ed il dipende dal mercato, ma non troppo), comincerei a pensare di:
assicurarmi una buona EEAT – Esperienza Competenza Autorevolezza Affidabilità, con tante belle recensioni, uno stuolo di persone EEAT addicted che parlino dei vostri prodotti e servizi e un servizio di PR super wow [Vedi RoiEdizioni che mi segue con affetto e mi manda sempre il libro perfetto così che lo recensisca, ed essendo una micro-influencer, porti all’acquisto le mie persone].
usare le AI qb per avere delle schede prodotto fantasticose, basta tristezza e agonia, diamoci all’Amazon Style senza paura [Vedi WordLift e meraviglie simili].
aggiungere contenuti informazionali non solo nel nostro sito ma, anche, nei siti autorevoli e qui ok AI ma, anche tanto tantissimo sesto senso e mezzo di Dylan Dog [Vedi Digital Trails di cui a breve uscirà l’intervista sul blog di Valnan].
decidere quali sono i canali social da presidiare con dei Brand Ambassador, accanto ai Content Creator che fanno per il vostro settore, per cui trattiamo bene le nostre persone perché perderemo la loro professionalità, passione ed entusiasmo insieme alla loro condivisione [per cui basta canali YouTube con i 3 video delle feste della vostra Azienda, fa miseria e basta].
MA, SOPRATTUTTO, AVERE CURA DEL NOSTRO PUBBLICO: coccolarlo, incantarlo, ammaliarlo, amarlo perché rimane sempre il nostro primo Brand Ambassador, quello che spinge altre persone all’acquisto, quello che compra anche se aumentiamo di qualcosa il prezzo, quello che non butta la recensione di M ma ci scrive in privato per farci recuperare, quello che ha cura reciprocamente di noi e, assolutamente, colui che ci paga tutto quello che ho scritto sopra, persone del nostro team comprese.