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Generazione di contenuti: l’importanza della sinergia con il cliente

Il Content Marketing è un mondo affascinante e ricco di preziose sfumature. Come sviluppare la giusta “sinergia” nella generazione e valorizzazione di contenuti, attraverso un efficace lavoro di squadra tra agenzia, cliente e le varie aree del suo business?

Vediamo 3 aspetti fondamentali con Federica Argentieri, Ceo e Founder di Timotico, agenzia di content marketing che opera in Regno Unito ed in Italia, che abbraccia il mondo dei contenuti a 360°, dal copywriting, al videomarketing, dal graphic design, alla fotografia, fino al sound marketing.

Consapevolezza ed integrazione tecnologica

Federica: Spesso, imprenditori ed aziende non sono pienamente consapevoli di ciò di cui hanno realmente bisogno e delle potenzialità del digital marketing in generale. In qualità di professionisti, il nostro compito è guidarli nei loro primi passi, evitando di proporre loro soluzioni troppo complicate o non sostenibili economicamente.

Dobbiamo fare in modo che le nostre soluzioni siano ben integrate all’interno dei loro sistemi. Per esempio possiamo creare dei contenuti fantastici da diffondere, ma se poi ci sono evidenti carenze a livello tecnico per la distribuzione di tali contenuti, bisognerà prima risolvere quei passaggi, da soli, o con dei partner strategici lì dove necessario. Per farlo è fondamentale lavorare in sinergia.

Alessandro: Sono d’accordo, una delle maggiori sfide che le agenzie affrontano è la mancanza di consapevolezza, da parte del cliente, delle loro effettive necessità e possibilità di operare nel campo digitale. Un esempio pratico. Tutti oramai parlano di intelligenza artificiale, machine learning, ecc. anche quando si prospettano soluzioni che con questi hanno poco o nulla a che fare. O, peggio ancora, quando tali implementazioni sarebbero assai costose per l’azienda e poco utili dal punto di vista dei risultati immediati.

L’integrazione di tecnologia richiede una pianificazione meticolosa, ed una collaborazione stretta con il team IT del cliente per assicurare una transizione senza intoppi. E’ come acquistare una Ferrari con l’intento di correre subito il campionato Gran Turismo. Io farei prima dei corsi di guida sportiva, guida veloce e guida sicura. No?

Valorizzazione dei contenuti aziendali

Federica: Solo lavorando in sinergia con ogni aspetto dell’azienda è possibile creare contenuti realmente efficaci: dalla proposta unica di valore del prodotto al carattere dell’imprenditore, dalle iniziative goliardiche interne al team ai valori aziendali. Inoltre, l’ascolto dell’utente finale attraverso il reparto commerciale può generare nuove idee di comunicazione, ma anche iniziative e prodotti.

Un esempio magistrale di sinergia è rappresentato dalla Disney. La compagnia permette ad ogni area del business di comunicare e creare iniziative, prodotti e contenuti, realizzando un marketing eccezionale che esploro nel mio libro “Disney Business“. Un singolo film, infatti, può tranquillamente essere declinato in un album discografico, uno spettacolo teatrale, un peluche, una giostra in un parco divertimenti, un quiz su Facebook o un filtro su TikTok.

Alessandro: Per mettere in pratica quanto proponi Federica è necessario poter “vivere” l’azienda cliente. Utilizzare strumenti di social listening e tecniche di sentiment analysis, anche sfruttando l’AI, può offrire preziose informazioni per adattare le strategie di comunicazione e sviluppo prodotto.

Ma… Ma solo vivendo l’azienda e stabilendo quella che tu chiami “sinergia” con dipendenti, clienti, fornitori e proprietà sarà possibile conoscere a tutto tondo l’azienda e stabilire connessioni profonde e durature con tutti gli attori coinvolti. Ne parla spesso un’amica che abbiamo in comune (Giulia Bezzi, ti fischiano le orecchie?): “Intelligenza artificiale si, per avere più tempo da dedicare al cliente”.

Collaborazione ed efficienza operativa

Federica: Esattamente Alessandro, e infatti la chiave risiede proprio in un lavoro di squadra efficace, possibile attraverso due modalità: la collaborazione con un’agenzia che lavori in piena sintonia con l’azienda, un metodo che siamo felici di implementare con i nostri clienti, e/o l’internalizzazione di un ufficio marketing efficiente. Tuttavia, personalmente non consiglio in esclusiva questa seconda opzione nelle prime fasi di un’attività, poiché i costi fissi e di gestione sono molto meno sostenibili rispetto ai pacchetti di servizi offerti da un’agenzia, che spesso e volentieri risultano più completi rispetto a quanto può offrire un singolo professionista, a volte anche allo stesso prezzo.

Infatti, mi è capitato di confrontarmi spesso con clienti che si sono affidati solo a un singolo professionista verticale che, però, non ha tutte le risposte alle esigenze dell’azienda. Di conseguenza, sarà comunque necessario rivolgersi ad un’agenzia esterna con al suo interno professionisti con diverse competenze per mettere a punto una strategia online efficiente, almeno fino a quando, o se, verrà creato un vero e proprio ufficio marketing interno. Consideriamo infatti che molte grandi aziende, pur internalizzando alcune figure chiave in ambito marketing, continuano comunque a rivolgersi a delle agenzie per un’ottimizzazione dei costi/risultati e/o per una maggiore garanzia di qualità.

Alessandro: Il marketing, soprattutto quello digitale, è sempre più iper specializzato. Fino a qualche tempo fa si parlava del “social media manager”. Oggi un professionista che si presenti con questa skill è secondo me poco credibile. Siamo sicuri che un unico professionista sia in grado di curare e gestire le pagine Facebook, Instagram, TikTok, Pinterest, X, Snapchat, LinkedIn? Per non parlare di piattaforme come YouTube, Twitch, Spotify, ecc. Motivo per cui concordo con te nel pensare che né un team interno, tantomeno un singolo professionista, possa offrire un servizio che miri all’eccellenza in ogni social/canale.

Crediamo così tanto nella necessità di strutturare “sinergie” che in CuDriEc abbiamo creato un “DIGITAL INNOVATION HUB”, con lo scopo di garantire il più elevato standard qualitativo ai nostri clienti. L’hub ci consente di integrare le competenze del team interno con quelle di professionisti ed agenzie esterne, selezionandoli in base alla complessità di ciascun progetto che ci viene affidato.

Turismo e digitale: quale futuro?

Argomento di questo articolo “a 4 mani” è il turismo e l’impatto che il digitale ha avuto ed avrà nei prossimi anni su questo settore trainante dell’economia del nostro Paese. Ne ragiono con Alessia Bianco, laureata magistrale in “Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici” e vincitrice del Premio America Giovani per il talento universitario 2022. Buona lettura!

Da marzo 2020 la popolazione mondiale è stata messa a dura prova dal virus Sars-Cov-2, sfociato, poi, in una vera e propria pandemia. Il settore turistico è stato uno dei più colpiti ma, allo stesso tempo, uno dei settori maggiormente capace di cambiare ed adattarsi alle novità, anche grazie alla digitalizzazione.

Turismo e digitale

Alessia: Durante il lockdown sono state sviluppate, ed oggi sono di uso comune, le visita da remoto a musei e luoghi della cultura, mediante l’utilizzo della realtà virtuale. Una fruizione diversa di uno stesso luogo, finalmente disponibile anche a persone impossibilitate per vari motivi a recarsi sul posto, che amplia la platea di “turisti”, con conseguente aumento di introiti per la location. Credo che questo strumento potrà essere ulteriormente sviluppato nei prossimi anni.

Alessandro: Sono d’accordo, la cosa che più mi piace di questo nuovo turismo digitale è la possibilità di viaggiare che viene restituita a persone con disabilità o difficoltà motorie. Rendendo di nuovo accessibili luoghi che altrimenti sarebbero esclusi alla visita ed alla fruizione di esperienze culturali. Da un punto di vista di marketing, questa espansione della platea di potenziali “turisti virtuali” si traduce in un aumento degli introiti per le location culturali, grazie a nuovi modelli di monetizzazione basati su accessi virtuali, vendite di contenuti esclusivi e sponsorizzazioni digitali.

Dovrebbero essere gli stessi proprietari o gestori ad investire per virtualizzare i luoghi. Invece spesso ancora ci sentiamo dire: “Così la gente visita da casa e non viene sul posto”. Significa non aver capito le potenzialità dello strumento ed il tipo di servizio offerto. Salvo poi, dove abbiamo realizzato qualcosa di simile (Museo della Ceramica ed Eco Museo della Via Amerina), sentire commenti entusiasti di turisti che, avendo pregustato da casa le bellezze del posto, decidono di visitarlo realmente.

Social network

Alessia: Altro aspetto di fondamentale importanza nel mondo del turismo è l’utilizzo corretto dei social network. Sempre più utilizzati in campo turistico per “vendere” una destinazione, ma anche per instaurare un rapporto con il turista ancor prima del suo arrivo (o dopo la sua partenza).

Quest’ultimo prima di intraprendere una vacanza è generalmente portato a cercare informazioni sulla possibile meta tramite, appunto, i social network. Il vantaggio dell’essere presente su un social network per una meta turistica non finisce però qui: se il turista ha dei dubbi pre – partenza è possibile instaurare con lui un dialogo rassicurandolo su tutti gli aspetti per lui più importanti ed al contempo tenere i contatti con il visitatore durante e dopo il suo rientro a casa.

Un aspetto fondamentale è comprendere come tutto ciò che viene inserito su queste piattaforme deve essere reale e veritiero: un turista che una volta arrivato in loco non trova ciò che gli era stato prospettato sarà scontento e di conseguenza potrà dare avvio ad un passaparola negativo. Proprio con l’avvento del digitale si è passati al passaparola online, il cosiddetto e-wom.

Alessandro: Su questo punto con me sfondi una porta aperta… Da tempo sostengo la necessità di passare all’expertelling (la narrazione di esperienze vissute, reali e personali), in sostituzione del più affabulatorio storytelling.

Turismo fai da te

Alessia: Un altro impatto del digitale nella sfera turistica lo si riscontra nell’incremento di quello che viene definito “turismo fai da te”. Sempre più persone preferiscono realizzare i propri viaggi da soli, senza recarsi nelle varie agenzie di viaggio.

Da qui si apre un grande interrogativo: continuando così si può rischiare di veder chiuse un gran numero di agenzie per mancanza di introiti? Queste ultime sono già state drasticamente messe a dura prova, come d’altronde l’intero settore, con la pandemia; con l’avvento della tecnologia digitale, dunque, rischieranno ancora di più?

Alessandro: L’aumento del “turismo fai da te”, facilitato dalle tecnologie digitali, rappresenta sicuramente una sfida significativa per le agenzie di viaggio tradizionali. Ma le agenzie più lungimiranti possono rispondere a questa sfida reinventando i propri servizi. Ad esempio puntando su offerte personalizzate, esperienze esclusive e consulenze specializzate che le piattaforme digitali non possono facilmente replicare.

Inoltre, possono sfruttare le tecnologie digitali ed oggi l’intelligenza artificiale per migliorare l’efficienza e l’efficacia operativa della propria comunicazione con i clienti, offrendo un valore aggiunto che giustifichi la scelta di rivolgersi ad un professionista rispetto al fai-da-te.

Questo significa maggior sforzo? Maggior lavoro? Certo! Rispetto ad aprire un catalogo cartaceo e mostrare mete e prezzi sicuramente si, ma grazie a digitale ed intelligenza artificiale molti lavori “ripetitivi” potrebbero essere automatizzati. Il tempo risparmiato dovrebbe essere impiegato ad inventare e proporre servizi a valore aggiunto ai clienti.

Navigando GOOGLE SGE

Innanzitutto cosa è “SGE”? Per chi ancora non lo sapesse è la parte di AI nella porzione alta del vostro smartphone o desktop quando cercate su Google (ancora non attivo in Italia): Search Generative Experience (SGE), una feature che mira a fornire delle risposte più complete grazie all’uso dell’AI.

Ogni settimana, con il mio team, abbiamo istituito l’ora di navigazione per trarre ispirazione, pensare a nuove strategie, confrontarci e ora voglio iniziare a raccontare delle cose secondo la mia esperienza.

  1. Non so se, quando arriverà in Italia, sarà proprio così o ci saranno delle modifiche, nel tempo ne sono certa, Google fermo non sta.
  2. Tutti possiamo dire la nostra in merito, l’importante è aggiungere “buonsenso” e “dipende” all’inizio e alla fine della frase.
  3. Come dice Giuseppe Stigliano, accanto a Kotler, nel loro “Rivoluzione Retail” parlando di Retail 5.0: “Le organizzazioni ammetteranno quanto sia sensato concentrarsi sui canali ed i touchpoints più rilevanti, ottimizzando le risorse, anziché lasciandosi ammaliare dalla possibilità di essere onnipresenti, rischiando di frammentarle e diminuire la loro efficacia”.

Con queste premesse ed applicando il buonsenso che mi ha portato fin qui (ed il dipende dal mercato, ma non troppo), comincerei a pensare di:

  • assicurarmi una buona EEAT – Esperienza Competenza Autorevolezza Affidabilità, con tante belle recensioni, uno stuolo di persone EEAT addicted che parlino dei vostri prodotti e servizi e un servizio di PR super wow [Vedi RoiEdizioni che mi segue con affetto e mi manda sempre il libro perfetto così che lo recensisca, ed essendo una micro-influencer, porti all’acquisto le mie persone].
  • usare le AI qb per avere delle schede prodotto fantasticose, basta tristezza e agonia, diamoci all’Amazon Style senza paura [Vedi WordLift e meraviglie simili].
  • aggiungere contenuti informazionali non solo nel nostro sito ma, anche, nei siti autorevoli e qui ok AI ma, anche tanto tantissimo sesto senso e mezzo di Dylan Dog [Vedi Digital Trails di cui a breve uscirà l’intervista sul blog di Valnan].
  • decidere quali sono i canali social da presidiare con dei Brand Ambassador, accanto ai Content Creator che fanno per il vostro settore, per cui trattiamo bene le nostre persone perché perderemo la loro professionalità, passione ed entusiasmo insieme alla loro condivisione [per cui basta canali YouTube con i 3 video delle feste della vostra Azienda, fa miseria e basta].

MA, SOPRATTUTTO, AVERE CURA DEL NOSTRO PUBBLICO: coccolarlo, incantarlo, ammaliarlo, amarlo perché rimane sempre il nostro primo Brand Ambassador, quello che spinge altre persone all’acquisto, quello che compra anche se aumentiamo di qualcosa il prezzo, quello che non butta la recensione di M ma ci scrive in privato per farci recuperare, quello che ha cura reciprocamente di noi e, assolutamente, colui che ci paga tutto quello che ho scritto sopra, persone del nostro team comprese.

google sge

G7 2024 Side Event: il 12 giugno un incontro per approfondire sfide ed opportunità legate all’AI

Istituto EuropIA e Humans.tech hanno organizzato l’evento L’Italia, l’Europa ed il mondo unito per un giusto impiego dell’Intelligenza Artificiale,” che si terrà il 12 giugno 2024 presso la Masseria Cuturi a Manduria (TA). Questo incontro si svolgerà come evento collaterale del G7, con l’obiettivo di favorire un dialogo costruttivo tra istituzioni, imprese ed enti di ricerca sulle sfide e le opportunità legate all’IA.

L’evento si concentrerà sulle macro-tendenze del settore, strategie nazionali ed europee ed il ruolo degli organismi internazionali nella governance dell’IA. Parteciperanno esperti nazionali ed internazionali che condivideranno le loro esperienze e visioni, offrendo un’occasione unica per approfondire questi temi cruciali.

Agenda del Vertice

Il programma prevede sessioni dedicate all’applicazione dell’IA nei settori primario, secondario e terziario, con un focus particolare sulle necessità dell’IA nella Pubblica Amministrazione. Sarà inoltre posto l’accento sull’importanza della “AI literacy“, per educare i cittadini sugli effetti e i benefici delle tecnologie emergenti. Questa iniziativa rientra nel Progetto Pedagog-IA, volto a promuovere un programma di educazione civica sull’IA per una comprensione più consapevole dell’innovazione.

Giovanni Baldassarri, presidente dell’Istituto EuropIA Italia, sottolinea: “L’Istituto EuropIA ha tra i propri obiettivi quello di fornire gli strumenti culturali per capire i rischi e le opportunità legate all’adozione di tecnologie di intelligenza artificiale. Abbiamo voluto approfittare del palcoscenico del G7 per razionalizzare gli impatti dell’IA per settore macroeconomico, presentando esperienze concrete e di altissimo livello sia di vertici industriali che di leaders tecnici, per essere fonte di ispirazione evitando mistificazioni. Abbiamo riservato uno spazio particolare alla Pubblica Amministrazione, con lo scopo di fornire idee e concetti a chi ha la responsabilità di definire il rapporto tra il nostro Paese e lo sviluppo e l’adozione di queste tecnologie.”

Giovanni Baldassarri
Giovanni Baldassarri, Presidente Istituto EuropIA Italia.

Mario De Santis, CEO e co-fondatore di Humans.tech, aggiunge: “Siamo orgogliosi di supportare l’organizzazione del G7 Side Event poiché rappresenta un’opportunità unica per mostrare ai leader presenti in platea l’approccio autentico che seguiamo nel mondo della consulenza tecnologica. Come Humans.tech, lavoriamo costantemente per integrare l’eccellenza italiana con le tendenze globali, creando prodotti digitali innovativi che sempre più spesso coinvolgono l’impiego dell’Intelligenza Artificiale. La nostra strategia si basa sulla profonda analisi e comprensione dei contesti e delle sfide dei nostri clienti, fornendo soluzioni che superano le aspettative iniziali. In un’epoca in cui l’innovazione è cruciale per il successo economico, ci impegniamo ad essere i catalizzatori del cambiamento sia per le PMI che per le multinazionali, guidando il cammino verso un futuro digitale più inclusivo, concreto e sostenibile.”

Relatori Confermati

  • Alessio Butti – Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
  • Marco Landi – Presidente, Institut EuropIA
  • Alberto Forchielli – Managing Partner, MCP
  • Danilo Cattaneo – Amministratore Delegato, Infocert
  • Alfonso Pecoraro Scanio – ex-ministro Ambiente & Agricoltura
  • Anna Mareschi Danieli – Board Member, Danieli Officine Meccaniche & C

L’evento promette di essere una piattaforma dinamica per discussioni approfondite e networking di alto livello, offrendo una visione globale e integrata dell’intelligenza artificiale. Per ulteriori informazioni, clicca qui.

EuropIA - Evento

Giovani e digitale: come combattere l’analfabetismo sociale?

Negli ultimi anni l’avvento dei social media ha rivoluzionato il modo in cui i giovani comunicano e si connettono con il mondo. Tuttavia, questa rivoluzione digitale ha portato con sé anche una serie di sfide, in particolare per quanto riguarda le interazioni personali. Le nuove generazioni sembrano avere difficoltà ad interagire efficacemente in contesti di persona, una tendenza che preoccupa molti esperti.

Di questo tema ho riflettuto insieme a Claudia Gatti, E-Commerce Specialist HP (ma, soprattutto, professionista molto più giovane di me 😉). Quelle che seguono sono le risposte ad alcune domande sull’argomento. Buona lettura!

Quali problematiche comporta l’analfabetismo sociale nel mondo del lavoro?

Claudia: L’introduzione dello smart working ha accentuato la difficoltà dei giovani nelle interazione face to face. Lavorando da remoto, infatti, i giovani dipendono maggiormente da strumenti digitali come e-mail, chat e videoconferenze per comunicare e ciò può limitare l’esperienza e la confidenza nelle interazioni dirette. Lavorare a distanza, inoltre, può ridurre l’accesso ad opportunità di mentorship e apprendimento informale, che spesso avvengono attraverso conversazioni casuali in ufficio. In ultimo, ma non per importanza, la poca interazione porta all’aumento di problemi mentali come depressione e ansia, problematica in forte crescita tra le nuove generazioni.

Alessandro: Sulla base della mia esperienza nel settore del marketing digitale, noto che, seppure le interazioni digitali sono essenziali per conoscere meglio un potenziale cliente, non possono tuttavia sostituire completamente il valore delle interazioni umane dirette. Un esempio su tutti, solo il rapporto umano “de visu” affina la nostra empatia. In un mondo sempre più digitale come si può compensare questa mancanza? Ad esempio investendo in tecnologie che simulano meglio la presenza fisica, come la realtà aumentata e virtuale. Oppure promuovendo un uso equilibrato tra lavoro remoto e quello in ufficio.

La soluzione è ritornare a lavorare totalmente in presenza?

Claudia: No, la soluzione è trovare un equilibrio tra casa e ufficio. Come sappiamo, lo smart working offre flessibilità e vantaggi in termini di equilibrio tra lavoro e vita privata. Ci consente di organizzare meglio il tempo e dedicarci ai nostri affetti. Questo però non avviene per le giovani generazioni che, terminato l’orario di lavoro, continuano ad utilizzare smartphone e tablet anche in presenza di famigliari ed amici. La generazione Z e la generazione Alpha, in modo particolare, usano lo smartphone anche per gestire i loro rapporti sociali, spesso anche per intrattenere rapporti con amici che spesso rimangono solo virtuali. In questo contesto è necessario aiutare i giovani a ritrovare le abilità sociali perdute.

Alessandro: In oltre due decenni di carriera, ho osservato che il benessere dei dipendenti migliora significativamente quando c’è una chiara separazione tra vita lavorativa e personale. Ma un aspetto sottovalutato dello smart working è la sua capacità di “invadere” la nostra vita privata. Sei a casa, squilla la chiamata in chat, arriva la mail, suona la notifica… richieste continue. Le aziende più lungimiranti dovrebbero implementare politiche chiare che, limitando l’orario di lavoro, incoraggino attività tese a rafforzare le relazioni interpersonali, soprattutto al di fuori degli ambienti digitali. Mi vengono in mente luoghi aziendali dove fare sport, eventi e feste aziendali o attività di team building.

Come contribuire ad una maggiore socializzazione?

Claudia: Nelle scuole, per esempio, programmi come l’Erasmus promuovono la comunicazione e l’interazione tra culture diverse. Nel mondo lavorativo invece si potrebbero organizzare dibattiti, riunioni di team in presenza ed organizzare eventi di networking per favorire la comunicazione e la collaborazione ed incoraggiare la creatività e l’innovazione. Non dobbiamo avere paura di uscire dalla zona di comfort perché è lì che avviene la vera crescita.

Alessandro: Credo sia di fondamentale importanza integrare le abilità sociali nel curriculum dei giovani già dall’educazione scolastica. Potenziando le abilità comunicative e tutte quelle soft skills che sono sempre più ricercate dagli HR delle aziende (empatia, negoziazione, collaborazione, leadership). Paradossalmente, in un mondo sempre più digitale ed interconnesso, vedo le abilità sociali come “rarità”. Chi le saprà ricercare, curare ed implementare ne trarrà un enorme vantaggio, sia dal punto di vista personale che professionale. Come fare? Favorendo programmi di approfondimento e scambio culturale, insegnando le regole base di comunicazione e public speaking, promuovendo programmi che offrano supporto psicologico per gestire stress ed ansia, enfatizzando l’importanza delle relazioni sane ma, soprattutto, riscoprendo il nostro ruolo nella società.

Intelligenza Artificiale: raccolta e gestione dati, privacy e normative, quale futuro ci attende?

Partendo dal dibattito sull’Intelligenza Artificiale, senza entrare nel merito di quanto questa sia “intelligente” (riflessione che ci porterebbe fuori strada e che demandiamo volentieri a filosofi e sociologi), una cosa è certa: per funzionare, gli algoritmi devono “nutrirsi” di dati, tanti dati. Già, ma da dove arriva tutta questa mole di informazioni, come viene gestita e soprattutto che tipo di impatto avrà sulla collettività?

Approfondiamo il tema con Luigi Todaro, avvocato del diritto delle nuove tecnologie presso Studio legale LegalWeb.Digital.

Raccolta e gestione dei dati

Luigi: L’IA richiede l’accesso ad una vasta quantità di dati per funzionare efficacemente. Questi dati derivano dalle interazioni quotidiane degli utenti con vari dispositivi tecnologici e piattaforme online. Amazon monitora le nostre preferenze anche quando non concludiamo un acquisto. Google registra le nostre ricerche in Rete (abitudini, gusti, interessi, bisogni…). I social tracciano le nostre relazioni sociali in base alle interazioni con gli altri profili. Gli operatori di telefonia mobile sanno con chi parliamo, ma anche dove siamo e chi si trova nelle vicinanze. Insomma, lasciamo impronte elettroniche ovunque.
Ecco da dove arriva questa marea montante di dati.
La raccolta e gestione di questi dati solleva questioni significative riguardanti la privacy. Quanti utenti sono consapevoli? E se le informazioni personali vengono utilizzate per dedurre ulteriori dettagli privati? E se queste influenzano decisioni e comportamenti, spesso più a beneficio di entità commerciali, che a vantaggio degli individui.

Alessandro: Nel contesto del marketing digitale, la raccolta e la gestione dei dati dovrebbero sempre essere guidate da un approccio di trasparenza e di consenso informato. Penso all’accettazione dei cookies, quanti sanno in realtà di cosa si tratta? A cosa servono?
Di base occorrerebbe innalzare il livello di alfabetizzazione digitale. Forse è l’ultima possibilità che abbiamo. Tra qualche anno non saremo più in tempo.
Passando alla normativa, le leggi ci sarebbero pure, ma quanti in realtà le rispettano?
Penso al “Registro Pubblico delle Opposizioni”, ci siamo iscritti tutti, credo. Eppure le chiamate telefoniche di spam sono addirittura aumentate. Chi controlla? Chi sanziona? Perché non funziona?

Impatto delle tecnologie su privacy e diritti

Luigi: L’avvento di Internet ha segnato un cambiamento significativo nel modo in cui i dati personali sono raccolti e diffusi, portando alla necessità di rivedere e aggiornare le leggi sulla privacy. Questo nuovo ambiente digitale permette una diffusione quasi istantanea e globale dei dati, il che complica enormemente la regolamentazione ed il controllo della privacy. Il diritto alla privacy è stato totalmente ridefinito nell’era digitale, con una crescente difficoltà nel controllare il flusso sterminato di dati che circolano su internet. Questo rappresenta una sfida sia per gli individui che cercano di proteggere la propria privacy, sia per i legislatori che devono creare norme efficaci in un contesto in rapida evoluzione.

Alessandro: L’uso di dati per la personalizzazione delle esperienze utente è un’arma a doppio taglio. Da un lato, la personalizzazione può aumentare significativamente l’efficacia delle campagne di marketing, migliorando engagement e conversione. Dall’altro, può suscitare preoccupazioni sulla privacy se non gestita correttamente.
Tutti utilizziamo Netflix, seguendone consigli su film e serie da guardare, ascoltiamo Spotify e le playlist suggerite, guardiamo i video “Per te” di TikTok. Amazon ci indica i prodotti che “potrebbero piacerci” o il riassortimento di quelli che stanno terminando. I navigatori satellitari ci fanno risparmiare tempo guidandoci su percorsi alternativi quando c’è traffico.
Eppure… eppure tutti ricordiamo le critiche all’App “IO” (App interamente partecipata dal Ministero delle Finanze) in tempi di Covid: “Non voglio cedere i miei dati!”. In effetti molto meglio regalarli ad un privato (americano, cinese, svedese). Boh…!!! Anche qui, ritorniamo al discorso della consapevolezza e della necessità di una maggiore cultura digitale. 

Regolamentazioni e normative

Luigi: I soggetti coinvolti nella privacy sono, di solito, tre: il detentore dei dati, chi riceve il consenso al trattamento e la terza parte che riceverà i dati.  Ciascuna di queste tre parti ha un ruolo, dei diritti e dei doveri ben definiti. Tuttavia, il sistema non prevede per ora la presenza di un dispositivo “senziente” in possesso dei dati personali di un utente. Dunque questo nuovo dispositivo come dovrebbe essere inquadrato? E come andrebbe regolamentato?
Inoltre, per quanto riguarda le finalità del trattamento, nell’informativa sulla privacy, le finalità per cui i dati sono raccolti e trattati non possono essere modificate senza chiedere nuovamente il consenso agli interessati. Un elaboratore dotato di IA però, potrebbe autonomamente cambiare tali finalità.
Ed infine la sicurezza dei dati, che è l’area di maggior preoccupazione nella combinazione tra privacy e IA. Tutti i sistemi informatici e dunque anche gli algoritmi di intelligenza artificiale possono essere violati. Vulnerabilità ed attacchi cyber possono compromettere la sicurezza e la privacy dei dati. Essenziale adottare misure robuste per proteggere i dati sensibili e prevenire abusi da parte di terzi malevoli.

Alessandro: Nell’ambiente digitale, dove le normative sono in continuo aggiornamento, le aziende devono rimanere agili ed informate sui cambiamenti legislativi. Un approccio proattivo alla conformità normativa non solo aiuta ad evitare sanzioni, ma può anche diventare un vantaggio competitivo.
La sensazione però è un po’ quella che si ripeta quanto accade nello sport con la lotta all’antidoping, costretto a rincorre affannosamente il proliferare ed il diffondersi di nuove sostanze “dopanti”.

Storytelling ed IA: quale futuro?

Questa settimana dialogo con Alessandra Carminati, B2B Business Development, English Language Trainer e Content Writer. Alessandra mi ha scritto proponendomi di affrontare il tema del rapporto tra narrazione, creazione di contenuti ed intelligenza artificiale. Quelle che seguono sono le nostre riflessioni. Buona lettura e grazie ancora ad Alessandra per la disponibilità!

Che gli esseri umani siano “programmati” per raccontare (e raccontarsi) storie è un dato di fatto. Lo storytelling, ovvero l’arte di narrare storie, nasce con l’uomo nelle caverne, intorno ad un fuoco, a tramandarsi insegnamenti, memorie, conoscenze, a dare un senso alla realtà che lo circonda. Da quel momento consumiamo storie quotidianamente.

Oggi, la tecnologia ci offre strumenti e mezzi sempre più potenti per implementare le nostre narrazioni, rivoluzionandone spesso le regole. Questo induce diverse riflessioni, eccone alcune.

1. C’è il rischio che così tante narrazioni dividano anziché unire?

Alessandra: Le storie possono unire, quanto dividere, soprattutto quando il loro numero aumenta a dismisura. Il rischio è esserne bombardati e fagocitati. Social, media, web… consumiamo narrazioni ad un ritmo frenetico, quasi bulimico, senza neanche accorgercene, magari in solitudine (davanti allo schermo di un tablet o di uno smartphone), con il rischio di non riuscire più a sviluppare pensiero critico ed autonomo.

Jonathan Gottschall nel suo “Il lato oscuro delle storie” tocca proprio questo tema e suggerisce di approcciarci alla narrazione (anche la nostra) con spirito attento, per non esserne fagocitati e per coglierne nel modo più onesto possibile limiti e difetti. Il tutto per evitare di restare bloccati ognuno nella sua personalissima bolla narrativa.

Alessandro: Di fronte alla sfida di un’eccessiva saturazione informativa (e narrativa) l’unica alternativa che ognuno di noi applica (più o meno consciamente) è la selezione di autori e contenuti. Per questo motivo sostengo e promuovo, nel campo della comunicazione d’azienda, una cultura della “qualità” piuttosto che della “quantità”.

Enfatizzando la creazione di contenuti che catturino l’attenzione ma che stimolino anche il dialogo e la riflessione critica, anche tra pubblici diversi. L’idea di questo esperimento di scrittura “a 4 mani” nasce proprio dalla voglia di aggiungere valore, tramite il confronto, su argomenti diversi, anche quando non del tutto condivisi!

2. L’intelligenza artificiale offre notevoli possibilità per quanto riguarda lo storytelling, soprattutto aziendale, vale la pena coglierle?

Alessandra: L’intelligenza artificiale permette di creare contenuti ad un ritmo velocissimo e, nello stesso tempo, grazie all’analisi dei dati a sua disposizione, di personalizzare quei contenuti a seconda del target di riferimento. Eppure… eppure qualche dubbio rimane (almeno a me). L’intelligenza artificiale si basa sui dati, che devono essere il più possibile accurati per fornire risultati degni di nota.

Ma non basta, credo che occorra ancora il tocco umano per interpretarli correttamente, per creare una narrazione che ci emozioni, che riesca a toccarci.

Alessandro: Le AI possono automatizzare parti del processo creativo, generare insights predittivi sui trend emergenti e personalizzare le esperienze narrative a livelli praticamente inaccessibili manualmente. Tuttavia, concordo con te sull’importanza del tocco umano. Io parlo da anni di expertelling (narrazione di esperienze vissute), che a mio avviso sostituirà lo storytelling.

Il ruolo del creativo a mio avviso si trasforma grazie all’IA: non più solo autore, ma regista e curatore di contenuti AI-driven. La tecnologia da questo punto di vista “aumenta” l’esperienza umana, piuttosto che sostituirla.

3. E il futuro degli storyteller?

Alessandra: Finora siamo stati abituati a leggere storie scritte e pensate da esseri umani. Ora esistono tool in grado di “aiutare” (quando non “sostituire”) chi scrive. Io penso che la creatività umana non possa essere completamente soppiantata, ma che il potere dell’intelligenza artificiale non sia da sottovalutare. Quello che temo è che, senza un reale controllo, possano nascere narrazioni che, pur basandosi su dati forniti dagli esseri umani, si allontanino dalla realtà dandone una visione sempre più sfocata.

Alessandro: Come detto gli storyteller avranno il compito di inserire nelle narrazioni le proprie esperienze personali, aggiungendo complessità emotiva e profondità culturale, elementi che l’AI può solo simulare e non completamente replicare. Sentimenti come l’empatia, la curiosità, il coraggio, l’etica, rimangono ancorati ai valori ed agli ideali umani. Di certo c’è il fatto che nasceranno nuove forme narrative, finora nemmeno immaginabili.

Il futuro in arrivo: entro l’estate il portafoglio digitale?

Stento a crederci ma ormai ci siamo: a breve potremo mostrare alle forze dell’ordine, in caso di controllo, la patente digitalizzata che avremo sul cellulare. In arrivo per l’estate il nostro portafoglio digitale!

Il decreto PnRR, approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, istituisce ufficialmente il Sistema di portafoglio digitale italiano (IT-Wallet).
Questo sistema si compone di due parti: una pubblica, accessibile tramite l’app IO, e una privata, chiamata IT-Wallet privato.
Inizialmente sarà possibile caricare sull’app documenti come la patente di guida, la tessera sanitaria e la carta europea della disabilità ma sarà necessario attendere diversi mesi e l’emanazione di un decreto attuativo per le linee guida.
Si prevede che entro l’estate sarà possibile integrare questi documenti sull’app IO, utilizzabili principalmente offline.

Il lancio completo dell’app IO per operazioni online avverrà alla fine dell’anno o nei primi mesi del 2025, con una fase di sperimentazione intermedia. Le imprese private dovranno adeguarsi gradualmente per accettare i documenti digitali e potrebbero richiedere un contributo per i servizi offerti. L’emissione dell’IT-Wallet pubblico sarà gratuita per cittadini e imprese.

La gestione dell’infrastruttura sarà affidata a PagoPa e al Poligrafico dello Stato, con quest’ultimo responsabile anche della gestione dei sistemi di identificazione digitale.

Si prevede che l’accesso all’IT-Wallet sarà possibile tramite Spid o la carta d’identità elettronica (Cie), con l’uso della Cie probabilmente privilegiato per servizi privati critici. Il sottosegretario all’Innovazione, Alessio Butti, ha sottolineato l’importanza dell’IT-Wallet come strumento per accelerare la digitalizzazione in Italia, migliorando l’accesso dei cittadini ai servizi digitali e aumentando l’efficienza della Pubblica Amministrazione.

Che bomba, i nostri figli davvero non useranno mai più il portafogli, sarà tutto in quel dannato pezzo di plastica pieno cristalli liquidi, circuiti stampati e conduttori. Fantascienza.

P.S.
Nel frattempo il 100% della partecipazione in PAGOPA, detenuta in precedenza dal Ministero dell’Economia, è passata nelle mani del Poligrafico e Zecca dello stato (51%) e… Poste Italiane! 😮

Quando la curiosità fa bene

A marzo 2023 abbiamo pubblicato il libro “𝐋𝐚 𝐜𝐮𝐫𝐢𝐨𝐬𝐢𝐭à 𝐜𝐢 𝐬𝐚𝐥𝐯𝐞𝐫à 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐚𝐥𝐠𝐨𝐫𝐢𝐭𝐦𝐨“, chiedendo a professionisti, firme del giornale, di provare a rispondere ad alcuni interrogativi: se un’intelligenza artificiale permette di generare contenuti, report, preventivi, inventare favole, rispondere a domande, gestire richieste di clienti, generare righe di codice o immagini, da istruzioni date in linguaggio naturale, cosa ne sarà della curiosità? Avrà ancora senso essere curiosi? Come, quando, quanto e perchè la curiosità potrà ancora determinare il nostro successo personale e professionale?

Avevamo due obiettivi in testa:

  1. divulgare cultura aziendale e digitale;
  2. donare tutto l’utile a Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro ETS.

Dopo un anno possiamo dire di aver centrato entrambi i traguardi.
Abbiamo distribuito oltre 500 copie del libro:

  • 200 copie cartacee acquistate su Amazon (https://amzn.to/3JezSgV), con un margine di 5 euro a copia.
  • 307 copie digitali (ebook o pdf, senza alcun margine).

Con enorme piacere abbiamo effettuato la 𝐝𝐨𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝟏.𝟎𝟎𝟎,𝟎𝟎 𝐞𝐮𝐫𝐨 𝐚𝐝 𝐀𝐈𝐑𝐂.

Tutto ciò è stato possibile grazie al lavoro ed all’impegno del network di professionisti che collaborano con questo giornale.
E’ loro il merito, a loro vanno i ringraziamenti più sentiti della Redazione e dell’editore.

Daniele Rimini, Alessandro Angelelli, Bruna Corradetti, Daniele Angelini, Annunziata Di Lecce 🗝, Massimo Giordani, Giulia Bezzi, Paul Fasciano, Katia Bovani, Sergio Bellucci, William Nonnis, Alessio Alessandrini, Luca Bozzato, Roberta Zantedeschi, Antonella Brogi, Cristiana Caserta, Monia Ciocioni, 🦄 Davide Giansoldati, Digital Transformation Coach, Danilo Spanu, Daniele Mancini, Roberto Mancini, Alberto Pasquini, Vito Verrastro, Luca Alberigo, Roberto Borgia, Maurizio Primanni.

Novità LinkedIn

La piattaforma LinkedIn è in continua trasformazione, piccoli-grandi cambiamenti vengono rilasciati quasi quotidianamente. Ecco le 5 novità più interessanti delle ultime settimane.

  • Persone che potresti conoscere: Già presente nella pagina Rete, ora appare nella colonna destra del Profilo. Sono suggerimenti di persone forniti in base a 4 categorie: scuola, azienda, settore e titolo di lavoro. Quando visualizzi il tuo Profilo i suggerimenti si riferiscono a te, quando visualizzi il Profilo di un altro utente si riferiscono a quella persona. Se clicchi “Mostra tutto” visualizzi i profili suddivisi in categorie.
  • Potrebbe interessarti: Si trova sempre nella colonna destra del Profilo, sotto a “Persone che potresti conoscere”, suggerisce Pagine, Gruppi, corsi LinkedIn Learning e Newsletter che potresti seguire.
  • Tag più visibili negli articoli e nelle newsletter: Quando citi un Profilo o una Pagina negli articoli, il testo si colora di blu scuro su sfondo azzurro. In modalità scura lo sfondo si colora di grigio.
  • Cercare articoli collaborativi: Nel motore di ricerca ora è possibile cercare gli articoli collaborativi usando i filtri Post, tipo di contenuto. Non è più possibile (per ora) cercare le newsletter.
  • Idee per il tuo prossimo post: Funzione Premium che grazie all’AI fornisce 3 suggerimenti per il tuo prossimo post, considerando i tuoi post precedenti, il coinvolgimento ottenuto, il profilo, le competenze, la tua rete (contatti e follower) i loro post e il coinvolgimento, gli argomenti di tendenza. Funziona con la modalità creator attiva.

    A seguire un estratto dall’analisi di Richard van der Blom e Just Connecting HUB sul funzionamento dell’algoritmo LinkedIn. Altre 10 cose interessanti contenute nel report: (trovi la prima parte nella sezione in Primo piano del mio Profilo)

    1. Gli hashtag personalizzati (ad esempio #fabiobanzato) hanno registrato un calo della crescita fino al 75% per il ruolo ridotto che ora hanno gli hashtag (come già citato nel post precedente a questo).
    2. Modificare un post pubblicato non comporta penalizzazioni se la modifica non supera più del 15% del contenuto.
    3. I principali fattori di posizionamento di un Profilo nelle ricerche LinkedIn sono: la qualifica (Job title) inserita nell’Esperienza di lavoro attuale; la posizione geografica; il numero di follower (follower+contatti); le connessioni reciproche con chi fa la ricerca.
    4. I post formattati con interruzioni di riga eccessive o con caratteri modificati, possono incorrere in sanzioni per manipolazione delle metriche di coinvolgimento. Meglio evitare…
    5. La partecipazione attiva ai Gruppi LinkedIn può migliorare la tua visibilità complessiva su LinkedIn, migliorando il ranking di ricerca del Profilo e la crescita del Social Selling Index.
    6. L’utilizzo di uno strumento di pianificazione dei post come quello nativo di LinkedIn o di un software di terze parti non riduce la copertura.
    7. Mettere mi piace e commentare come Pagina i post di dipendenti, fornitori e clienti può aumentare la portata dei post della Pagina fino al 18%.
    8. I contenuti generati dall’AI subiscono un calo del 30% nella copertura, una diminuzione del 55% nel coinvolgimento e una percentuale di clic inferiore del 60% rispetto a un contenuto originale.
    9. Quando il tuo post viene condiviso (con “Diffondi il post”) entro le prime quattro ore di vita, può ottenere un aumento della crescita del 40%.
    10. Pubblicare costantemente 10 commenti di qualità al giorno per un mese può portare a un aumento significativo delle visualizzazioni del profilo (40%).

    Questi sono solo suggerimenti emersi dal report che ognuno può testare e valutare. Mi piacerebbe conoscere la tua opinione: quale tra queste novità ti piace di più?