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La thought leadership apicale in azienda nel mondo chatGPT

Le Intelligenze artificali saranno sempre più brave a scrivere contenuti, e quindi anche noi. Per tagliare il rumore c’è bisogno di convincere Google che siamo più autorevoli di altri. Naturalmente LinkedIn sarà una piattaforma fondamentale per questa evoluzione. Come coltiviamo l’autenticità e l’umanità delle figure apicali in azienda e degli ambassador nel mondo di ChatGPT?

Scopri, in questa chiacchierata che ho fatto con Luca Bozzato, come funzionano i meccanismi di reputazione digitale, strettamente legati all’architettura delle informazioni e alle informazioni stesse, e su come evolve la reputazione digitale nell’era delle AI. Buon ascolto.

Sta per arrivare Woopay

Woocommerce, un plugin di ecommerce open source per WordPress molto diffuso, sta per lanciare sul mercato la propria soluzione per i pagamenti elettronici. La soluzione è in beta e l’ho scoperta per caso: quattro giorni fa Automattic, la società che ne gestisce lo sviluppo, ha rilasciato una urgente patch per Woocommerce per correggere una importante vulnerabilità (se hai un sito con woocommerce, fai attenzione, aggiorna subito!).

In quella occasione hanno detto di avere sospeso il test di WooPay. E mi sono chiesto che cosa diavolo fosse.

WooPay è la soluzione proprietaria per la gestione dei pagamenti online: l’utente si registra su WooPay, associa una propria carta di credito e, su tutti i siti che avranno installato WooPay, i dati di pagamento verranno richiamati automaticamente non appena inserirà la propria mail in fase di checkout. L’obiettivo è il solito “frictionless”, far sì che gli utenti, al momento del pagamento, vadano via veloci.

Un copia e incolla di Paypal e di tante altre soluzioni simili.

Ne sentivamo il bisogno? Eh, questo non lo so. La patch sulla sicurezza appena rilasciata (proprio sui pagamenti…) testimonia il fatto che non si puà mai stare tranquilli: perchè lasciare in rete i nostri dati più sensibili? Davvero costa così tanto, al momento dell’acquisto, recuperare le nostre credenziali? (dati della carta o di accesso all’home banking ad esempio).

Costa in termini di conversioni! (Mi urleranno dietro gli esperti)
Vero ma sembra sempre che gli utenti siano intelligentissimi nel subirsi le campagne adv (pardon, di engagement), gestire siti e app, infilare i prodotti giusti nel carrello ma… niente, per pagare, qualcuno o qualche cosa, li debba sempre aiutare (pardon, accompagnare)…

Sei mai andato oltre la Data Visualization per conoscere il tuo “Mario”

Ma come, spendo ore ad insegnare l’uso di Google Data Studio, uso quotidianamente per i miei clienti gli strumenti di data visualization e adesso dico che non serve a niente? No, non mi sono impazzita! Quello che intendo dire te lo spiego con un esempio pratico. I 3 screenshot che vedi sotto sono di un account di Google Ads con gli annunci attivi dal 01/12/2022.

Rappresentano rispettivamente le visualizzazioni (impressioni), i clic e il CTR (la frequenza con cui gli utenti fanno clic sull’annuncio dopo averlo visualizzato) sugli annunci, suddivise per giorno della settimana (asse Y) e ora (asse X). Dove il blu è più scuro l’azione avviene maggiormente. Questo è quello che ci dice la Data Visualization, fine.

Dalla Data Visualization al Data Storytelling

Viene da se che se ci fermassimo qui non avremmo nessun valore aggiunto, bisogna quindi aggiungere un tassello e passare dalla Data Visualization al Data Storytelling: raccontare la storia dei dati, partendo dalla loro visualizzazione grafica.

Questi grafici, andando a fondo, ci raccontano una storia. Ci raccontano che le persone (Mario, Giovanni o Lucia) hanno cercato un argomento inerente questi annunci soprattutto la domenica intorno all’ora di pranzo, ma anche il venerdì pomeriggio, ma che poi hanno deciso di cliccarci soprattutto di lunedì nel tardo pomeriggio.

Ma la maggior frequenza di clic dopo la visualizzazione dell’annuncio avviene la domenica notte e comunque soprattutto nelle ore tardo serali. Questa è quindi la storia del percorso che fa Mario, che cerca i nostri servizi fuori dagli orari lavorativi e nei giorni festivi.
Se vi dicessi che si tratta di servizi edili B2B vi sorprenderebbe?!

La storia di Mario in realtà non può essere costruita solo da questi 3 grafici, ne servono altri come servono altre informazioni per arrivare a definire il percorso e le abitudini di Mario.

Sei mai andato oltre la Data Visualization per conoscere il tuo Mario?

Amazon allunga la mano sui merchant

Dal 31 gennaio Amazon ha esteso il suo servizio “Buy with Prime” ad una platea più vasta di merchant americani. Lanciato ad aprile dello scorso anno, “Buy with Prime” permette ai visitatori di un sito di ecommerce di acquistare determinati prodotti con la “sicurezza” offerta da Prime: consegne veloci senza costi aggiuntivi. “Buy with Prime” è già disponibile per BigCommerce e per altre piattaforme di commercio elettronico.

Non solo: i merchant avranno anche la possibilità di integrare le proprie schede prodotto con le recensioni ottenute su Amazon. Amazon ha detto che i retailer online che hanno implementato questa funzionalità hanno migliorato, in media, del 25% le loro conversioni.
In effetti se un utente ha già un account su Amazon, il processo di acquisto diventa davvero semplice.

MA

In un mondo sempre più affamato di dati… che cosa vieta ad Amazon, domani, sapendo che c’è richiesta di quei prodotti X venduti dal sito Y di proporli direttamente sul proprio marketplace con il suo brand?

Miglioreranno le conversioni all’inizio ma alla lunga non si regalano dati importanti di business ad Amazon? (tale dubbio ce l’ho in testa già da quando lanciarono AmazonPay, il loro bottone di pagamento).

È un servizio che prenderà piede solo tra le piccole imprese?

Nota:

La mossa sembra una risposta a Shopify che sta rivaleggiando anche nel campo dell’ultimo miglio: a maggio dello scorso anno si è infatti comprata per 2.1 miliardi di dollari la societa Deliverr, per migliorare ancora di più la propria logistica.

Content creator? Perchè è indispensabile metterci la faccia

Pochi giorni fa, Shalom Goodman, SEO di Wall Street Journal, riporta questo screenshot che mostra la presenza del nome e cognome dell’autore sotto il proprio articolo. Non si vede ancora ovunque e non è detto poi venga implementato e diventi consuetudine MA deve far riflettere.

In un mondo in cui non capiamo più a chi parliamo e non sappiamo se la persona che ci legge creda che siamo veramente noi a parlarle, metterci la faccia è indispensabile.

E, attenzione, non significa smettere di usare le AI per farci scrivere un testo, significa semplicemente essere responsabili, in prima persona, per quello che si è scritto o filmato.

Che poi, ma ci saremmo comprati tutti questi iPhone senza Steve Jobs a metterci la faccia? Ci saremmo innamorati di Johnny di Dirty Dancing se non fosse stato Patrick Swayze ad interpretarlo? Sarebbe lo stesso “Sweet Child O’Mine” senza un Axel Rose appeso al microfono ad asta con quel movimento sinuoso del corpo?

E potrei andare avanti per ore. Io spero sia davvero il futuro del web, quello in cui ci mettiamo la faccia quando comunichiamo e una volta per tutte. Perché vuol dire crescere la propria responsabilità e, magari, avere meno voglia di pubblicare cavolate.

FORZA, quanti blog vedete in giro con degli author che effettivamente hanno poi profili social, comunicano online, sono riconoscibili. Provate a pensarci e, se vi vengono, ben felice di andarli a vedere! Servono sempre casi belli da portare ai corsi, aiutatemi 🙂

Cosa condiviadiamo sui social?

Cosa si condivide su Fb? Quello che mangiamo, lamentele varie, le nostre vacanze e gattini pelosi. Cosa si condivide su Instagram? La nostra vita mooolto più bella di quanto non sia in realtà. Cosa si condivide su Linkedin? Quanto siamo i più bravi di tutti a fare tutto. Cosa si condivide su Twitter? Attualità spruzzata da aggressività e sarcasmo.

È ovvio che le differenze ci sono ma non credo che, molto semplicemente, le persone siano spesso le stesse che si adeguano a un mood, a un linguaggio. D’altronde quelli che fanno il mio lavoro da una vita dicono che a ogni social corrisponde un linguaggio, no? Beh, mi sa che le persone si sono adeguate fin troppo bene 🙂

PS: Lo dico a scanso di equivoci. Sono CONVINTO che LinkedIn sia ancora il posto migliore in cui fare networking e parlare di lavoro, senza dubbio. Questo, tuttavia, non significa che sia un posto elitario in cui sono presenti solo un certo tipo di persone. Semplicemente ci si parla in modo diverso.

Guida autonoma: cosa significherà per noi e per il settore automobilistico?

BMW identifica cinque livelli di interazione tra conducente, macchina e mondo circostante. I livelli da 0 a 5 sono definiti in base al relativo grado di automazione. Il livello 0, “No Automation”, è quello attuale che conosciamo tutti. La situazione cambia completamente al livello 5, dove è l’auto che può guidare senza alcuna interazione umana.

  1. Livello 1️⃣: gli attuali sistemi di assistenza alla guida BMW Personal CoPilot supportano i conducenti sulla strada e contribuiscono a garantire ulteriore sicurezza e comfort. Ne è un esempio l’Active Cruise Control con funzione Stop&Go, che regola autonomamente la distanza dall’auto che precede. E poi c’è il Collision and Pedestrian Warning con City Brake Activation, che previene le collisioni grazie alla frenata automatica.
  2. Livello 2️⃣: le funzioni che rendono possibile l’automazione parziale sono già una realtà e sono installate nelle ultime BMW in circolazione. I sistemi di assistenza alla guida semiautonomi, come lo Steering and Lane Control Assistant con Traffic Jam Assistant, rendono la guida quotidiana molto più semplice. Possono frenare automaticamente, accelerare e, a differenza del livello 1, assumere il controllo dello sterzo. Con la funzione di parcheggio telecomandato, BMW ha reso possibile per la prima volta la possibilità di entrare in spazi ristretti senza conducente. Nel livello 2 il conducente continua a mantenere il controllo della vettura e deve sempre prestare attenzione al traffico.
  3. Livello 3️⃣: con i sistemi di automazione condizionale, l’auto sarà in grado di guidare autonomamente su lunghe distanze in determinate situazioni di traffico, come sulle autostrade. Il conducente, tuttavia, deve essere in grado di riprendere il controllo in pochi secondi, come nei cantieri stradali.
  4. Livello 4️⃣: questo livello è considerato la guida completamente autonoma, sebbene un guidatore umano possa comunque richiedere il controllo e l’auto abbia ancora un abitacolo. Nel livello 4 l’auto è in grado di gestire autonomamente la maggior parte delle situazioni di guida. Il conducente, tuttavia, deve rimanere in forma per guidare e in grado di assumere il controllo se necessario, ma potrebbe anche dormire temporaneamente. Se il conducente ignora un allarme di avvertimento, l’auto ha l’autorità di mettersi in condizioni di sicurezza, ad esempio accostando.
  5. Livello 5: Mentre il livello 4 richiede ancora la presenza di un conducente, le auto non ne avranno più bisogno nel livello 5 e finale di guida autonoma.

Il video di lancio di BMW é di qualche anno fa, ma molto efficace, che ne dite?

Web agency e AI: opportunità o minacce?

In un mondo in cui le AI stanno prendendo piede sempre di più dobbiamo ragionare sui nostri flussi di processo cambiando totalmente la nostra capacità di ragionare sulle necessità dei nostri clienti e dei nostri progetti in primis.

Non possiamo più gestire le nostre web agency senza tener conto di questi potenti strumenti che supportano la nostra abilità nel definire strategie che portino davvero conversione nei progetti che gestiamo.

È un mondo che cambia giorno per giorno ma alla velocità della luce rimanere indietro è facile non comprendere come muoverci ancora di più o soccombiamo oppure iniziamo a parlarne per informare, formare e rendere consapevole il mercato.

Opportunità: usare le AI per snellire processi nelle web agency

Quest’anno deve servire per comprendere come usare le AI per snellire i processi delle nostre web agency. È indubbio che molte delle attività svolte ora dalle persone verranno sostituite dalle macchine, questo non significa perdere opportunità significa soltanto dover rivedere le proprie priorità. 

Dobbiamo accogliere nelle nostre web agency tutte le AI che ci permetteranno di velocizzare attività come:

  • la creazione di contenuti, di strutture e architetture per la navigazione dei nostri siti web,
  • la presentazione e preparazione dei documenti per i nostri clienti
  • la creazione di immagini, video e contenuti per i nostri piani editoriali che siano social, newsletter e articoli di blog.

Ho elencato alcune attività semplici che, generalmente, fanno parte delle Agenzie web, ma ce ne saranno tantissime altre che ci daranno l’opportunità di muoverci sui nostri clienti con proposte più impattanti per la loro conversione da una parte e più umane dall’altra.

Dobbiamo ripensare i nostri flussi di processo per dare più spazio alla formazione delle nostre risorse per poter utilizzare molto di più la materia grigia e molto meno le nostre dita sulla tastiera. 

Dobbiamo insegnare ai nostri clienti ad essere coinvolti per primi nella creazione della loro strategia perché cercheremo umanità tra contenuti, video, immagini, presentazioni e tanto altro ancora prodotti dalle AI.

In quest’ultimo periodo, tutta la mia energia e il mio studio si concentrano sulla comprensione di ciò che l’intelligenza artificiale può e potrà modificare della mia vita lavorativa.

Anche noi SEO Specialist siamo costretti a rivedere le nostre priorità all’interno di un progetto: per esempio, non avremo più bisogno di creare architetture di url, ma dovremo pensare a come queste architetture possano essere le migliori per posizionarci sul motore di ricerca. 

Non avremo più bisogno di verificare la parte tecnica di un sito web, perché già ora ci sono SaaS che permettono di riscrivere totalmente il codice per essere al passo con le richieste di Google, come Kleecks.

E ancora, non avremo più la necessità di preoccuparci della scrittura dei contenuti ottimizzati, ci penseranno le intelligenze artificiali a farlo per noi. 

Parlo quasi al futuro ma realmente è il presente.

Come possiamo sviluppare la nostra SEO Agency con questi presupposti? 

  1. Imparando ad utilizzare il tempo che le intelligenze artificiali ci fanno risparmiare per concentrarci sugli input da dare loro.
  2. Ascoltando maggiormente le necessità dei nostri clienti per poter produrre strategie che corrispondano precisamente alle loro esigenze.
  3. Studiando ogni nuova tendenza del mercato e di come gli utenti cercano informazioni su Google perché avremo più tempo a disposizione.
  4. Creando progetti per i nostri clienti che siano basati su KPI di conversione da traffico organico e non più da aumento di traffico organico. 
  5. Studiando contenuti e architetture più performanti che permettano all’utente di avere davvero le informazioni che cerca nel più breve tempo possibile sfruttando originalità talento contenuti unici e persone che ne sappiano davvero parlare.
  6. Analizzando i dati grazie anche alle AI per poter cambiare strategie una volta implementate al fine di portare maggior beneficio. 

Dietro ad ognuno di questi punti c’è tanta testa da dover utilizzare, c’è tanta necessità di formazione per le persone che lavorano con noi e per noi stessi, c’è tanta ricerca, analisi e consapevolezza dei dati raccolti. 

Minacce: usare le AI per farsi pagare di meno

Proprio perché le AI ci permetteranno di risparmiare tempo, non dobbiamo pensare di diminuire il costo della nostra offerta perché ci mettiamo di meno. 

Dobbiamo evitare di pensare di essere più competitivi abbassando la nostra offerta a livello economico. 

Il tempo risparmiato ci deve servire per cambiare il mondo digital verso la vera necessità: supportare chi ci contatta a vendere meglio i propri prodotti o servizi. 

Già ora, invece, leggo di Agenzie che propongono i propri servizi scontati perché utilizzano le AI che fanno risparmiare tempo.

È una minaccia perché,

se pensiamo che il nostro lavoro costi quel che costi solo per il tempo necessario per poterlo produrre,

non siamo una vera necessità per chi ci contatta.

Giulia Bezzi

Le web agency servono per supportare aziende che devono concentrarsi sulla propria produzione, lasciando la comunicazione a chi è esperto in materia.

Non è una questione di tempo è una questione di testa è una questione di impegno nel cercare le migliori strategie per arrivare a chi vogliamo compri.

È sempre più difficile vendere online, siamo davvero tanti siamo sempre di più e soprattutto gli utenti sono sempre più assuefatti dalla pubblicità che trovano ogni volta che navigano.

La minaccia è forte perché, noi che abbiamo web agency, rischiamo di rendere il digital un mondo mediocre, un mondo basato esclusivamente sulla velocità di un intelligenza artificiale di produrre qualcosa.

Certo, è probabile nel tempo che queste AI sappiano, addirittura, generare meglio di noi una strategia per il posizionamento organico, nel mio caso, ma anche un’intera strategia Digital.

Che cosa faremo in questo caso se non abbiamo davvero capito l’opportunità di questa nuova era?

Saremo disoccupati, perché avremo viziato il mercato con un concetto errato della necessità di avere accanto un’agenzia web: grazie alle intelligenze artificiali risparmiamo tempo e, quindi, paghi di meno. Invece, grazie alle AI avrò più tempo per pensare, strutturare, controllare che tutto ciò che stiamo producendo online per te porti davvero il beneficio che la tua azienda si auspica. 

Per anni, in Italia, abbiamo fatto credere che il web è per tutti, che ci vuole poco per poter ottenere i risultati, che basta un corso su YouTube per diventare esperti di qualcosa, dobbiamo smetterla. 

Giulia Bezzi

Dobbiamo davvero far capire a chiunque approcci questo mondo che voglia fare il nostro mestiere o che voglia usufruire della nostra esperienza, che è sempre più difficile avere una propria identità on line per poter conquistare le persone che navigano.

Se le AI lavoreranno tantissimo al posto nostro, noi potremmo decidere come web agency di concentrarci perché il web sia il posto migliore in cui vendere i propri prodotti e servizi. Non facciamoci prendere dall’entusiasmo del tempo risparmiato, costa di più trovare un nuovo cliente che impegnarsi a far crescere chi è con noi, andando in upselling confortati dai risultati!

La migliore Agenzia SEO: come funziona?

La migliore Agenzia SEO è semplicemente quella che parte dall’analisi del tuo sito web e vede nel traffico organico una parte del tuo business.

Ebbene sì e non potrebbe essere altrimenti, visto quanto sia sempre più complesso gestire un progetto web pensando esclusivamente ad un unico canale di conversione. E, per quanto sembri poco democratico, non faccia più sentire il www un bene comune: avere un progetto web che generi del denaro non è per tutti o, quantomeno, non è per chi non vuole investire denaro prima e risorse poi per ottenere risultati.

Analisi nella miglior agenzia SEO

Quando ho iniziato io bastava uccidersi di contenuti (in alcuni casi anche ora), mettere qualche bel link e il gioco era fatto. Ora, il mercato è saturo, la competizione è interessante e la pagina di ricerca ha sempre meno spazio per i risultati organici.

Dai! E allora perché devo darti i soldi per vedermi primo su Google?

Parto da questo immenso grafico, proveniente da uno studio di FirstPage molto recente che adoro, e poi ci facciamo un articolo dedicato:

E non mi soffermo tanto di più, tornando a parlare di come dovrebbe essere un’analisi della migliore agenzia SEO secondo il mio parere.

È necessario valutare dapprima la carcassa del nostro sito web perché, sebbene Google riesca a comprendere strutture tecniche così arzigogolate da sembrare opera di Emma, mia figlia, al suo primo esperimento su Scratch, dobbiamo pur sempre ricordarci che migliore è stato lo sviluppo, più possibilità abbiamo di volare verso la vetta della top 3 una volta aggiunti i contenuti che servono.

Io spero presto sia finita l’analisi tech per la SEO, vorrei tanto che tutti i nostri sviluppatori potessero tutti utilizzare SaaS come Kleecks o simili per poter evitare di uccidersi dietro logiche di Google che, ahimè e senza spiegazioni, non hanno mai combaciato con i CMS in commercio.

A, questo punto, è ora di chiamare all’appello il SEO strategist, che dovrà valutare:

  • competitor e tutti i canali di conversione da loro attivati
  • il sito web affidato rispetto ai competitor
  • l’architettura informativa dei contenuti
  • i contenuti stessi
  • le referenze da fuori (link building)

Finito qui? No, la miglior agenzia SEO deve assolutamente valutare anche la parte alta della pagina di ricerca, quella dove insiste la pubblicità a pagamento, per capire come lavorare, rispetto ai competitor con il fine ultimo di erodere fette di traffico e, quindi, di clienti.

Infine, è necessario pensare di valutare anche i canali social e l’email marketing, perché si sa, il primo supporta nella crescita del Brand, il secondo ci aiuta a creare una community fidelizzata di clienti. Sebbene non siano direttamente collegati al posizionamento organico, la miglior agenzia SEO dovrebbe prenderli entrambi in considerazione per portarsi più facilmente acqua al proprio mulino.

SEO specialist all’opera

A seconda della presenza degli sviluppatori interni o esterni, per me tra l’altro una delle frustrazioni più importanti dover gestire questa fase di progetto, la miglior agenzia SEO non può esimersi dal:

  • generare un file di fixing per gli sviluppatori del cliente, al fine di dire cosa non va e controllare sia stato sistemato il problema;
  • operare direttamente sul sito del cliente con i propri sviluppatori e, quando si può, utilizzare il più possibile AI che chiedano meno tempo possibile al team SEO developer.

Mentre si sistema la parte tech si può già iniziare a strutturare l’architettura dei contenuti, per comprendere se la navigazione (e, quindi, la scansione da parte di Google) fila liscia, se si raggiungono bene le pagine, quanto le URL accompagnano l’intento di ricerca della pagina, come sono gli elementi in pagina, dagli heading title fino all’alt image senza entrare nello specifico del content vero e proprio perché quello dovrebbe essere opera del Content Manager.

Nel mio caso specifico, amo leggere e valutare la qualità di un testo, per cui me lo faccio ma, un SEO specialist non è chiamato a verificare se quel determinato scritto supporterà una conversione se non per quanto riguarda la composizione del testo con parole di ricerca.

La miglior Agenzia SEO non produce contenuti banali

Ed è qui che, per lo più casca l’asino, e la quadra non è mai semplice da trovare: se tutta la struttura tech è ok, quindi le fondamenta e le mura della casa tengono bene, è tempo di avere il miglior arredamento del mondo per poter ospitare tanti clienti a comprare nella nostra casa web.

Già, sulla carta, poi la verità sta nel mezzo: i contenuti si svendono, chi li scrive non studia per farlo davvero bene, sono arrivate le intelligenze artificiali che imparano dalla banalità già immessa nel web e la stragrande maggioranza delle volte leggo cose che mi fanno rabbrividire.

La parte contenutistica è l’essenza di una strategia SEO che si rispetti, non può prescindere da un sito web tecnicamente apposto, ma non può accadere nemmeno il contrario: quello che si scrive deve portare valore, deve far conoscere prodotti e servizi, deve indurre a comprare e continuare a farlo dal brand che stiamo servendo.

Ecco perché la miglior agenzia SEO non ha dei semplici web writer ma sviluppa un team di copywriter, persone che studiano accanto al content manager la miglior forma persuasiva per un determinato settore. Sono persone che rendono le pagine così piene di carisma da affamare chi legge a continuare la lettura e non sanno scrivere solo un articolo di blog, ma riescono a gestire qualsiasi contenuto, dalla newsletter alla DEM, dal copy social al cartellone pubblicitario fino alla gestione di brochure e brand book.

Per me questa è la vera e migliore agenzia SEO che si rispetti, quantomeno per il lavoro On-site di cui ho proprietà. Per la parte di Link Building ho deciso che ospiterò a parlarne un amico e, per me, uno dei migliori SEO off-site d’Italia.

Infine, la miglior Agenzia SEO produce report e modifica strategie

La SEO è per sempre come i diamanti” sono più di 10 anni che lo dico e ci credo tantissimo: se non arriva un report mensile umile e concreto, non stiamo facendo bene il nostro lavoro. Umile, perché abbiamo il diritto di aver preso una cantonata, di avere un competitor troppo forte, di aver ereditato un CMS che per quanto si sia cercato di sistemare non ci aiuta a performare. Concreto, perché non servono otto milioni di dati, serve capire con il cliente se ciò che ha fatturato è in linea con il lavoro che abbiamo svolto, con un margine interessante e una corretta ottimizzazione dei costi.

In tutta sincerità, dai più grandi Brand a quelli ambiziosi ma ancora tanto piccini, ci sono pochissime realtà che investono correttamente il loro tempo per crescere davvero accanto la loro agenzia SEO e portare risultati importanti. I brand sono i primi a “non avere tempo di confrontarsi e leggere il report“, sono i primi a “possiamo farcela in una mezzoretta che poi ho un’altra riunione” e, invece, la miglior agenzia SEO deve sedere all’angolo il cliente e riempirlo di ganci di conversione wow da traffico organico.

Da un report generato con il SEO analyst è possibile valutare non solo ciò che la crescita di posizionamento organico ha portato ma quali sono le tendenze del proprio cliente, cosa non piace per nulla, quali prodotti e servizi pensavamo non fossero top e invece sono fondamentali. Possiamo capire come muoverci sugli altri canali, possiamo evitare di spendere troppi soldi tra pubblicità a pagamento e organico. Possiamo generare un piano editoriale con i social media manager e gli email marketer perché noi sappiamo come ci trova il nostro potenziale cliente, cosa vuole e cosa gli manca. Ma, abbiamo un disperato bisogno di colloquiare con chi ci paga le fatture.

E i risultati, a quel punto arrivano, come quelli che abbiamo ottenuto con Fulvio Tirrico di Ilovericcio che ha affidato la sua azienda a noi, tra l’altro per mia somma gioia visti i capelli che mi ritrovo. Nei primi 7 mesi questi sono stati i i risultati dichiarati sul palco del SEO&Love:

Su quel 32% di traffico organico in più, abbiamo ottenuto ben 33,37% di nuova utenza con un aumento del 19% di transazioni dal canale SEO. E non mi sento di dire che siamo la miglior agenzia SEO in Italia, non tanto perché non ci sia l’esperienza, la capacità e la voglia di fare del nostro meglio per il cliente. Non mi sento di dirlo perché viviamo ancora bloccati dall’ignoranza in materia, dal volere tutto e subito, dal dover convincere che abbiamo bisogno di tempo, soldi e risorse per portare questi risultati e oltre.

Sono sicura però che, a tendere, visto che si parla del 95% di vendite direttamente online, nel 2040, saremo tutti costretti a capitolare e a renderci conto che scegliere la miglior agenzia SEO non sia un di cui ma la più grande delle necessità e risorse per il proprio business. Alla prossima!