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Conosci il content repurposing?

Ci sono dei biscotti buonissimi che si fanno riciclando degli avanzi di dolci, dal panettone, pan di spagna, torte secche, a cui si aggiunge cacao, amarene, liquore… tutto questo diventa il ripieno di una frolla e si trasforma in un biscotto che se non avete ancora assaggiato fatelo perchè è divino. E’ tipico napoletano ma se passate da Firenze ve lo preparo io, nessun problema.

Cos’è il content repurposing

Il biscotto non c’entra ma il riciclo si. Come ricicli un panettone puoi riciclare un contenuto. Ecco cos’è il content repurposing.
Ti spiego meglio, il tuo pubblico consuma i contenuti in modo diverso. Qualcuno guarderà il tuo blog, altri la newsletter, altri saranno solo sui social, poi c’è chi utilizza il pc e chi lo smartphone. Il modo di fruizione di un contenuto potrebbe cambiare ma l’intento di ricerca dell’utente può rimanere lo stesso.

Tu lo cercherai su google io magari su Spotify per ascoltarlo in formato podcast. Se vuoi raggiungere più persone i tuoi contenuti dovrebbero essere realizzati e riciclati in più formati.

Ricorda che i contenuti migliori si possono riutilizzare!

Le ore passate a creare contenuti giusti, di valore, interessanti sono veramente tante, ecco perchè non possiamo permetterci di lasciarli nel dimenticatoio, come quel panettone che sta seccando nella tua credenza in cucina. Riusalo! Attraverso il content repurposing potresti avere degli enormi vantaggi:

  • Risparmio di tempo e denaro perchè la ricerca e creazione del contenuto è già stata fatta, dovrai solo riproporlo in un formato diverso.
  • Raggiungimento di più persone grazie alle varie tipologie di format proposto.
  • Vantaggi in ottica SEO grazie all’aumento di traffico verso le proprie pagine.

Ma quali sono i contenuti che possono essere riutilizzati? Quelli che hanno avuto maggior successo, interazioni, like, condivisioni, commenti, conversioni. I contenuti evergreen, che continuano ad essere rilevanti nel tempo come ad esempio delle guide, dei tutorial.

Vuoi qualche idea?

  • Hai dei video su YouTube? Puoi rieditarli per altre piattaforme?
  • Hai un articolo su un blog? Puoi creare un podcast? Un carosello per una piattaforma social?
  • Hai delle slide? Potresti creare un webinar.
  • Hai un articolo in versione tutorial? Potresti generare un reel…

Insomma individua i canali giusti, il contenuto da riadattare, definisci gli obiettivi e poi con originalità e creatività inizia a riciclare i contenuti… un pò come faccio io con quel panettone e quei meravigliosi biscottini!

Sai come convincere il tuo capo (o il tuo team) del fatto che la tua è l’idea giusta?

Come convicere il capo o il tuo team che la tua idea è quella giusta? Non basta che l’idea sia ottima in sé.
Naturalmente, deve trattarsi di un’idea buona. Ma, perché sia riconosciuta come tale e accolta, occorre parlarne utilizzando gli argomenti “funzionali”. Con quelli “disfunzionali”, anche la migliore idea del mondo è destinata al cestino.

Ecco, desidero aiutarti a distinguere gli uni dagli altri.
Perché il tuo impegno professionale abbia il successo che merita.

Quando esponi la tua idea e ne affermi la bontà devi spiegare la ragione per cui è buona. E fin qui, tutto ok. La ragione della sua bontà è contenuta nelle premesse della tua affermazione, tecnicamente detta “tesi”.

Un esempio (in soldoni, naturalmente): Hai notato che la parte logistica dell’azienda per cui lavori potrebbe essere migliorata mettendo in atto la tua idea X. Quindi, la tesi (affermazione) che proporrai al tuo capo sarà del tipo: “Dottor Caio, ho avuto l’idea X. È una buona idea perché migliorerà la performance del reparto Y di circa il Z% risparmiando il W% di tempo”.

Hai esposto la tua tesi: “Ho avuto l’idea X”. Ne hai spiegato le ragioni che, rispetto alla tesi, ne sono anche le premesse: “perché migliorerà la performance del reparto di circa lo Z% risparmiando il W% di tempo”.

Hai indicato la “conclusione” di questo ragionamento: “È una buona idea”.

Bene, tutto molto bello. Ma…

Ma in tutto ciò che hai affermato al tuo capo c’è un non detto che è anche la tua “pretesa” e cioè che sia vero il fatto che la performance del reparto sia suscettibile di un aumento dello Z% con un risparmio di tempo del W%. Dunque, dal fatto che la tua premessa è vera discende che la conclusione è vera.

Il legame tra la premessa e la conclusione si chiama inferenza e l’inferenza è “legittima” quando da una premessa vera discende una conclusione vera. Ciò comporta che se da una premessa vera discende una conclusione vera, allora la tua “tesi” è vera. Detto in linguaggio tecnico, se l’inferenza è legittima il ragionamento è vero.

Ecco quando un argomento è “funzionale”: quando la tua “pretesa” è fondata e, quindi, lo è anche la premessa da cui muovi. Guarda: la logica sembra astratta e, invece, entra nella nostra comunicazione concreta, quella di tutti i giorni.

E tu come valuti la tua comunicazione da questo punto di vista?

Ho un’idea che spacca! Soldi? No, ma l’idea spacca! Facciamo una cosa, trova prima i soldi. Oppure…

Eh si, è dura da mandar giù, ed ancor più dura da digerire: per avere successo servono i soldi. Ma come, mi dirai? Apro i social e sono pieno di post (sponsorizzati, guarda un po’… quindi con soldi spesi in pubblicità) che mi dicono “Come guadagnare i primi 5K partendo da zero, senza investimenti!”, “Come ottenere Lead a catinelle”, “I 4 step per creare una fortuna da zero”…

E invece NO!

Ripeto: per avere successo servono i soldi.

E le idee? Quelle servono a non sprecarli!

Eccolo è arrivato. Il mondo è pieno di letteratura che ti insegna come, se hai un’idea vincente, puoi avere successo. Chi me lo dice che quanto mi stai dicendo è vero?

Guarda, mettiamola in questi termini, ti do qualche dato e racconto un fatto personale:

  • Steve Jobs e Steve Wozniak avevano un’idea geniale, ma senza i 91.000 $ di Mike Markkula Apple Computer non sarebbe arrivata all’attenzione del pubblico.
  • Il prezzo per uno spot pubblicitario di trenta secondi all’interno del Super Bowl (la finale della National football league), evento televisivo dell’anno in USA (e nel mondo), è di 6,5 milioni di dollari.
  • Nel 2007 insieme al mio socio testammo un progetto di installazione di monitor sulla barriera casse di un paio di ipermercati all’interno di centri commerciali di Roma. Era un progetto all’avanguardia dal punto di vista tecnologico. La prima installazione di monitor gestibili da remoto, che utilizzava la tecnologia di un’azienda italiana che forniva i servizi di telemetria ai team di Formula 1. Potevamo gestire ogni monitor dall’ufficio, fare marketing di prossimità con il bluetooth, cambiare i palinsesti pubblicitari o i contenuti informativi del punto vendita, dare news in tempo reale ai clienti in collaborazione con Ansa. Insomma una figata pazzesca. Eravamo i primi in Italia. Le installazioni di monitor sugli autogrill sono arrivate qualche anno dopo e non erano (non sono ancora) di quel livello. Così come i monitor pubblicitari messi sulle vetrine dei negozi, o l’utilizzo di monitor nei bancomat. Il test è stato un successo, ma il progetto è fallito. Perchè? Perchè non avevamo abbastanza soldi per sobbarcarci l’investimento necessario a “digitalizzare” altri centri commerciali e lanciare di fatto la novità. E quando andavamo in giro a raccontare cosa potevamo fare, cercando investitori, in molti non capivano la novità e la portata dell’idea. Era il 2007, anno in cui Apple lanciava Iphone, Internet nel telefono non esisteva, per tanti con cui parlavamo erano TV su una barriera casse…

Non ho la pretesa di averti convinto.

Puoi tranquillamente continuare a pensare che basti l’idea. Io ti assicuro, sulla mia pelle, che nemmeno l’idea migliore del mondo andrà molto lontano senza i soldi per farla decollare.

Ricordi quanto ti ho già detto in tema di posizionamento? Devi entrare nella mente del potenziale cliente. Hai solo due strade per farlo:

  1. Chiedere permesso
  2. Forzare la serratura

Se scegli di chiedere permesso, allora devi adottare un approccio customer driven: intercettare bisogni, interessi, passioni, sogni e desideri di clienti attuali e potenziali. Riunirli in una community. Ascoltare e coinvolgere i membri della stessa nelle scelte, farti “guidare”, nella gestione della tua attività, per incrementare il valore dei prodotti e del brand.

Se invece pensi che sia più semplice forzare la serratura, beh allora hai solo una strada da percorrere…
Apri il portafogli e prepara i soldi, tanti!

P.S.

Ah… se decidi di forzare la serratura chiamami pure, a chi non farebbe piacere ricevere una valanga di soldi da investire in marketing e pubblicità! Ma so che non lo farai mai, perchè sceglierai di rivolgerti ad una delle EXTRAMEGAFANTASUPERAGENZIE con serra di piante di Ficus e poltrona in pelle umana.

Non mi resta che sperare in una tua chiamata per fornirti qualche idea utile a non non sprecare i tuoi soldi! Ci conto!! Ciaooooo!!!

Cosa NON dovresti fare su LinkedIn 

Molto spesso attraverso i miei contenuti suggerisco cosa è opportuno fare su LinkedIn per ottenere buoni risultati, sfruttare al meglio la piattaforma e avvicinarsi al proprio obiettivo. Per una volta vediamo invece cosa sarebbe meglio non fare su LinkedIn con il Profilo per evitare penalizzazioni, danni al Personal Brand o peggio.

Ho diviso in due parti questa serie di consigli, nella prima parte mi concentro su aspetti e atteggiamenti legati all’uso del Profilo, nella seconda parte vedremo alcuni suggerimenti tecnici. In ogni caso si tratta di cattive pratiche che in qualche modo finiscono per danneggiarti.

4 consigli di cose da non fare su LinkedIn:

  1. Non essere autoreferenziale: intendiamoci celebrare i propri successi ogni tanto va benissimo, ma raccontare quanto si è bravi in ogni circostanza, elencando numeri e cifre, mostrandoli come fossero trofei, diventa controproducente. Lascia che siano gli utenti a stabilire se e quanto vali.
  2. Non mentire, sii te stesso: questo è un aspetto delicato e in cui credo molto, soprattutto su LinkedIn. Non far credere di essere ciò che non sei, prima o poi verrai smascherato. La trasparenza e la correttezza sono valori che pagano sempre. Le bugie hanno le gambe corte, su LinkedIn sono “cortissime”.
  3. Non essere aggressivo e/o polemico: ci sono alcuni social network in cui le polemiche o gli insulti sono purtroppo all’ordine del giorno. Qui siamo su una piattaforma di business, chi vorrebbe fare affari o collaborare con qualcuno che usa toni aggressivi o che polemizza in ogni occasione?
  4. Non lamentarti o parlare male di qualcuno: anche questa è una pratica davvero deleteria su LinkedIn. I conflitti in ambito professionale meglio risolverli in privato e non “metterli in piazza”. Per costruirsi un’immagine servono anni, per rovinarla basta un commento sbagliato.

Seconda parte dei suggerimenti sulle buone pratiche da utilizzare su LinkedIn per non danneggiare il tuo Personal Brand e per sfruttare al meglio il tuo Profilo LinkedIn.

5 cose da NON fare su LinkedIn, consigli di tipo tecnico-pratico:

  1. Non cercare scorciatoie: LinkedIn è un percorso e servono pazienza e costanza. Forzare la mano con post non pertinenti, con il solo scopo ottenere visibilità fine a se stessa è solo una perdita di tempo che non solo non porta risultati ma finisce per “annacquare” il tuo Personal Brand.
  2. Non mandare messaggi di vendita: l’attività di social selling richiede un lavoro paziente di ricerca, engagement, lead nurturing e uno scambio di messaggi con i potenziali clienti. Su LinkedIn non vendi ma ti guadagni l’opportunità di fissare un appuntamento. Gli anni ’80 sono finiti da un pezzo.
  3. Non inviare richieste di contatto senza un messaggio: questo è un grande classico, ne ho parlato decine di volte ma vale la pena ripeterlo. Un invito a connettersi è come presentarsi a qualcuno di persona, vogliamo fare uno sforzo e aggiungere due righe?
  4. Non taggare troppe persone nei post: se questi utenti non rispondono e non interagiscono, il tuo post finisce per essere penalizzato dall’algoritmo. Valuta sempre chi vuoi menzionare e assicurati che siano veramente interessati all’argomento.
  5. Non trovare tempo per rispondere ai commenti: se c’è una cosa sconfortante è vedere un post con molti commenti, magari con domande, e nessuna replica dell’autore. Quando pubblichi un post tieni sempre del tempo per interagire e rispondere, ci guadagni tu, il tuo post e gli utenti a cui rispondi.

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Calendario editoriale: tutto quello che devi sapere

Vuoi generare lead (clienti) di qualità? Vuoi aumentare le vendite? Vuoi creare autorevolezza? Vuoi alimentare la conversazione? Allora è arrivato il momento di avere una Content Strategy. Il content marketing è un approccio di marketing strategico, ha lo scopo di attirare e trattenere un pubblico specifico. Se sei in grado di creare buoni contenuti per il target giusto e sarai costante nel tempo, vedrai che i risultati arriveranno.

Unisci in un mix vincente il pensiero strategico, il tempo e la perseveranza e noterai l’incremento del profitto e il raggiungimento degli obiettivi!

Ed ora passiamo al “famoso” Calendario Editoriale. E’ bene fare una distinzione tra Piano e Calendario. Il piano editoriale è un documento che racchiude l’insieme di tematiche, contenuti, formati, che si desidera produrre. Il calendario editoriale è la vera e propria calendarizzazione del contenuto. Non farla sul cartaceo però, sei vuoi essere Smart e Digital ti consiglio di utilizzare ad esempio Trello.

Ma come si fa un calendario editoriale?

Si parte da una content strategy in cui:

  1. Si individuano gli obiettivi.
  2. Si individua il target, conoscere la propria audience e gli utenti è fondamentale per donare loro contenuti interessanti.
  3. Si definisce il budget ed il tempo, è importante lavorare sulla qualità di ciò che andrò a creare.
  4. Si crea il giusto tone of voice, linguaggio.

E poi siamo pronti per la calendarizzazione:

  1. Si scelgono i canali di pubblicazione
  2. Si decide chi sarà a pubblicare quel contenuto
  3. Si sceglie la call to action
  4. Si imposta la data di pubblicazione

Ma i risultati quando arriveranno?

So che ti stavi facendo questa domanda, probabilmente per generare profitto saranno necessari almeno dai 6 ai 12 mesi.

Ma se non ho idee come scelgo i contenuti del piano editoriale?

  • Faccio un social listening, analizzo la rete, di cosa parla e dove, cosa interessa al pubblico?
  • I tuoi competitor cosa scrivono? Analizzali, studiali e… prendi ispirazione, occhio non copiarli.
  • Utilizza tool per generare idee conosci Answer The Public?

Ed infine?

Infine è necessario elaborare i Kpi, gli indicatori delle performance. Se non te lo hanno già detto te lo svelo io, dovranno essere SMART; specifici, misurabili, azionabili, rilevanti, temporali. Non dimenticarti di condividerli con tutto il team e di monitorarli costantemente!

Nel lungo termine il content marketing potrebbe avere un effetto dirompente, è uno degli investimenti migliori che potresti fare.

Se questo contenuto ti è piaciuto potresti condividerlo con la tua rete!

Noi insegnanti non dobbiamo MAI bloccare l’entusiasmo degli studenti

Mi arrivano tanti messaggi. A volte mi scrivono persone che mi dicono: “Se a scuola mi avessero motivato a fare di più, se mi avessero detto che non ero io che ero stupido, non ero io a non essere portato per quella materia, dovevo solo capire meglio. Forse la vita mi avrebbe portato a fare qualcos’altro”.

Ecco perchè noi insegnanti non dobbiamo mai bloccare l’entusiasmo dei ragazzi, anzi dobbiamo portarli ad aprirsi. Perchè più ci irrigidiamo, più quando siamo in cattedra creiamo “corazza”, peggio è. Perchè i ragazzi poi non capiscono, che noi siamo stati come loro!

Come crescere su Instagram

Sono 500 milioni gli utenti attivi su instagram, sono persone in cerca di intrattenimento e divertimento. Oggi cercherò di darti qualche consiglio pratico e di spiegarti come muoverti su Instagram, soprattutto ti racconterò che solo la sponsorizzazione non ti darà un rientro effettivo. Prima di creare un piano editoriale dovresti porti una serie di domande.

  • Perchè una persona dovrebbe seguirti?
  • Cosa offri loro?
  • Sei capace di catturare le esigenze del pubblico? Cosa puoi fare per quel pubblico?
  • Conosci l’algoritmo? Chi lavora ai tuoi profili social si aggiorna costantemente? 
  • Analizzare i tuoi punti di forza e cerca di scoprire qual è il vantaggio che potresti offrire.

Solo dopo aver risposto a queste domande potresti partire con la creazione dei contenuti, cercherò di aiutarti lasciandoti delle idee da mettere in pratica subito. 

  1. Il profilo dovrà essere ottimizzato, le persone dovranno avere immediatamente chiaro ciò di cui andrai a parlare. Immagine del profilo, storie in evidenza, bio, keywords, feed ordinato.
  2. Se vuoi entrare nei “consiglia” dovresti categorizzare il tuo profilo, quale tematica tratti?
  3. Il piano editoriale deve corrispondere ai tuoi obiettivi di comunicazione, se sai cosa comunicare e non crei la caption improvvisata all’ultimo secondo, probabilmente avrai un post che crea maggior engagement. 
  4. Stai sfruttando tutti i formati? post, caroselli, reel, storie, dirette, ci saranno utenti che preferiscono un formato piuttosto che un altro, in questo modo potresti “accontentare” più persone.
  5. Tutti ormai da tempo stiamo dicendo che devi sfruttare il format reel, ma sono realmente un ottimo modo per far crescere il tuo profilo e mostrarlo ad utenti che non ti seguono. 
  6. Hai mai pensato di collaborare con altri profili magari in linea con il tuo? Sono una vera vetrina per farsi conoscere da altre persone. 
  7. Cura il testo, tone of voice, copy persuasivo, il tono sempre lo stesso, in linea con il brand, il testo catturerà l’attenzione delle persone e le porterà a compiere la famosa azione. 
  8. Segui la pagina ig creators? È ricca di idee, di spunti e ti permette di stare al passo con i continui cambiamenti della piattaforma. 

Adesso parliamo delle sponsorizzazioni. Sono un’ottima strategia ma non bastano. Devi raccontare qualcosa, devi creare una storia intorno a te altrimenti non avrai mai quel famoso vantaggio competitivo, per crescere fidelizzare è fondamentale. La sponsorizzata è qualcosa in più ma ciò che ti porterà dei veri risultati nel medio-lungo termine sarà un’attività di comunicazione e coinvolgimento, in modo di catturare costantemente l’attenzione delle persone. 
 
Mostri il dietro le quinte? Utilizzi immagini di persone “reali” che lavorano nella tua azienda?
Sono piccole idee ma che potrebbero avvicinare il pubblico e fare la differenza.

Intelligenza o inconscienza artificiale?

Finalmente ho trovato il tempo per leggere “Incoscienza Artificiale“, il bel libro di Massimo Chiriatti.

Questi i punti chiave che mi sono appuntato:

✅ Il ragionamento parte dalla riflessione che troviamo in prefazione: “L’uomo vede l’IA come una macchina in grado di prendere le sue decisioni, ma si sbaglia, perché è solo un calcolatore di simboli, anche se sempre più sofisticato. L’IA vede l’uomo come un insieme di numeri, ma si sbaglia, perché la coscienza è incomputabile”.

✅ Di uno strumento (in questo caso la tecnologia) siamo soliti dire che non è né buono, né cattivo, dipende dall’uso che se ne fa. Vero! Ma nel caso dell’IA dobbiamo aggiungere che non è neanche neutrale, poiché gli algoritmi che ne sono alla base si “nutrono” di dati, che sono spesso risultato di scelte soggettive. Scrive Massimo: “Noi siamo sempre di parte, è la nostra natura. Perché pretendere allora l’imparzialità degli algoritmi, che non fanno altro che seguirci e leggerci?”

✅ “La curiosità ci salverà dall’algoritmo”, questa mia affermazione continua a trovare conferma. Dobbiamo fare di tutto per non farci rinchiudere nei “walled garden” (giardini recintati), in cui entriamo spinti dalla paura di essere esclusi dall’accesso all’informazione, ma la cui uscita è ostacolata da alti muri. Eppure non possiamo fare a meno di essere connessi, se è vero quanto scrive Chiriatti che: “non sarà la specie più forte a sopravvivere, né la più intelligente, ma quella più connessa”. Ed ancora: “Solo se restiamo diversi miglioreremo, anche ibridandoci con l’IA, ma se azzeriamo le nostre differenze l’IA avrà gioco facile nel sostituirci”.

✅ Occorrono competenze diverse ed eterogene, per comprendere cosa accade e come lavora (e decide) la “black box”, ovvero il processo algoritmico. Mano a mano che l’IA migliora e perfeziona i suoi risultati, nello svolgimento di compiti specifici e verticali, serviranno sempre più competenze multidisciplinari ed orizzontali. Chi avrà la capacità di orientarsi tra discipline diverse, possiederà la creatività che serve alle aziende ed alla società.

Insieme a “Etica dell’intelligenza artificiale” (Luciano Floridi), “L’algoritmo e l’oracolo” (Alessandro Vespignani) e “Le macchine di Dio” (Helga Nowotny) un libro che chiude il cerchio sullo stato dell’arte relativo all’intelligenza artificiale.

Merito, talento e ruolo dell’istruzione

“Merito” può significare il talento di ognuno che deve essere sviluppato, o il contributo che ciascuno deve poter dare alla collettività, a prescindere dalla sua estrazione sociale, dal suo reddito, dalle gerarchie.
Per Frederic Laloux, la meritocrazia (intesa nel senso di cui sopra) è una delle svolte delle organizzazioni “arancioni”. In esse le gerarchie non sono (più) stabili e il passato non pregiudica il presente. Un esempio di organizzazione arancione è la multinazionale, mentre esercito, Chiesa cattolica e Pubblica amministrazione sono esempi del modello precedente (organizzazioni ambrate) che la meritocrazia mette in crisi.
Questa prospettiva ragiona sul merito che c’è, che si è generato e che può trovare o non trovare sbocco e compimento

Ma il “talento” è anche espressione di certe condizioni di partenza: la deprivazione economica e culturale, la carenza o assenza di stimoli, il mancato accesso a occasioni di formazione e altri fattori rendono opaca e discriminante la nozione di “talento” (e quindi di “merito”).
Tranne rarissime eccezioni (plusdotazione, eccezionali abilità forse innate) il merito individuale non può essere considerato in astratto come se accadesse nel “vuoto”: esso accade in una realtà precisa, che è sociale, economica, culturale e all’interno di relazioni che favoriscono o reprimono talenti.

Questa prospettiva ragiona su come si forma il merito, prima che si ponga il problema del suo sbocco.

Merito e ruolo dell’istruzione?

L’istruzione (educazione, formazione, istruzione) è proprio il luogo della scoperta, formazione, costruzione, potenziamento dei “meriti” individuali, di tutti e di ciascuno.
Inoltre, come da dettato costituzionale, la Scuola deve contribuire a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3).

A completamento, l’articolo 34 dice anche che: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”, mettendo in correlazione il diritto allo studio con i mezzi di sostentamento (in un periodo in cui studiare significava privare la famiglia di forza-lavoro indispensabile).

Cosa significa “capaci e meritevoli”?

Siccome lo strumento principale per attuare il diritto allo studio è, come suggerito dall’articolo 34, la borsa di studio, ma lo stato ha disponibilità limitate, gli idonei a ottenerla sono individuati per concorso: fra i criteri, oltre a ISEE delle famiglie e durata del percorso richiesto, c’è il merito (cioè i voti dello studente). Inutile dire che nella pratica vi sono idonei che non ricevono le borse.

Come sfruttare l’algoritmo di LinkedIn?

C’è ancora posto per te su questa piattaforma? Certo che si, basta giocarsi bene le proprie carte. Per avere un profilo ottimizzato conoscere l’algoritmo diventa importantissimo, è come trovare una chiave che ti apre la porta verso il successo. Ma l’algoritmo cos’è? Il suo scopo è quello di creare una buona esperienza per l’utente, ha il compito di assicurarsi che tra tutti i contenuti presenti, gli utenti trovino quelli più coinvolgenti in modo che restino più tempo sulla piattaforma.

Dunque tu, che scrivi post per Linkedin dovresti riuscire a creare contenuti più: Accattivanti, Coinvolgenti, Utili, rispetto a quelli creati da altri utenti. Vediamo punto per punto il funzionamento dell’algoritmo di LinkedIn.

Il tuo post dopo la pubblicazione sarà “campionato” da un piccolo gruppo di follower

Inizialmente solo una parte vedrà il tuo post, ma se i tuoi utenti inizieranno ad interagire, questo significherà che il tuo contenuto è stato apprezzato e lo suggerirà ad altri utenti. 60 minuti di gloria. Sembra che i primi 60 minuti siano fondamentali, più coinvolgimento ci sarà da parte degli utenti più il tuo post viaggerà nella home di Linkedin. 

Non c’è un arbitro ma c’è un punteggio

LinkedIn fornisce un punteggio di contenuto basato sul tipo di coinvolgimento, (il consiglia, il commento, la condivisione) ed una volta sommato, il risultato determinerà la qualità del contenuto. Dunque se il post sarà considerato di alta qualità verrà mostrato a più persone.

Orario di pubblicazione

Varia i tempi di pubblicazione per capire cosa funziona meglio per il tuo pubblico, quando c’è maggior engagement? Sperimenta i vari momenti della giornata per capire quando gli utenti interagiscono di più con i tuoi contenuti. Evita i filtri anti spam, non creare post ingannevoli, troppo promozionali, non offendere, non tormentare le persone nella chat, se gli utenti ti bloccheranno questo potrebbe non piacere all’algoritmo. 

Cerca di ottenere almeno 500 connessioni, (ma che non siano richieste di collegamento casuali) sembra che Linkedin favorisca gli utenti con più connessioni. 

Ottimizza il profilo

L’algoritmo studia il profilo dell’utente per suggerirgli le connessioni migliori e farlo apparire nelle ricerche effettuate dai recruiter o dagli “head hunter”. Le parole chiave nella tua biografia e nel tuo profilo sono fondamentali. Gli utenti che atterrano sulla tua pagina dovranno capire velocemente e in maniera chiara quali siano gli argomenti di tua competenza.
 
L’algoritmo è mutevole, spesso in aggiornamento, ma ricordati che il suo scopo sarà sempre quello di creare un’esperienza utente migliore possibile, dunque fondamentale sarà lavorare su contenuti di altissima qualità.

Come funziona algoritmo LinkedIn