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Scrittura digitale: come rendere un testo accattivante

Ciao! Mi presento, sono Martina Meola, copywriter e content strategist, con questo articolo inauguro la mia collaborazione con Moondo!
Quella che ti propongo è una mini guida per rendere un testo ACCATTIVANTE! La scrivo quasi come fosse un post per i social, per farti capire le differenze ed entrare subito in argomento. Bene, possiamo iniziare il nostro viaggio nella scrittura digitale.

Scrivere è bellissimo.

⏳ Mi porta in un luogo che potrei chiamare “non tempo”, quando scrivo non mi accorgo dei minuti che passano. Tutti possiamo scrivere. Se ti dicono che devi conoscere un milione di parole non crederci. 

💻 Se hai un pc sotto mano ti basta cercare i sinonimi per non ripetere i concetti.

Ma la domanda principale è: come si imposta un testo?

Ti darò dei consigli da mettere in pratica subito. Inizio con delle indicazioni che avrai sicuramente già letto, ma sono importantissime. Le troverai anche guardando dei video su YouTube, ma, se non hai voglia di ascoltare l’audio allora questo testo è perfetto per te. 

  • No muro di testo. Fondamentale, l’ho già scritto un sacco di volte, spaziare la scrittura aiuta tantissimo nella lettura.
  • Le frasi brevi sono perfette, possono invogliare la lettura e ti fanno venir voglia di leggere la riga dopo, e quella dopo e quella dopo ancora.
  • Elenco puntato, elenco numerato, alleggeriscono il testo ed esteticamente sono anche molto piacevoli. 
  • Non utilizzare un gergo tecnico, se scrivi per tutti ricorda che tutti devono capire.
  • Le emoticon vanno benissimo se il tuo Tone of Voice è “Friendly”, amichevole.

Questa era la premessa. Adesso entrerò nel dettaglio con degli spunti che ti SCONVOLGERANNO. Vabbè ho esagerato… 

Calati nella mente di chi sta leggendo ed anticipa le domande del pubblico

👉 Esempio 1 = Ma è davvero efficace quello che ti sto proponendo? Te lo mostro subito. 
✔️ Utilizza i luoghi comuni, ci sono aziende che impostano la loro comunicazione proprio su questi. Può piacere oppure no, ma ti assicuro che funziona. 

👉 Esempio 2 = Non riesci a decifrare le bollette perchè sono troppo complicate da leggere? Ecco le persone si sentiranno immediatamente capite. 
✔️Incornicia la realtà. Ehi ascoltami bene non significa mentire, occhio, è un pò come se tu dessi un regalo di compleanno, lo impacchetti per renderlo migliore giusto? Bene, è la stessa cosa. 

👉 Esempio 3 = Questo corso ti porterà dei risultati. Trasformalo in Questo PERcorso ti porterà INCREDIBILI risultati. 
✔️Eleva l’hype, aumenta l’attenzione, l’interesse, utilizza queste parole prima di iniziare il tuo testo. Se mi leggi sui social avrai notato che lo faccio spesso anche io.

👉 Esempio 4 = Tieniti forte. -Attento potresti rimanere scioccato da quello che sto per dirti – Sto per raccontarti qualcosa di incredibile!✔️Anticipa i pregiudizi. Quante volte ti è capitato di incontrare questa tecnica? 

👉Esempio 5 = Non è la solita app – Non è la solita offerta luce e gas. 

Raccomandazioni

❌ Non utilizzare queste idee per mentire al tuo pubblico perchè li farai scappare a gambe levate, gli utenti vogliono solo la verità. Scrivere utilizzando questi esempi potrebbe aiutarti a catturare l’attenzione delle persone. Magari qualcosa andrà bene qualcos’altro no.

✍️ Rendere migliore un testo è possibile. Dipende solo da te.

Marketing automation e dynamic pricing, quanto ne sai?

C’eravamo lasciati con alcune idee e suggerimenti per iniziare a vendere online. Bene, finalmente ci siamo, arriva il nostro tanto desiderato cliente! Cosa dovrebbe fare una volta atterrato all’interno dell’ecommerce. Quale dovrebbe essere il percorso d’acquisto?

Caratteristiche e funzionalità base di un e-commerce

  • Un motore di ricerca interno, un menu con categorie e sottocategorie, prodotti divisi per brand, filtri per visualizzazione dei prodotti per prezzo, colore, taglia, ecc. sono tutti plus utili a facilitare la scelta del cliente che, individuato il prodotto, accede alla “scheda prodotto” e dunque a tutte le informazioni che lo riguardano.
  • L’offerta di eventuali prodotti migliori di quello selezionato (up selling) o correlati (cross selling), recensioni di altri clienti, ecc. consentono di migliorare la user experience dell’utente. In ogni pagina di prodotto deve essere ben visibile e chiara la possibilità di “aggiungere al carrello” il prodotto desiderato.  
  • Siamo nella fase di finalizzazione dell’acquisto, l’utente deve poter scegliere se registrarsi al sito (con e-mail o con login di accesso di un social, es. Facebook) oppure acquistare come guest (ospite). In entrambi i casi dovrà rilasciare i dati per la spedizione (ed eventuale fatturazione) e scegliere la modalità di pagamento (bonifico, paypal, carta di credito, contrassegno) e consegna (corriere espresso, spedizione ordinaria, ritiro in negozio, ecc.). L’errore più comune è considerare conclusa in questo modo la fase di vendita.
  • Devi invece pensare che questo è solo il primo passo, ora spetta all’azienda prendere in mano la gestione dell’ordine. Ricevuta la notifica di acquisto, devi iniziare l’iter per l’evasione dell’ordine: prelevo del prodotto dal magazzino e preparazione del pacco per la spedizione, fatturazione, affidamento al corriere.

Tutte queste fasi devono essere comunicate (o rese accessibili per una consultazione) al cliente. Buona norma è chiedere al cliente un feedback, un commento, un voto, cosa che permetterà ad altri potenziali acquirenti di farsi un’idea sul negozio e sul tuo modo di lavorare.

Marketing automation

Nella stragrande maggioranza dei casi i siti di e-commerce hanno carrelli pieni di prodotti che però non si tramutano in acquisto, almeno nell’immediato.

Questo avviene perché gli utenti utilizzano il carrello come deposito. “Tanto metto il prodotto nel carrello, poi magari domani lo acquisto”. Questo avviene anche se avete previsto la possibilità di creare una “Lista dei desideri”.

Niente da fare, l’utente medio preferisce riempire comunque il carrello… sarà un retaggio del nostro modo di acquistare nel mondo reale. Chi lo sa!

A proposito, se dovete fare un regalo alla vostra ragazza, a vostra moglie, e non sapete cosa acquistare per lei, date uno sguardo al carrello del suo sito preferitom, sarà come leggerle nel pensiero, non si può sbagliare. Benedetta tecnologia! 😅

Marketing Automation

E’ facile intuire come avere un e-commerce con un carrello che abbia memoria dei prodotti inseriti sia molto importante. In modo da riproporli all’utente nel momento in cui entrerà nuovamente nel nostro sito o navigherà su altri siti (retargeting se è un cliente guest, remarketing nel caso sia un cliente loggato).

Per cercare di trarre vantaggio da questo modo di fare, sempre più spesso i siti di e-commerce integrano software di marketing automation. Cosa sono?

In parole povere il software di marketing automation altro non è che l’equivalente del commesso nel negozio tradizionale. Una voce di costo differente nella “forma”, ma non nella sostanza.

Ricordi cosa succedeva con l’alimentari sotto casa? Entravi ed il titolare dietro il bancone ti diceva: “Pane ben cotto e salato, giusto?”, oppure: “Oggi ho questo prosciutto buonissimo, ne faccio un etto?”, o ancora: “Giovedì era stato tentato dalla mozzarella di bufala, oggi ce l’ho in offerta, la vuole?”.

Ecco i software di marketing automation non fanno che automatizzare queste funzioni. E’ il commesso, solo che è digitale.

Per cui se hai messo un prodotto nel carrello, ma non hai concluso l’acquisto, potresti ricevere una mail con un codice sconto. Oppure se acquisti con frequenza un prodotto potresti vedertelo offrire con azioni di retargeting o remarketing.

Se hai acquistato un prodotto che prevede l’acquisto di accessori di consumo, ad es. una stampante, dopo un po’ di tempo potresti essere oggetto di azioni di marketing che ti offrono di acquistare carta, cartucce o toner (cross selling).

Il commesso digitale ti conosce bene, meglio di quello reale (perché sa quello che fai anche in altri negozi e nella tua vita social) e si ricorda di te!

Ultima frontiera: dynamic pricing

Ultima cosa da sapere. I prezzi all’interno di un e-commerce possono essere dinamici. Cosa significa? Posso mostrare prezzi diversi a clienti diversi? Si. Dai, non dirmi che non te ne eri accorto!!!

L’ho provato io stesso prenotando un biglietto: da loggato al sito (quindi da cliente conosciuto) e da ospite (guest), stesso biglietto, stesse identiche condizioni, due prezzi diversi e non di poco.

E’ lecito? Boh…

Sappi però che la pratica è più diffusa di quello che pensi e consiste proprio nel variare i prezzi in base alle caratteristiche (su tutte la capacità di spesa) del consumatore.

Sei collegato con iphone ultimo modello? Viaggi in prima classe ed alloggi in hotel di lusso… allora vedi (e paghi) prezzi più alti (il che in linea di principio nemmeno mi dispiacerebbe come idea di giustizia sociale e redistribuzione del reddito digitale).

Il problema è che non sempre quello che faccio in rete equivale a quello che posso fare nella realtà. Ad esempio potrei essere un visitatore di siti di auto od orologi di lusso, ma non potermene mai permetterne uno… e ritrovarmi a pagare i biglietti come chi gira in Bugatti. Che beffa!

DYNAMIC PRICING

Per spiegarti meglio di cosa sto parlando riporto un estratto del documento redatto dal dott. Marco Massimini (il contenuto integrale lo trovi qui: https://bit.ly/tobedigital-dynamicpricing).

“I continui sviluppi dell’information technology e la logica del profitto suggeriscono ai venditori del mercato digitale che oggi è possibile ottenere nuove e consistenti marginalità adottando decisioni automatizzate basate sulla profilazione degli utenti web.

Per far questo, si dovrebbe chiedere alla privacy di scansarsi per far spazio ad un’ampia attività di monitoraggio che consenta di discriminare i prezzi in base alle caratteristiche dell’individuo. Affidando a raffinati algoritmi machine learning l’analisi delle diverse tracce elettroniche disseminate nel cyberspazio, si possono ottenere preziosi indicatori sul benessere economico di una persona, la sua propensione all’acquisto ed altre informazioni in grado di svelare connotazioni e attitudini private utili a formulare offerte sempre più customizzate.

Il retailer può così offrire la cosa giusta, al momento più opportuno, al costo che stima maggiormente sostenibile (o comunque invitante) per lo specifico consumer; grazie a tale strategia, il primo ha maggiori chance di convincere il secondo ad acquistare, e il secondo può spuntare un prezzo migliore rispetto al solito.

Potendo apportare, almeno in via di principio, vantaggi a tutte le parti negoziali, se un simile business model dovesse dispiegarsi su larga scala dovremmo teoricamente assistere ad una complessiva ottimizzazione del rapporto tra domanda e offerta: un fenomeno cui, pertanto, dovrebbe riconoscersi una congrua utilità socioeconomica.

Tuttavia non può sfuggire che vi siano questioni da vagliare sul piano sia etico che giuridico e, ad avviso di chi scrive, converrebbe che i regulators le affrontassero prima che la pratica si diffonda in ogni dove.

A prescindere da come è costruito, è pacificamente accettabile che ad ognuno di noi sia mostrato un prezzo diverso per il medesimo bene? Ed è giusto che la differenziazione sia basata sul monitoraggio di quello che facciamo online?

Per quei giant tech d’oltreoceano che hanno come asset fondamentale la monetizzazione dei dati personali (Google, Facebook, Amazon, etc.), probabilmente non ci sarebbe nulla di sbagliato in tutto questo perché si tratterebbe di un’evoluzione naturale del loro modo di fare business. E comunque, giusto o sbagliato che sia, occorre prendere atto di una cruda verità: storicamente il rapporto venditore-acquirente non è una democrazia, e tanto meno lo è da quando il rapporto si è trasferito in un digital marketplace globale ed oligoplistico, egemonizzato da pochi in grado di imporre le proprie logiche commerciali a miliardi di persone. Ciononostante, non è detto che lo sviluppo di queste pratiche commerciali abbia vita facile. Specie dopo il caso Facebook/Cambridge Analytica, il pubblico potrebbe mostrare scetticismo riguardo le tecniche di microtargeting volte a influenzare le scelte degli utenti. E, in riferimento ai cittadini UE, questi sistemi dovrebbero fare i conti con le norme a difesa dei consumatori e con le nuove disposizioni in materia di protezione dei dati personali (GDPR e Regolamento ePrivacy)”.

Insomma, come dico sempre, la tecnologia aiuta a vivere meglio, il digitale apre mondi e possibilità infinite, ma bisogna conoscere le cose per saperle gestire e regolarle. In questo contesto, diffondere cultura digitale, continua ad essere un mio obiettivo prioritario.

4 idee per posizionare il tuo prodotto, realizzare un ecommerce ed iniziare a vendere

Come promesso alla fine dell’articolo “C’è posto per il tuo e-commerce e per vendere online?“, qui proverò a fornirti 4 idee e qualche indicazione per posizionare il tuo prodotto, realizzare un ecommerce ed iniziare a vendere. Ti avviso, l’articolo è un po’ più lungo del solito, ma è un condensato di suggerimenti che, se applicati, potrebbero esserti utili e, ricordati, qui parliamo di vendita, fatturato, utile… do you understand?

1. Emozionare per vendere

La gente è online per divertirsi, emozionarsi, inseguire un sogno. Ed allora perchè non sfruttare questa peculiarità? Il tuo sito e-commerce per vendere deve emozionare, deve stimolare i sensi, regalarmi un’esperienza unica d’acquisto.

Hai creato un sito di vendita di prodotti enogastronomici del territorio? Prova a pubblicare un’antica ricetta della tradizione locale. Magari accompagnando il tutto con un video tutorial che ritrae uno chef famoso (o curioso) mentre prepara il piatto. Lo chef potrebbe spiegarmi perchè ha scelto proprio quei prodotti. Mi potrebbe dare consigli su come utilizzarli al meglio in quella ricetta ed eventualmente suggerirmi un appuntamento per un webinar riservato solo a me ed altri pochi fortunati clienti del sito.

Cerca di seguirmi nel ragionamento. Se giochi una competizione basata solo sul prezzo hai una sola variabile su cui agire: vendere ad un prezzo inferiore. E stanne certo, al mondo ci sarà sempre uno capace di vendere ad un prezzo più basso del tuo.

Cosi come se la competizione è basata sull’efficienza. Una sola possibilità: essere più efficienti (ad es. consegnare in minor tempo. Pensi davvero di poter battere Amazon?).

Se invece decidi di giocare la competizione sul piano dell’emozione, le variabili su cui agire sono molteplici. Ognuno di noi si emoziona in modo diverso e per cose diverse. Più variabili, più possibilità!

2. Coinvolgere per vendere

Tempo fa lessi questa frase: “Internet isn’t a vending machine, it is a tool for collaboration”. Con il diffondersi degli strumenti di condivisione (su tutti i social network), le persone hanno imparato a scambiarsi informazioni, opinioni. Il consumatore vuole partecipare, vuole sentirsi utile, vuole essere parte del brand che sceglie.

Pensa alla comunità dei Ducatisti, o degli Harleysti. Nessun designer, ingegnere, sviluppatore saprà essere più preciso nel fornire informazioni utili per migliorare un prodotto, di colui che quel prodotto lo usa quotidianamente, di chi ne ha fatto una ragione di vita.

Coinvolgere il cliente nello sviluppo di nuovi prodotti (o servizi) è un plus che può dare soddisfazioni economiche enormi: prodotti più performanti, clienti più fidelizzati ed aumento delle vendite.

3. Informare per vendere

Ogni prodotto ha una storia. Ogni produttore ha una storia. Raccontale entrambe. Contro un prodotto che ha una propria storia non c’è concorrenza, nè di prezzo, tanto meno di efficienza.

Se trovi su uno scaffale una bottiglia da 500 ml di “aceto balsamico” a 5,00 € e, poco lontano, una bottiglietta da 100 ml di “aceto balsamico tradizionale” a 200,00 € cosa capisci? Nulla, oltre a notare una differenza sproposita di prezzo, fintanto che qualcuno ti spiega che si tratta di due prodotti completamente diversi. A partire dagli ingredienti utilizzati (vino per l’aceto balsamico e mosto cotto di uve autoctone per il tradizionale), per finire ai tempi di invecchiamento.

Questo per dirti che solo un consumatore informato diventa un consumatore consapevole. E solo un consumatore consapevole sarà disposto a spendere qualcosa in più per acquistare un prodotto di cui apprezza la cultura, la storia, la tradizione ed i valori in esso contenuti.

Informare per vendere

4. Vendere il Made in Italy

“Se il Made in Italy fosse un brand sarebbe il terzo al mondo” è quanto scriveva IlSole24Ore già nel 2014, sulla base di uno studio KPMG.

Il Made in Italy rappresenta un unicum nel panorama mondiale. Un valore percepito molto più all’estero che in Italia (dai consumatori, ma a volte anche dagli stessi produttori). Basti pensare al valore intrinseco riconosciuto ad un prodotto “Made in Italy”, rispetto a qualunque altro “Made in…” del mondo!

Ma come nasce questo brand unico nel suo genere? Ce lo rivela Umberto Vattani (Ambasciatore ed ex Presidente ICE): “Verso la fine degli anni ’50 organizzammo una serie di mostre di prodotti italiani (Losanna, Rotterdam, Londra). I prodotti per la prima volta erano esposti insieme, creavano un ambiente, dettavano uno stile, tanto che sui giornali del tempo per la prima volta venne usato il termine “made in Italy”, per identificare queste mostre ed i prodotti che vi erano esposti. Da lì a seguire in ogni mostra in cui si esponevano prodotti italiani, ricercati e di classe, venne utilizzato il termine made in Italy. Era nato l’Italian Style!”

Ma nella sua ricerca sull’origine del brand made in Italy Vattani si spinge oltre, risalendo fino al Rinascimento, a quelle botteghe popolate dai Mastri Artigiani e dai loro allievi, in cui la creatività, l’estro e l’inventiva italiana, non era solo finalizzata al prodotto, ma anche agli strumenti necessari per realizzarlo (o per migliorarlo). Da questa riflessione ne consegue che made in Italy non è solo il prodotto finito, ma anche tutti i macchinari ed il know how necessario per produrlo.

made in italy

Partendo dall’analisi del brand made in Italy è utile ragionare su come proporlo e supportarlo nel mondo digitale, ad esempio attraverso la divulgazione della cultura, dello stile, delle bellezze italiane con:

  • expertelling dei mastri artigiani;
  • expertelling delle aziende eccellenza del made in Italy;
  • storytelling del patrimonio culturale ed artistico;
  • racconto di tradizioni e segnalazione di eventi locali;
  • tendenze del design, della moda, del gusto, dell’enogastronomia italiana;
  • racconti di personaggi che hanno fatto la storia dell’Italia in campo artistico, scientifico, industriale ed imprenditoriale.

Come vendere online

Ok, ora che hai scelto su cosa puntare per vendere il tuo prodotto online proviamo a ragionare su come vendere. Secondo uno studio NN Group Research i clienti online ricercano:

  • Velocità: desiderio di gratificazione immediata, sia nel ricevere il prodotto acquistato che nell’interazione con il negozio per servizi di post vendita (resi, ecc.);
  • Garanzia: vogliono sentirsi al sicuro e prediligono i siti che hanno adottato misure di sicurezza e protezioni adeguate dei dati personali, come dei processi di pagamento;
  • Informazioni accurate: precisione nelle informazioni di geolocalizzazione, dati di inventario, messaggi sullo stato degli ordini, tempi di ritiro, prezzi, date di arrivo e recensioni degli utenti.
  • Opzioni: di scelta prodotti, di pagamento, di spedizione, di contatto con il servizio clienti, ecc.
  • Esperienza: vivere un’esperienza d’acquisto che sia coinvolgente ed emotivamente appagante.

Il processo di acquisto di un potenziale cliente lo schematizziamo nell’ormai famoso imbuto d’acquisto (funnel), per cui ad una prima fase di conoscenza (awareness), segue l’interesse per il prodotto (appeal), poi la valutazione d’acquisto (ask), l’acquisto vero e proprio (act) ed infine la fidelizzazione (advocacy).

funnel acquisto

 Riprendendo punto per punto le fasi del funnel:

  1. Conoscenza (awareness): il cliente acquisisce consapevolezza dell’esistenza del problema e scopre il prodotto che può risolverlo. Si parla sempre più di contextual commerce: l’esperienza di acquisto online sarà sempre meno legata ad un luogo specifico online (e-commerce dedicato) e sempre più inserita nel contesto che l’utente in quel momento sta vivendo (es. un articolo di approfondimento, un video o un virtual tuor, un game), con la possibilità di acquistare un prodotto direttamente dal contesto in cui lo si scopre, senza doverlo cercare online (hai presente le lenti di Snapchat?). Se ad esempio hai puntato sul “vendere il made in Italy” un portale di contenuti diventerebbe l’attrattore di potenziali clienti italiani ed internazionali appassionati del made in Italy.
  2. Interesse (appeal): il cliente ha focalizzato il problema e deciso che deve eliminare lo stato di tensione che avverte. Inizia a prendere in considerazioni le soluzioni. Si potrebbero proporre articoli su specifici prodotti con link allo store + Advertising sul marketplace + Social Media Advertising.
  3. Valutazione (ask): il cliente ha deciso, vuole risolvere il suo problema. In questo contesto crea una lista di possibili acquisti, per passare alla cassa sono fondamentali: 1) la reputazione dello store; 2) le recensioni dei clienti; 3) tempi e costi di spedizione; 4) i servizi al cliente in pre e post vendita (assistenza, reclami, resi, ecc.).
  4. Acquisto (act): il cliente ha scelto te ed acquistato il prodotto. Ora la sua esperienza d’acquisto si deve arricchire di contenuti creati “ad hoc”. Ad esempio consigli su come usare il prodotto (es. ricette), come conservarlo, come migliorarlo (cross selling ed up selling), ecc. Potresti pensare a contenuti dedicati, riservati solo a chi già cliente, una sorta di Club Privè (es. sviluppare la community made in Italy).
  5. Fidelizzazione (advocate): se il cliente è pienamente soddisfatto consiglierà i tuoi prodotti e l’azienda ad altre persone. Questa fase può essere agevolata attraverso contest e giochi che focalizzino i valori del cliente, condivisi dal brand. Es. potrebbe essere utile coinvolgere brand ambassador del made in Italy, influencer, ecc. Così come la possibilità di accedere a sconti riservati, gift cards, omaggi, inviti ad eventi, ecc. per chi condivide l’esperienza d’acquisto e/o l’uso del prodotto sui propri canali social.

🙏 Permettetemi un ringraziamento e delle scuse, a quei pochi coraggiosi che sono riusciti a leggere tutto l’articolo!
Promesso il prossimo sarà più corto 😅.

Il Direct Mail Marketing è morto? Anche no: l’utilizzo di DEM e Landing Page

In questo articolo voglio approfondire i concetti di direct email marketing (dem) e landing page (pagina di atterraggio), analizzati entrambi dal punto di vista del “marketing a risposta diretta”, ovvero un’azione di marketing cui deve seguire una reazione da parte del cliente.

Mi piace concludere così la trattazione del tema digital marketing affrontato negli articoli precedenti, per rispondere a quanti sui social (Facebook su tutti) si affannano a far morire di tutto: “Il direct mail marketing è morto!”, il content marketing pure, il social media marketing ha le ore contate ed anche LinkedIn non sta messo tanto bene… clicca qui e scopri come guadagnare da 2 a 5K in una settimana (il k fa figo, fa tanto giovane e sta per 000, mila)! Ecco io penso che questa gente sia una benedizione per chi fa questo mestiere seriamente…

DEM e Landing Page

Si tratta evidentemente di 2 strumenti diversi ma che, per comodità espositiva, tratto insieme. Per farlo pensa ai due strumenti come se fossero una “sales letter” (una proposta di vendita) che, nel primo caso (dem) viene spedita attraverso una mail al cliente, nel secondo (landing page) pubblicata su uno spazio web cui il cliente viene reindirizzato.

Posto che l’obiettivo di una campagna di marketing operativo ha come orizzonte temporale il breve periodo, che l’utilizzo di uno strumento come la sales letter è, per definizione, finalizzato alla vendita, vorrei sgombrare il campo da dubbi: il mercato è un oceano, attenzione a dove nuoti, pesce grande mangia pesce piccolo! Prima diventi grande meglio è.

Non vi è spazio per la raffinatezza, lo stile ricercato, il tentennamento. In questa ultima fase occorre andare dritti al punto. Abbiamo in mano il problema/bisogno del cliente, dobbiamo spingerlo all’acquisto. Senza tanti fronzoli. Altrimenti chiuderà la vendita qualcuno meno cortese di te, meno sensibile, meno raffinato, meno ricercato, ma più risoluto. Un po’ come nella “Guerra di Piero” di Fabrizio De Andrè.

De Andrè
La guerra di Piero illustrata da “Roby il pettirosso” (Fonte: Facebook)

Si tratta di centrare l’obiettivo, in questo caso è uno solo: VENDERE.

Nei paragrafi che seguono i concetti sono portati all’estremo, per pure finalità divulgative. Mi raccomando, se decidi di scrivere una sales letter (o impostare una landing page) puoi andarci anche più leggero 😊.

6 regole per una dem (landing page) perfetta

  1. 1 Problema = 1 soluzione

E’ prioritario individuare IL problema (uno solo) che il cliente sa/sente di avere. Quindi offrire LA soluzione (una sola). Nella Headline (il titolo) e nel primo paragrafo parla del problema (del problema, non della soluzione: Es. dell’importanza di conoscere la lingua inglese, non del corso di lingue), poi di come il tuo prodotto lo risolve in modo differente (posizionamento) e con quali vantaggi. Illustra gli elementi distintivi rispetto alla concorrenza e la tua value proposition.

Già nel titolo devi chiaramente esplicitare perche’ stai scrivendo al lettore e ribadirlo nel primo paragrafo. Ogni volta che se ne presenta l’opportunità va ri-posizionato il prodotto nella mente del cliente. Il problema esposto in apertura va drammatizzato e ripetuto più volte nel corso della sales letter, per predisporre il potenziale cliente all’acquisto, del prodotto/servizio che gli risolve la vita, senza indugi! Attenzione il problema va sviscerato non solo nei riguardi di chi lo ha (primo passo), ma analizzato e “drammatizzato” anche attraverso le ripercussioni che produce sulle cerchie (sfere influenza) con cui il cliente ha rapporti: famiglia, amici, conoscenti, colleghi, superiori, dipendenti.

Allo stesso tempo quando si esplicita la soluzione, le ripercussioni positive devono essere rapportate agli stessi membri della sfera d’influenza. In pratica: se non risolvi il problema ti succede questo, se lo risolvi quest’altro ed i benefeci saranno per te ma anche per la tua cerchia.

Il segreto di un buon copy è far leva (in maniera elegante e con stile) sui desiderata socialmente inaccettabili ed inconfessabili delle persone!
Ad esempio potresti puntare su:

  • Avidità
  • Sesso: sarai più desiderato/a
  • Fare un affare migliore della massa: Es. offerte riservate, club privè…
  • Salute: starai meglio, allontanerai le preoccupazioni (es. prodotti assicurativi), bellezza
  • Automiglioramento: Es. corsi professionali, strumenti lavoro.
  • Rispetto/rivincita
  • Piacere, divertimento, svago
  • Paura

La paura è il trigger più utilizzato (abusato a volte) anche se fa sempre effetto, una sorta di extra-bonus del copy, che funziona con tutti.
Chi fa leva sulla paura normalmente usa questo schema: propone la soluzione, fa vedere i vantaggi, costruisce la proiezione positiva (se lo acquisti, allora sarai così…) poi d’improvviso toglie la visione (il sogno), usa la leva della paura, per poi riportare in alto il cliente e concludere con la call to action.

Direct-mail-marketing

2. Proponi qualcosa che costi poco in termini di rischio

Devi poter proporre qualcosa che mitighi il rischio per la controparte (es. 7 giorni prova gratuita), o lasciare comunque qualcosa di valore (es. download video corso, ebook, ecc.). L’obiettivo è agganciare il lead, perché poi in qualche modo tu possa ricontattarlo o proporgli qualcos’altro in futuro:

  • Esplicitare le ragioni del costo.
  • Chiarire il perché dell’offerta (se trattasi di offerta).
  • Se a tempo, del perché a tempo.
  • Se limitata del perché limitata.

3. Immedesimati e cerca di capire le resistenze

Immedesimati nei dubbi e dai immediatamente risposte. Devi capire le resistenze e ribaltare (ove possibile) la decisione d’acquisto sulle sfere d’influenza:

  • Cosa causa questo acquisto/mancato acquisto sulla sfera?
  • A cosa deve rinunciare? Es. Se compra il corso d’inglese, dovrà rinunciare alla vacanza? La moglie sarà d’accordo?
  • Cosa sostituisce con l’acquisto? Es. Se compra da te cosa succede con il suo vecchio fornitore, con cui è anche amico? Sostituisce anche un’amicizia? Ecc.

4. Mostra chiaramente i vantaggi

E’ necessario mostrare immediatamente ed in modo chiaro i vantaggi, i miglioramenti, che il cliente otterrà con l’acquisto e quelli che otterrà la sua sfera d’influenza, nel minor tempo possibile!
Sarà più felice, più ricco, più in salute, più stimato, più invidiato, più competente e preparato?
Devi esplicitare le ragioni del perché il lettore deve assolutamente avere il prodotto/servizio. La soluzione che proponi deve essere chiaramente messa a confronto con la concorrenza. La soluzione che stai proponendo sarà valutata dal potenziale cliente con prodotti concorrenti (ricordi la fase ASK del funnel? Mi informo, chiedo, acquisisco informazioni, confronto, ricerco, mi convinco). Anticipa i tempi e fai tu per lui la comparazione.

landing page

5. Conquista la fiducia

Devi riuscire a conquistare la fiducia del cliente, con la certezza di minimizzare i rischi (ribadire il punto 3) e mostrare la prospettiva di una grande ricompensa! Questa è la fase in cui gioca un ruolo fondamentale l’influencer (o il testimonial).
Cita i casi di successo, i dati, che supportano la tua proposta. E’ il momento di illustrare le motivazioni all’acquisto che devono convincere il potenziale cliente. Si tratta di motivazioni che può facilmente rivendere alla sua sfera d’influenza (famiglia, amici, soci, superiori, dipendenti ecc.)? Puoi motivare con argomentazioni razionali (colpire la mente), emotive (colpire al cuore), economiche (conto in banca).

Motiva il perché proprio tu proponi questa soluzione, perché fai questo lavoro, la passione che ci metti, la tua storia, la tradizione che c’è dietro, le competenze acquisite ed i successi conquistati: recensioni, testimonial, appassionati di settore, ecc. Rispondi alle domanda: “Perchè ti dovrei credere?”, “Perche proprio te?”.

6. Call to action

La call to action va inserita dopo la prima presentazione del prodotto e subito dopo ognuno dei 6 steps. In chiusura esplicita ancora una volta la call to action. Richiedi espressamente di avere una chance, ribadisci al cliente che potrà cambiare idea in ogni momento e che in definitiva provare non gli costa nulla, alla luce dell’enorme beneficio che potrebbe ricevere dall’utilizzo del tuo prodotto/servizio.

Ho portato tutti i concetti all’estremo, ma pensaci bene la prossima volta che ti imbatti in una newsletter o atterri su una landing page e vedrai che sarai in grado di riconoscere molti degli elementi di cui ti ho parlato in questo articolo!

Un progetto per digitalizzare l’archivio storico di Gianni Minà: interviste a scrittori, miti dello sport, leader politici…

Leggiamo e scriviamo spesso temi legati a startup, business angel, venture capital, a volte alcune idee sono buone, altre meno. Alcune di queste raccolgono centinaia di migliaia di euro, fino a milioni. Quasi mai alla base c’è un prodotto “finito”, spesso un prototipo di prodotto, da testare e migliorare. Ed è giusto che sia così!

Ieri mi sono imbattuto nell’idea di un “arzillo” 84enne… un giornalista che ha scritto la storia di questo Paese (e non solo). 
Gianni Minà ha avviato a luglio una raccolta fondi che si conclude tra 38 giorni. Obiettivo 30.000 euro, raccolti SOLO 16.895.

La cosa mi ha sorpreso negativamente.
Possibile non si sia ancora riusciti a raggiungere l’obiettivo per poter digitalizzare “chiacchierate informali con tanti personaggi: scrittori, miti dello sport, leader politici, cronache del FSM […] che sarebbero poi disponibili su di una piattaforma di consultazione e di pensiero, a cui tutti possono accedere”. Per chi non lo sapesse Gianni Minà ha praticamente intervistato i più importanti personaggi della seconda metà del XX secolo…

Oltre a dare il mio piccolo contributo personale non posso fare altro che condividere la campagna. Sperando che si arrivi al risultato.

Mina’s Rewind

“Cari Amici,
questa ondata lunga di affetto nei miei confronti ci ha commosso. Ma ci ha anche fatto sognare, chiedendoci cosa potrebbe accadere se mettessimo nelle vostre mani un nostro antico progetto.
Per anni abbiamo cercato un mecenate che ci permettesse di riportare alla luce il materiale audiovisivo che teniamo nei nostri magazzini, frutto di più di sessant’anni di lavoro in giro per il mondo.
Il nostro modus operandi è sempre stato lo stesso, di progetto in progetto – si fiutava un evento di cronaca o un personaggio non banale, si proponeva alla Rai e, se l’idea veniva accettata, si produceva il reportage, l’intervista, il documentario. Il prodotto finale si avvale del meglio di questi incontri. Il resto rimane nelle cassette di lavorazione.
Si tratta quindi di metri e metri di pellicola, e non solo, di chiacchierate informali con tanti personaggi: scrittori, miti dello sport, leader politici, cronache del FSM e molto altro mai trans-codificate perché all’epoca, qui in Italia, non si credeva ancora abbastanza al digitale.
Vogliamo così lanciare una campagna di finanziamento dal basso: tutto ciò che ci arriverà, lo useremo per la lavorazione dei supporti che abbiamo: pellicole, vhs, betacam, minidv, e così via. La digitalizzazione di questo materiale verrà catalogata e pubblicata sul sito o sui social, così da trasformare il nostro spazio in una piccola piattaforma di consultazione e di pensiero, a cui tutti possono accedere.
Non sarà un “ritorno al passato”, ma vorremo fosse uno slancio verso l’utopia. Questo progetto lo vorremmo dedicare a Francesca Emilia, Paola Emilia, Marianna, Eugenio, Bruno, Ludovica, e ai tanti ragazz* delle nuove generazioni, che stanno costruendo il nostro futuro.
Gianni Minà e Loredana Macchietti. Mina’s Rewind, link al progetto.

5A del Marketing e advertising: strumenti utili

In questo articolo approfondirò meglio gli obiettivi di social media advertising, in funzione delle 5A del Marketing (Awareness, Appeal, Ask, Act, Advocate). Dopo aver visto, nell’ultimo articolo, come definire attraverso un’attività di brainstorming una checklist delle attività, siamo pronti ad impostare una campagna di social media marketing.

Farò uso di tabelle, per rendere la trattazione più schematica possibile. Partiamo con la prima in cui indichiamo le fasi del funnel, gli obiettivi strategici aziendali (obiettivi di business), gli obiettivi strategici di marketing (definiti in fase di pianificazione strategica) ed infine gli obiettivi tattici di Marketing (i primi due di lungo periodo, gli ultimi di breve). Compiliamo la tabella in base a tutte le decisioni prese con il management aziendale.

Se ad esempio ti trovi nella fase del Funnel “Appeal”, come obiettivo di business aziendale ti hanno dato quello di aumentare il fatturato, nella fase strategica di marketing hai deciso di aumentare lo scontrino medio, in fase di definizione di obiettivi tattici di marketing potresti decidere di promuovere i prodotti di fascia alta di prezzo.

Tabella1

Altra tabella utile in questa fase è quella che vede, sempre le fasi del funnel, in relazione agli obiettivi da raggiungere in funzione di una data campagna, fissando le KPI per il monitoraggio della stessa.

Così se ti trovi sempre nella fase di “Appeal”, con l’obiettivo di mostrare gli effetti benefici dell’uso del prodotto ed hai definito che questo obiettivo si raggiungerà con video di prodotto, imposterai una campagna promo video, con KPI “numero di visualizzazioni”, o “tempo di visualizzazione del video”. 

Tabella 2

Nell’impostare una campagna di digital advertising è fondamentale conoscere anche in che fase del ciclo di vita del prodotto ti trovi ad operare, considerando che a seconda della fase in cui si trova il prodotto avrai una clientela diversa (dagli innovatori, ai ritardatari).

ciclo di vita del prodotto
adozione prodotto

La tabella che segue riassume le fasi del ciclo di vita con le caratteristiche del mercato, del prodotto, le tipologie di clienti, il budget da investire, ecc.

fasi ciclo di vita prodotto ed azioni

Principali strumenti di pubblicazione di contenuti sponsorizzati

Abbiamo definito il messaggio pubblicitario, il social network da utilizzare per la campagna, analizzato il prodotto ed il suo ciclo di vita. Una volta che l’area creativa ci fornisce il contenuto (post, immagine, video, ecc), come si procede?

Bello eh?! Abbiamo un’area creativa! Lo so mica è sempre così… a volte ti chiedono anche competenze grafiche, di video editing, voice over, ovviamente il multilingue e… Ma dai stavolta è andata bene! Hai l’area creativa che ti da il “prodotto finito” da sponsorizzare, cosa fai?

Ogni piattaforma mette a disposizione uno strumento gratuito che consente di gestire le campagne (con i gruppi di annunci sottostanti). I proprietari delle piattaforme non hanno fatto un grande sforzo nella scelta dei nomi da dare a questi strumenti, quindi… si chiamano più o meno tutti allo stesso modo:

Il mio consiglio è iniziare ad utilizzare questi strumenti gratuiti per impostare e gestire le campagne, almeno per prendere coscienza del livello di accuratezza con cui si riesce a definire il pubblico target.

A proposito di target, una funzionalità molto interessante ti permette di creare un pubblico personalizzato (custom audience). Un pubblico personalizzato ti dà la possibilità di lanciare campagne di advertising estremamente mirate e focalizzate su un target particolarmente ristretto (Es. clienti fedeli, clienti con scontrino medio più elevato, ecc.). In questo modo potrai creare dei messaggi pubblicitari molto personalizzati e specifici, ottimizzando il rendimento dell’inserzione.

Azioni molto frequenti sono il retargeting ed il remarketing, ossia la riesposizione di un messaggio ad un determinato pubblico che era già entrato in contatto con l’azienda (clienti acquisiti e lead) o aveva mostrato interesse verso un certo prodotto (clienti potenziali).

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Le tabelle presentate sono tratte (e liberamente rielaborate) da:

  • Fondamenti di Digital Marketing – Ninja Academy
  • Manuale Ninja di Web Marketing
  • Fabio Pellencin

Come gestisci le fasi di social networking e social selling?

Con questo articolo completiamo l’analisi delle 4 fasi che compongono la social media strategy. Abbiamo approfondito il social listening ed il social influencing, ora ci soffermeremo sul social networking ed infine sul social selling.

Il social media networking

Con Social Media Networking si indica l’attività di creazione e mantenimento di relazioni personali, professionali e commerciali online.  

Tra gli obiettivi del social media networking abbiamo:

  • Ricercare, costruire e rafforzare relazioni (personali, professionali, commerciali). Inutile sottolineare come in questa fase l’utilizzo di LinkedIn svolga un ruolo prioritario.
  • Attività di Digital PR finalizzate a guadagnare mention sui vari media (citazioni, interviste, link, inviti ecc.). Solitamente sono attività che possono essere svolte da agenzia di comunicazione, marketing, uffici stampa, ecc.
  • Sviluppare partnership strategiche (industriali o con influencer). Eccoli finalmente gli “influencer” che tanto fanno figo! Questa è la fase in cui entrano in gioco, perchè mettono a disposizione del brand la loro rete di relazioni, basate sulla fiducia, solide e durature con i fans.

Differenza tra social networking e social listening

A questo punto dobbiamo chiarire un punto fondamentale, la differenza tra il pianificare e svolgere attività di social listening e networking. Il social listening si basa sulle interazioni, mentre il social networking sulle conversazioni, con l’obiettivo finale di animare e mantenere viva la conversazione con i contatti, aumentare il grado di conoscenza reciproca, il grado di fiducia e di appartenenza alla community. Ed ecco un altro termine chiave: community, cui si lega la capacità di aggregare utenti attorno ad un brand, ad una visione, a dei valori che sono condivisi e veicolati (spesso da strumenti digitali: sito internet, pagine social, gruppi, forum, ecc.). Costruire una comunità on-line significa creare una rete di rapporti, stabilire relazioni durature fra i membri, creare storie comuni e determinare un senso di appartenenza sociale.

Lo sforzo necessario in questa fase è grande perché, a differenza delle interazioni, gestire le conversazioni implica il trattare ognuna di esse singolarmente, perché uniche, dunque necessarie di attenzione, cura, sforzi e… tempo!

Il Social Media Selling

 E’ la fase principe del processo, quella cui l’imprenditore guarda con maggiore attenzione (non sempre a ragione) perchè “numericamente” quantificabile (e per lui molto ben comprensibile). E’ la fase che ci deve portare alla vendita. Tra gli obiettivi del social selling avremo pertanto:

  • Generare Lead (si genera un lead quando, attraverso un’iniziativa di marketing, un’impresa ottiene dall’utente informazioni utili a stabilire un contatto commerciale, da utilizzare in un secondo momento per generare un’opportunità di vendita).
  • Generare vendite.
  • Fare cross selling e up selling. Nello specifico si parla di up selling quando un venditore offre ad un cliente un bene o servizio più complesso di quello scelto o già acquistato (Es. “Big Mac Menu: un piccolo sovrapprezzo per avere la porzione di patatine e la bibita extra-large. Oppure per passare da una versione base ad una “premium”). Con il termine cros selling indichiamo invece l’offerta al cliente di un prodotto supplementare rispetto a quello che sta per comprare o ha già comprato (Es. dopo aver ordinato il nostro Bic Mac Menù, riceviamo un’offerta per aggiungere il caffè).
  • Aumentare la frequenza di riacquisto.

Conclusa l’analisi della strategia social, nei prossimi articoli cercheremo di illustrare tutte le iniziative “tattiche” (operative) che si possono attuare per raggiungere gli obiettivi di medio lungo periodo in questa prefissati.

C’è posto per il tuo e-commerce e per vendere online?

Quanto approfondito nei precedenti articoli della newsletter ha come scopo finale la “vendita” (nel senso più ampio del termine): prodotti, servizi, ma anche brand o persone (manager, professionisti, ecc.). Ma per vendere serve un “negozio”. Il negozio in rete è un e-commerce. Questo lo sapevi, ne sono sicuro 😊.

Ma quali valutazioni devi fare prima di aprire un negozio online? Innanzitutto vediamo se ne vale la pena.

Nel giorno medio in Italia sono connesse 32,2 milioni di persone e il 70,9% lo fa da smartphone, per un tempo medio di 2 ore e 18 minuti. La spesa media per e-shopper è pari a 674 euro. Il 67% degli utenti ha acquistato online da siti esteri e praticamente la totalità ha acquistato tramite marketplace: il 94% su Amazon, il 52% su eBay e il 44% su Zalando” (Fonte Casaleggio & Associati).

In Italia l’e-commerce continua a crescere e le vendite al consumo nel 2022 (B2c) supereranno i 45 miliardi di euro nel 2022 (+14%). E’ quanto risulta dai dati dell’ultima indagine dell’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, secondo i quali oltre 33,3 milioni di italiani hanno fatto acquisti online nell’ultimo trimestre, 9,6 milioni in più rispetto al periodo pre-pandemia. Ti risparmio i dati “mondo”, sono ancora più significativi, fidati!

Bene, forse ne vale la pena…

Vero che vendere online costa meno che aprire un negozio tradizionale?

E’ la domanda delle domande che tutti i neofiti si fanno. Ma il “SI” come risposta è una grande fake news! Si, mi dispiace deluderti, hai letto bene. Aprire un sito di vendita online equivale (dal punto di vista dei costi) ad aprire un negozio tradizionale. Solo senza limiti di spazio e di tempo, quindi espandibile in base alle tue esigenze, sempre aperto ed accessibile a tutti gli utenti della Rete. Perchè dovrebbe costare meno? 

Cambiano le voci di costo, ma il totale è lo stesso (se non più alto, almeno nella fase di lancio). Non avrai il “costo di affitto” del locale, ma il costo di realizzazione e gestione del sito. Non avrai il “costo dei commessi”, ma probabilmente dovrai acquistare un software di marketing automation. Non avrai i costi per la pubblicità tradizionale, ma quelli del digital marketing, e potrei continuare…

Serve dunque un investimento iniziale, ma non basta realizzare un sito “figo” per vendere su internet. Bisogna fare in modo che sul sito arrivino potenziali clienti, renderlo visibile. Altrimenti è come aprire un bellissimo negozio in Corso S. Antonio a Capracotta, invece che in via Montenapoleone a Milano (con tutto il rispetto per Capracotta ed i suoi 894 simpaticissimi abitanti). Se nessuno conosce il sito, apri pure il negozio, ma non pesare di vendere online.

I player nel settore delle vendite online sono tantissimi, ed ogni giorno aumentano. Se sei curioso, questa la top twenty 2021: 

  1. Amazon ($469.82 B)
  2. JD.com ($149.32 B)
  3. Alibaba ($109.48 B)
  4. Meituan ($27.77 B)
  5. Suning.com ($21.09 B)
  6. Otto Group ($18.27 B)
  7. Shein ($15.7 B)
  8. Rakuten ($15.3 B)
  9. Wayfair ($13.71 B)
  10. Wildberries ($10.8 B)
  11. eBay ($10.42 B)
  12. Zalando ($7.98 B)
  13. Chewy ($7.15 B)
  14. Coupang ($6.23 B)
  15. Carvana ($5.59 B)
  16. ASOS.com ($4.52 B)
  17. Sea Limited ($4.38 B)
  18. Pinduoduo ($4.33 B)
  19. Shopify ($2.93 B)
  20. Overstock ($2.55 B)

C’è posto per il tuo ecommerce online?

Non ti spaventare, la concorrenza c’è, inutile negare che un e-commerce oggi non abbia la concorrenza di 10 anni fa. Di contro è cresciuto il numero dei potenziali clienti online! Quindi non ti scoraggiare e continua a leggere.

Per aiutarti a decidere e semplificare le cose io direi che hai solo 2 possibilità:

  1. La prima, la più semplice: aprire uno store all’interno di un portale ecommerce (Amazon, eBay…). Pagherai una fee ed una royalty sulle vendite, ma avrai a disposizione la famosa vetrina in una delle vie dello shopping virtuale più frequentate al mondo. Sicuramente avrai molti vantaggi, ma il traffico che ti assicura il portale lo pagherai in altri modi, ma questa è un’altra storia (su cui scriverò un articolo a parte).
  2. Ma tu sei testardo e vuoi il tuo negozio online. Lo realizzi. E’ un sito e-commerce bellissimo. Non solo, hai anche previsto un bel budget da investire in attività di digital marketing (web advertising, inbound marketing, native advertising, ecc.).

E’ la soluzione migliore? Dipende. Da cosa? Dall’avere o meno un’idea…

Come aprire un ecommerce

Iniziamo a vendere online?

Insomma tutto è pronto ed al posto giusto. Ora non ci sono più scuse. Devi iniziare a vendere! E invece No… Come no? 

Come si fa allora a vendere su Internet? Cosa serve per aprire un negozio online di successo? Cos’altro manca? Manca la cosa più importante di tutte: l’idea. 

Serve un’idea. Qualcosa che renda il tuo negozio unico

Manca la famosa porta che ti fa entrare nella mente del consumatore: posizionamento!

Tutto torna… te l’avevo detto che la prima cosa da fare è entrare nella testa del cliente e capire come il tuo prodotto è posizionato!

Promesso, nel prossimo articolo cercherò di fornirti qualche idea che ti possa aiutare a posizionare il tuo prodotto, realizzare il tuo ecommerce ed iniziare a vendere. Ti aspetto!

Elettrodomestici cucina consigliati: ecco quelli di cui non potrai più fare a meno

Oggi ci sono tanti elettrodomestici che facilitano la vita in cucina aiutandoci nella preparazione di cibi e bevande per guadagnare tempo e faticare poco ma ottenere ottimi risultati.

Sappiamo bene che a completare la cucina sono essenziali gli elettrodomestici giusti, alcuni non possono mancare: naturalmente questi sono il forno o il frigorifero, ad esempio, oppure, per alcune persone possono essere la lavastoviglie o il forno a microonde.

Ci sono, però, altri elettrodomestici che dopo averli provati, vi cambieranno così tanto la vita da non volerne più fare a meno. Vediamone qualcuno.

Robot da cucina

Questo elettrodomestico è molto utile in fase di preparazione dei cibi quando si deve frullare, grattugiare, tritare, affettare, premere, ridurre in crema, ecc. Dunque, si tratta di un apparecchio molto versatile!

Alcune tipologie di robot da cucina possono anche cucinare diventando un elettrodomestico multifunzione.  

Planetaria

La planetaria viene spesso confusa con il robot da cucina. La planetaria, però, non è versatile come il robot ma è indispensabile se preparate tanti impasti per ottenere lavorazioni uniformi. Perciò è ideale nella preparazione di pane, pizza, pasta e dolci.

Ne esistono di varie capacità, quindi è sempre bene valutarne le dimensioni tenendo conto sia delle necessità della propria famiglia che, ahimè, delle dimensioni della propria cucina.

Slow cooker

Se il tempo a vostra disposizione è sempre poco la slow cooker è il vostro elettrodomestico ideale!

Infatti, questa pentola elettrica cucina i cibi lentamente mantenendo la temperatura bassa e costante. Dovrete solo inserire gli ingredienti al mattino, scegliere il programma di cottura adeguato e lasciare lavorare l’elettrodomestico fino all’ora prestabilita. Zuppe, stufati, minestroni, arrosti di carne e brodi di pesce diventeranno i vostri migliori amici.

Friggitrice ad aria

La friggitrice ad aria ha raggiunto di recente una grande popolarità grazie alla possibilità di gustare cibi gustosi come quelli appena fritti ma decisamente più salutari perché privi di olio.

Questo elettrodomestico, infatti, “frigge” grazie all’aria calda che circola al suo interno permettendo di ottenere un prodotto croccante fuori e morbido dentro!

Tra gli altri vantaggi c’è quello dell’eliminazione dei tempi di cottura estremamente veloci! In una friggitrice ad aria potrete cuocere qualsiasi alimento: verdure, pesce, carne, patatine… ma anche dolci e pasticci! Non potrete più farne a meno!

Quasi tutte le friggitrici ad aria, ormai, hanno una vasta categoria di programmi a seconda dei cibi e della tipologia di cottura che si vuole utilizzare; ci sono degli elettrodomestici da associare alle rispettive applicazioni, attraverso le quali si possono scoprire nuove ricette oppure regolare il proprio apparecchio tramite lo smartphone.

Ovviamente, se avete una cucina di piccole dimensioni, questo non è un elettrodomestico consigliato per voi perché ha comunque l’ingombro di un secondo forno.

Articolo redatto in collaborazione con Feel Design.